tag:blogger.com,1999:blog-63776300689173677272024-02-07T11:10:44.700+01:00Umanisticaaquaeductushttp://www.blogger.com/profile/01977847432854549767noreply@blogger.comBlogger83125tag:blogger.com,1999:blog-6377630068917367727.post-13848610006907165412015-05-17T15:19:00.000+02:002015-05-17T15:41:50.273+02:00Stella per metà<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqkS_RFX5zJouq_HGkL6AIX33BSy1QlVCvrcUXKni4r333srN576J0Wx1Y8vcnSE37uCMM2Qo-pjvipwWvdzdxFqxOULjgtHFNcLCMVKPiBUV8F4ZGJ8qiLHCcpfw2Ir_vNUMk_ALQU0w/s1600/Stella+Per+Met%C3%A0.tif" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="304" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqkS_RFX5zJouq_HGkL6AIX33BSy1QlVCvrcUXKni4r333srN576J0Wx1Y8vcnSE37uCMM2Qo-pjvipwWvdzdxFqxOULjgtHFNcLCMVKPiBUV8F4ZGJ8qiLHCcpfw2Ir_vNUMk_ALQU0w/s320/Stella+Per+Met%C3%A0.tif" width="320" /></a></div>
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Il 23 maggio 2015 alle ore 21 nella <strong>Biblioteca Tilane di Paderno Dugnano</strong> verrà replicata la commedia <strong>Stella per metà</strong> di <strong>Franco Pozzi</strong> interpretata dalla compagnia degli <strong>Attori per caso di Nova Milanese</strong>.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgE4kQLmS84luqM956sIKwxW9BK1rwzuFCJMFGaVnRwbFYY17zDUMKzJqHa94dotaJRTagbo019KugU77a9yCGwG1IaS7XOz02WpuyVtp2PNEMLWnaZ8SZkQwrqSBXwdz_qFCV_rs6AaUM/s1600/tilane-esterno.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgE4kQLmS84luqM956sIKwxW9BK1rwzuFCJMFGaVnRwbFYY17zDUMKzJqHa94dotaJRTagbo019KugU77a9yCGwG1IaS7XOz02WpuyVtp2PNEMLWnaZ8SZkQwrqSBXwdz_qFCV_rs6AaUM/s320/tilane-esterno.jpg" width="320" /></a></div>
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Sono trascorsi 3 anni da quando l'Accademia della Crusca ha lanciato l'allarme sul rischio estinzione della lingua italiana. Il monito ispirò una vignetta, che da allora circola su vari blog - tra i quali spicca <a href="https://www.facebook.com/pages/Leggere-libri-/182366933732">Leggere Libri</a> - nella quale si palesa la fine ingloriosa cui sarà destinata la nostra lingua, se non si correrà per tempo ai ripari. Per combattere tale rischio, c'è un'arma invincibile, indolore e senza costo: la lettura. Leggere una qualsiasi cosa: un libro, un giornale, un fumetto, purchè si legga. E non è un caso se di recente Roberto Saviano è stato ospite di Amici a declamare la trama di <strong>Le notti bianche</strong> (<a href="http://www.wittytv.it/amici/roberto-saviano-le-notti-bianche/535965/">Roberto Saviano ad Amici: Le notti bianche</a>) di Dostoevskij, e Rai3 ha recentemente proposto il programma <a href="http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-ca2c006e-b810-4883-8450-a5f627bf8d0e.html">Io leggo perchè</a>, con inviti alla lettura, lanciati da artisti, scrittori e musicisti, attraverso il racconto di una storia, la lettura di una pagina, l'esecuzione di una canzone. All'inizio della trasmissione vengono citati i 10 diritti del lettore, decalogo che sarà la struttura portante della commedia <strong>Stella per metà</strong>. </div>
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Leggere aiuterà anche ad arrestare la moria di parole italiane, mediante la riappropriazione della nostra lingua, usandola contro l'introduzione di parole inglesi nei discorsi e negli scritti, un'abitudine sempre più usata ed abusata. Nel 2009, l'allarme sull'inglesizzazione della lingua italiana, venne lanciato dalla Zanichelli nel corso della presentazione dell'edizione 2010 del suo celebre dizionario. L'allarme fu recepito da molti blogger, tra cui Aretusa del blog Esperidi con la pubblicazione del post <a href="http://esperidi.blogspot.it/2009/10/la-lingua-italiana-cambia-parole-che.html">La lingua italiana cambia: parole che vanno, parole che vengono</a> </div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgfvg0O_sDQBg0byCFplLoj268mHF-uDe3BfBh6sL16HYkWSoMUnw6chiPassoGzUrgQUt1reB4dr99J_9rXgyhQ-bZcLUtRs_99hVB077frnXSwDtq1G55UyGTs9msKfkZLLc9M9l17_Ik/s1600/img.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgfvg0O_sDQBg0byCFplLoj268mHF-uDe3BfBh6sL16HYkWSoMUnw6chiPassoGzUrgQUt1reB4dr99J_9rXgyhQ-bZcLUtRs_99hVB077frnXSwDtq1G55UyGTs9msKfkZLLc9M9l17_Ik/s1600/img.jpg" /></a></div>
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Nei giorni del monito lanciato dall'Accademia della Crusca anche il pensiero di Franco Pozzi, direttore del CNOS-FAP dei Salesiani di Sesto San Giovanni, deve aver meditato sulla questione. Deve quindi aver pensato di scriverne un testo. Ed è così che forse nel 2013 nacque la commedia <strong>Stella per metà.</strong><br />
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Dell'autore e della sua compagnia degli <strong>Attori per caso</strong>, mi sono già occupato in alcuni post: nel 2010 per la commedia <a href="http://ecopolfinanza.blogspot.it/2010/01/don-chisciotte-della-mancia.html">Oggi più di ieri</a>, ovvero il Don Chisciotte dei nostri tempi, e nel 2012 con <a href="http://ecopolfinanza.blogspot.it/2012/04/ti-cerco-da-sempre.html">Ti cerco da sempre</a>, brillante commedia incentrata su problemi esistenziali dei nostri tempi.</div>
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Franco Pozzi, autore e regista, ha esordito nel 2004 con <strong>Pallino va in città</strong>, esilarante storia dell'Arcangelo Gabriele mandato sulla terra da San Pietro, per fare da tutor ad un giovane angelo. La brillante commedia ebbe enorme risalto e grande successo, tanto che, tre anni dopo, la compagnia degli attori per caso pressò Franco Pozzi affinché scrivesse una nuova commedia. Così nacque <strong>Un altro modo, </strong>versione moderna e tutta al femminile del <strong>figliol prodigo</strong>, cui sono seguiti gli altri due lavori di successo di cui sopra. </div>
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<strong>Stella per metà </strong> è dunque la quinta fatica di Franco Pozzi. </div>
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L'esordio di <strong>Stella per metà </strong>è avvenuto il 24 gennaio 2015 nel teatro del Centro Parrocchiale Don Rainaldo Grassi di Nova Milanese.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhsEwcpqY3PcBomfuA_YJ208ptL3wmUFJytepNLDe0rFGLVByrc9Vlv01XzCkbZvrORB09CdlEtC2bcVvyGgcptQISIEe3M2_Bfy0vewzEe8pi7NftxKPm1MGPSnZy94eTZ0G4JtD85css/s1600/10386360_630469823746643_240643293370930691_n.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhsEwcpqY3PcBomfuA_YJ208ptL3wmUFJytepNLDe0rFGLVByrc9Vlv01XzCkbZvrORB09CdlEtC2bcVvyGgcptQISIEe3M2_Bfy0vewzEe8pi7NftxKPm1MGPSnZy94eTZ0G4JtD85css/s320/10386360_630469823746643_240643293370930691_n.jpg" width="320" /></a></div>
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La commedia narra la storia di una biblioteca viaggiante, il <strong>Bibliobus</strong>, necessario per portare libri in località disagiate, dove non esistono biblioteche pubbliche.</div>
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La storia è ambientata nelle Marche nel 2013, con avvio a <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Montappone">Montappone</a>, dove l'assessore alla cultura presenta l'iniziativa, inaugurando il bibliobus.</div>
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La direzione è affidata a Fabiola, alla guida del mezzo c'è Pietro, un dipendente comunale, più appassionato di lirica che non di libri, dei quali finora ha letto poco o niente. </div>
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La prima tappa della <strong>Bibliobus</strong> è a <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Monte_Vidon_Corrado">Monte Vidon Corrado</a>, dove un gruppo di curiosi visitano la biblioteca viaggiante. Durante l'intervallo il bibliotecario prende in mano il primo libro che gli capita sotto mano: I Promessi Sposi. Mentre legge si verifica un fatto strano: i personaggi iniziali del romanzo, Don Abbondio e i due bravi che lo aspettano di ritorno dalla passeggiata, si concretizzano, rendendosi vivi.<br />
Nello svolgimento della commedia la materializzazione di personaggi di romanzi si ripeteranno. La commedia narra la vita di un anno della biblioteca viaggiante. Ogni mese una tappa, in uno dei paesi di montagna che prendono nome da quel monte. L'intermezzo tra una tappa e l'altra è scandito da una famosa aria di una celebre opera lirica. In ogni tappa avviene l'incontro con un personaggio tipico della zona, come a <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Monte_Rinaldo">Monte Rinaldo</a> dove facciamo la conoscenza con Garau, il filosofeggiante pastore sardo in pensione. <br />
Siamo nel periodo di <strong>spending review, </strong>e in tema di taglio dei costi si pensa alla eliminazione del bibliobus. Una petizione popolare riesce ad evitarlo. <strong> </strong>Finale a sorpresa: Fabiola, la direttrice, avendo vinto il concorso per andare a dirigere una biblioteca, lascia l'incarico. Incarico che verrà affidato a Nando, amico di Pietro e di Fabiola.<br />
<br />
In tema con la commedia, un post interessante è quello della blogger Hesperia: <a href="http://esperidi.blogspot.it/2014/11/pronto-chi-legge-ovvero-la-lettura.html">Pronto chi legge? ovvero, la lettura dimenticata</a><em>, </em>del quale balza agli occhi il monito conclusivo: "<em>Nel frattempo, consiglio di non farvi prendere dalla furia<b> iconoclasta </b>o<b> biblioclasta</b>, di sbarazzarvi dei vostri libri per far largo a dischetti, chiavette, Cd e altre diavolerie, con la scusa che occupano spazio e che la casa è piccola. E' certo che li rimpiangerete.</em>"</div>
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<br />
A tal proposito, non è un caso se l'anno scorso, <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Jeff_Bezos">Jeff_Bezos</a>, fondatore di <strong>Amazon</strong>, ha acquistato da <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Warren_Buffett">Warren Buffett</a> il 28% del quotidiano americano <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/The_Washington_Post">Washington Post</a>, divenendone azionista unico. Come è noto, Jeff Bezos ha creato la propria fortuna vendendo libri on-line in tutto il mondo<strong>. </strong><strong> </strong></div>
marshallhttp://www.blogger.com/profile/18114663981457754109noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6377630068917367727.post-20105120296896326022013-03-08T16:32:00.000+01:002013-03-10T10:31:21.670+01:00Associazione Culturale Felicita Merati<div style="text-align: justify;">
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhEQhs9k9ojK-ueR_4A9wLY35e4U3m2882HCUnhh2yIn5JJpOpGiOtPZw4pTqWYd0MFx0TdR2fOmn5N5fcexiLWIofO5KFjhLss6Mzuw4Qd7P5HpYy0S1xzF_AGhj_HIjmSAHC93qf1_As/s1600/nova+milanese.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="214" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhEQhs9k9ojK-ueR_4A9wLY35e4U3m2882HCUnhh2yIn5JJpOpGiOtPZw4pTqWYd0MFx0TdR2fOmn5N5fcexiLWIofO5KFjhLss6Mzuw4Qd7P5HpYy0S1xzF_AGhj_HIjmSAHC93qf1_As/s320/nova+milanese.jpg" width="320" /></a></div>
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<span style="font-size: x-small;">Nova Milanese: Piazza Marconi e Chiesa Sant'Antonino - da Verylemon.blogspot.com</span><br />
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<span class="fs20 ff3 cf4">Anche Nova Milanese (foto) ha la sua <a href="http://ecopolfinanza.blogspot.it/search?q=santa+beretta+molla">santa Beretta Molla</a>, è <strong>Felicita Merati</strong>, a nome della quale un gruppo di amici novesi ha intitolato l'associazione culturale che reca il suo nome: <a href="http://www.associazionefelicitamerati.it/chi-siamo.html">Associazione Culturale Felicita Merati</a><strong>.</strong> Di essa ne avevo sentito parlare per la prima volta nell'ottobre 2008, per l'occasione di un convegno in cui si sarebbe dibattuto di <strong>Sacralità della vita.</strong> </span><br />
</div>
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<span class="fs20 ff3 cf4">Ma chi era Felicita Merati? </span></div>
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<span class="fs20 ff3 cf4"></span><br />
<span class="fs20 ff3 cf4">Donna dei nostri giorni, giovane moglie e già madre di un bambino, alla seconda gravidanza scopre di avere un tumore. Le s'impone subito il tragico dilemma: o lei, o il figlio. Consapevole del destino cui sarebbe andata incontro, decide di rinunciare a curarsi per consentire al figlio di venire alla luce. Alla nascita del figlio Felicita muore, consapevole però che il suo gesto eroico lascierà ai figli il più grande degli insegnamenti: <em><strong>l'amore grande che va oltre la vita</strong></em>.</span></div>
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<span class="fs20 ff3 cf4">All'avvento dell'Associazione, rimasi un po scettico nell'apprendere ruolo e finalità che si era data. La mia perplessità era derivata dal fatto che negli anni '80 e '90 molte associazioni culturali erano nate col solo scopo di lucrare i contributi statali e regionali a fondo perso loro concessi; spesso inutili contributi che hanno avuto un loro peso nella formazione del rilevante debito pubblico, causa prima dei mali che affliggono l'Italia. Ma la presenza in questa associazione di persone rette ed integerrime, oltre che intellettualmente colte, mi ha tolto ogni dubbio circa i loro reali obiettivi, e il proseguo delle loro attività me lo ha poi confermato. Ricordo ancora con piacere la bella mostra dedicata al mio beniamino <strong><a href="http://ecopolfinanza.blogspot.it/search?q=giovannino+guareschi">Giovannino Guareschi</a></strong></span><span class="fs20 ff3 cf4">, dal titolo <a href="http://www.comune.novamilanese.mb.it/Novita/Non-muoio-neanche-se-mi-ammazzano">Non muoio neanche se mi ammazzano - l'avventura umana di Giovannino Guareschi</a>,</span></div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiC1flBRRHdtmj4JKEih1N0wlJo-BbrZqh4o3thr8nvMesu3reO3T1GufC6V98lFD0ife0LscPxvnnyJwem_jTVwEEimoyhKP1MeqIkzLDwTJbLxTMTLrs0NO3HH2e5VluDj23yhaMagE0L/s1600/Peppone-e-Don-Camillo_medium.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="218" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiC1flBRRHdtmj4JKEih1N0wlJo-BbrZqh4o3thr8nvMesu3reO3T1GufC6V98lFD0ife0LscPxvnnyJwem_jTVwEEimoyhKP1MeqIkzLDwTJbLxTMTLrs0NO3HH2e5VluDj23yhaMagE0L/s320/Peppone-e-Don-Camillo_medium.jpg" width="320" /></a></div>
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<span class="fs20 ff3 cf4"></span><br /></div>
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<span class="fs20 ff3 cf4"> allestita nel settembre 2010 nei locali di <strong>Villa Vertua Masolo di Nova Milanese </strong>(<a href="http://aquaeductus2.blogspot.it/2010/09/alla-riscoperta-di-guareschi.html"><strong>vedere anche qui: Alla riscoperta di Guareschi</strong></a>), e quella sui monaci benedettini </span></div>
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<br /></div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhJ2m7gbsjJLhGtRGDUWA8OhsSTA6_02vFEkB61ww_NO140PNlpXzANoBQB4heUzOxaMkryPUZHCRV-zzkIJ7dQmKX3hDgWURLP5KDaEKlQ1Zmus_P168PBiDNh0McVXjBnGSC1IRAtnUCv/s1600/Figure-benedettine_large.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhJ2m7gbsjJLhGtRGDUWA8OhsSTA6_02vFEkB61ww_NO140PNlpXzANoBQB4heUzOxaMkryPUZHCRV-zzkIJ7dQmKX3hDgWURLP5KDaEKlQ1Zmus_P168PBiDNh0McVXjBnGSC1IRAtnUCv/s320/Figure-benedettine_large.jpg" width="228" /></a></div>
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<span class="fs20 ff3 cf4">(<a href="http://esperidi.blogspot.it/2009/06/la-citta-e-lacropoli-di-cassino.html">La città e l'Acropoli di Cassino</a>), allestita nel settembre 2011 nella <strong>Sala Gio.I.A. di piazza Gio.I.A. a Nova Milanese</strong>, dal titolo <a href="http://www.comune.novamilanese.mb.it/Novita/Alle-radici-dell-Europa-Con-le-nostre-mani-ma-con-la-Tua-forza2">Alle radici dell'Europa - Con le nostre mani ma con la Tua forza</a>, e quella più recente dedicata allo scrittore brianzolo Eugenio Corti, dal titolo <a href="http://www.comune.novamilanese.mb.it/Novita/Dalla-Brianza-al-Mondo-lo-scrittore-Eugenio-Corti">Dalla Brianza al Mondo - Lo scrittore Eugenio Corti</a>, per il quale è stato scritto il post <a href="http://esperidi.blogspot.it/2010/07/per-la-candidatura-di-eugenio-corti-al.html">Per la candidatura di Eugenio Corti al Nobel</a>, in occasione della richiesta per la sua candidatura al Premio Nobel, lanciata dal giornale Il Cittadino. </span><br />
<span class="fs20 ff3 cf4"></span><br />
<span class="fs20 ff3 cf4">Per domani, 9 marzo 2013, l'Associazione ha organizzato la visita guidata <a href="http://www.comune.novamilanese.mb.it/Novita/Visita-alle-Chiese-di-San-Giovanni-in-Conca-San-Nazaro-e-San-Simpiciano-di-Milano">Chiese di San Giovanni in Conca, San Nazaro e San Simpliciano di Milano</a>. Quest'ultima, fondata da Sant'Ambrogio nel 382, e intitolata a San Simpliciano nel VII secolo, è particolarmente cara ai milanesi doc, non tanto, ma anche perchè conserva le vestigia del <strong>Carroccio</strong>, usato dai comuni della Lega Lombarda, coalizzatisi per lo scontro contro le forze di <strong>Federico Barbarossa nella Battaglia di Legnano.</strong> </span></div>
marshallhttp://www.blogger.com/profile/18114663981457754109noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6377630068917367727.post-89961126147208488922013-03-02T11:49:00.002+01:002013-03-02T11:49:26.073+01:00Aldo Manuzio, il principe degli editori<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgrx2a6MZq5w79ZT4qT80vJi7mpywHoE8OBaKheCDADte_glxJmYycVOt7fE4rK2XcaPVpJ570NUHAfkSD5S8DPSRCScTNZVyZM3pZgIM_9ucwrfichPgE_C1LUy8857Xj0ByOfBeMch_PQ/s1600/Aldo+Manuzio.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgrx2a6MZq5w79ZT4qT80vJi7mpywHoE8OBaKheCDADte_glxJmYycVOt7fE4rK2XcaPVpJ570NUHAfkSD5S8DPSRCScTNZVyZM3pZgIM_9ucwrfichPgE_C1LUy8857Xj0ByOfBeMch_PQ/s320/Aldo+Manuzio.jpg" width="320" /></a></div>
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</div>
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Aldo Manuzio - da Wikipedia</div>
<br />
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Il <strong><em>Canal Grande</em></strong> attraversa la città di Venezia, passando in mezzo ai sestieri, tre per parte, e a circa metà percorso si restringe, vira bruscamente a destra per poi passare sotto il <strong><em>Ponte di Rialto.</em></strong> L'antico<strong><em> Ponte</em></strong>, così per come lo conosciamo nella sua forma attuale venne inaugurato nel 1591 (un ponte di legno, poi franato, esisteva già da prima), e fino al 1854 era stato l'unico ponte pedonale di collegamento tra le due parti di <strong><em>Venezia</em></strong>. A quella data, nel 1854, era entrato in funzione il secondo ponte, quello che adesso si chiama <strong><em>Ponte dell'Accademia</em></strong>. Fu a <strong><em>Rialto </em></strong>che, secondo la tradizione, nel 421 si insediarono i primi abitanti della futura città di <strong><em>Venezia</em></strong>. <strong><em>Rialto</em></strong>, a quell'epoca, era una semplice isoletta della vasta <strong><em>Laguna Veneta</em></strong>, scelta da quelle popolazioni perchè un pò più rialzata, e quindi un pò più salubre, rispetto alle numerose altre. Da lì potrebbe forse derivare il nome di <strong><em>Rialto</em></strong>. Nel "rione", diventato poi in un millennio il più popolato di Venezia, alla fine del Quattrocento, all'indomani dell'invenzione della stampa, vi sorsero tante tipografie, la cui concentrazione fù la più alta di tutte le tipografie d'Europa messe assieme, primato che mantenne per quasi un secolo.</div>
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<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Da giovane ho fatto il venditore di carta da stampa; miei clienti erano soprattutto alcune tipografie e alcuni piccoli editori di Milano. Avevamo un ispettore vendite che si recava spesso a visitare i clienti del Veneto, facendo tappa fissa a Venezia. Città nella quale andava ad alloggiare in un albergo nei pressi del <strong><em>Ponte di Rialto,</em></strong> lungo il <strong><em>Canal Grande;</em></strong> approfittava di quella "postazione" privilegiata, per unire l'utile al dilettevole. Durante le pause pranzo ammirava passare i vaporetti carichi di mercanzie (così li chiamava lui, vaporetti, e così li chiamo anch'io, per restare fedele al racconto, ma l'amico <strong>Fausto</strong>, della<strong> Alloggi Barbaria</strong>, nel post<em> </em><a href="http://alloggibarbaria.blogspot.it/2009/11/pacchi-venezia.html"><em>Pacchi a Venezia</em></a> ce ne fornisce l'esatta definizione: a <strong><em>Venezia</em></strong> chiamano "<strong><em>"topi"</em></strong> le speciali imbarcazioni adibite al trasporto di merci in mezzo all'intricata ramificazione dei suoi oltre 200 <strong><em>canali</em></strong>), puntando gli occhi su quelli che trasportavano risme di carta. Dal colore degli impacchi era in grado di stabilire da quali cartiere provenissero, e in base al canale secondario che imboccavano capiva dove erano diretti. Di ritorno a Milano, immancabilmente ci raccontava del giro dei clienti di Venezia, e della possibilità <strong>unica</strong> di "perlustrazione" che gli forniva la <strong><em>città lagunare</em></strong>. Col venditore di zona, pranzando in quel ristorante nei pressi del Ponte di Rialto, con vista "privilegiata" sul <strong><em>Canal Grande</em></strong>, affinavano strategie di vendita. Alle loro spalle, nelle <strong><em>Calle delle Mercerie</em></strong>, c'era, e forse c'è ancora, qualche grossa tipografia, probabile erede "storica" di quelle <em>"decine e decine di tipografie"</em> che esistettero a Venezia nel XVI secolo, e situate in quella "strada" che andava da Rialto a Piazza San Marco, già allora conosciuta nel mondo col nome di <em><strong>Mercerie.</strong> "Nel secolo precedente, a partire dal 1469, in Venezia si alternarono 153 tipografie, che stamparono un totale di 4500 titoli, producendo in tutto 1.350.000 libri" </em>(quindi una media di 300 copie a titolo). tutto questo andò a vantaggio della capillare diffusione della cultura tra i <strong><em>veneziani.</em> </strong>In Germania, invece, dove pure fu inventata la stampa, fino a tutto il XVIII secolo la lettura resterà un privilegio riservato a pochi "fortunati"<strong> </strong><em>"Si calcola </em>(infatti)<em> che (in Germania)</em><em> nel Settecento il pubblico dei</em> <em>lettori regolari si aggiri attorno all'1,5 % della popolazione totale (...) La <strong>Venezia cinquecentesca </strong></em>(quindi 200 anni prima che in Germania)<em><strong> </strong>tuttavia fa eccezione (anche in questo): un quarto della popolazione maschile tra i 6 e i 15 anni va a scuola, percentuali inarrivabili altrove e che spiegano l'interesse per i libri" </em><span style="font-size: x-small;">(Giovanni Ragone, <em>Classici dietro le quinte. Storie di libri ed editori. Da Dante a Pasolini, </em>Laterza, Roma-Bari 2009, pag.43 - nota in calce a pag.16 del libro di Alessandro Marzo Magno, L'Alba dei Libri)<em> .</em></span><br />
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<span style="font-size: x-small;"></span><br />
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<span style="font-size: x-small;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhuNE5FK_QFzVwIWGkJVr-6r19uLgPL28l4eEXoz0h-OjM_sSExcuqfc0byAF3KpgTMx-hr_C8hzbc0ruumuRziAZ9nTSgdkCEI4uFFubXXHvtrlkqtv3L5ZadYMedxX8zveV7gjEtKy7il/s1600/libro+stampato+da+aldo+manuzio.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><em><img border="0" height="265" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhuNE5FK_QFzVwIWGkJVr-6r19uLgPL28l4eEXoz0h-OjM_sSExcuqfc0byAF3KpgTMx-hr_C8hzbc0ruumuRziAZ9nTSgdkCEI4uFFubXXHvtrlkqtv3L5ZadYMedxX8zveV7gjEtKy7il/s320/libro+stampato+da+aldo+manuzio.jpg" width="320" /></em></a></div>
<em>
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<em> </em></div>
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<span style="font-size: x-small;"><em>Libro stampato e rilegato da Aldo Manuzio - da Wikipedia</em></span><br />
(si noti bellezza ed eleganza)</div>
<em>
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<em>
</em></span>All'epoca non sapevo ancora nulla del glorioso passato nel settore della stampa di <strong><em>Venezia</em></strong>, nè dei suoi numerosi primati mondiali in tale ambito (vedi post <a href="http://esperidi.blogspot.it/2012/09/mastro-martino_19.html">Mastro Martino</a>), altrimenti mi sarei appassionato ai racconti del mio ispettore, tempestandolo di domande specifiche.<br /></div>
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In questi giorni è in corso la Fiera del Libro di Francoforte, le cui origini risalgono al Cinquecento. Fu creata nell'epoca di cui scriviamo, per fare concorrenza alle <strong><em>Fiere del Libro</em></strong> che si svolgevano a Lione e a <strong><em>Venezia. </em></strong>Ma competere con Venezia in quel secolo, era battaglia persa:<strong><em> la distesa dei negozi del "rione" Mercerie, che vendevano libri, dava l'impressione di una fiera aperta tutto l'anno. </em></strong>Cronache del tempo raccontano di turisti (che quindi già allora esistevano) che, transitando in qualunque mese a piedi da <strong><em>Rialto</em></strong>, per raggiungere <strong><em>Piazza San Marco,</em></strong> passando per <strong><em>Mercerie</em></strong>, già allora famose "strade" dello <strong><em>shopping internazionale</em></strong>, avevano smarrito l'orizzonte, frastornati dagli innumerevoli titoli di libri che s'eran fermati a leggere strada facendo<strong><em>.</em></strong> </div>
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In quel secolo <strong><em>Venezia </em></strong>ebbe il ruolo che attualmente detiene <strong><em>New York, </em></strong>primeggiava in molti campi; era il centro del mondo. Nel 1500 solo tre città europee superavano i 150.000 abitanti, <strong><em>Parigi, Napoli, </em></strong>ed appunto<strong><em> Venezia. Venezia </em></strong>era meta di gente proveniente da tutta l'area mediterranea, e oltre. Bastava avesse voglia di lavorare, e a Venezia poteva fare fortuna. Non a caso tipografie di Venezia furono aperte da <em>tedeschi, greci, ebrei, armeni, croati, dalmati, ecc. </em>La metà di tutti i libri stampati in Europa, nella prima metà del Cinquecento, provenivano da Venezia. Il<em> <strong>made in Venice</strong></em>, nel settore libri, e non solo, fu nel <strong><em>mondo</em></strong> sinonimo di qualità eccellente.<em> </em>A far decretare tale primato contribuirono certamente uomini come <strong><em>Aldo Manuzio.</em></strong></div>
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<strong><em></em></strong> </div>
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Aldo Manuzio non era nato a <strong><em>Venezia</em></strong>, era originario di quella che oggi è la provincia di Latina, che a quel tempo era parte integrante della <a href="http://storiaaquaeductus.blogspot.it/2010/01/la-provincia-terra-di-lavoro.html">provincia Terra di Lavoro</a>. Località nomen omen, Aldo Manuzio aveva appreso il mestiere di stampatore tipografo da monaci laziali, dopo alcuni passaggi, ultraquarantenne si era poi trasferito a Venezia per impiantare là la propria azienda tipografica. Lavoratore indefesso, vulcanico nelle idee (basti pensare che dopo 500 anni moderne tipografie si avvalgono ancora delle sue "invenzioni"). Disdegnava i perditempo, e coloro che gliene facevano perdere, tanto che all'ingresso della sua "officina" si trovò costretto a dover esporre un cartello con la scritta: <strong><em>"Chiunque tu sia, Aldo ti chiede di esporre la tua questione in breve e di andartene quanto prima".</em></strong> </div>
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Se il mio <em>ispettore segugio</em> di cui sopra, fosse vissuto cinquecento anni fa, per esempio intorno al 1512, e si fosse appostato nei pressi delle allora case dei Barbarigo (ricostruite e unificate anni dopo nell'attuale <strong><em>Palazzo Barbarigo</em></strong>) sarebbe stato in grado di tenere sott'occhio un andirivieni giornaliero di <strong><em>peàte</em></strong> (imbarcazioni veneziane del tempo, adibite al trasporto di merci) vogate da <strong><em>barcaroli</em></strong>, dirette o provenienti dalla <strong><em>tipografia di Aldo Manuzio</em></strong>. Questa si trovava, ed è visibile tuttora, in <strong><em>Rio Terà Secondo</em></strong>, a due passi da<strong><em> Campo Sant'Agostin. </em></strong>Dal <strong><em>Canal Grande</em></strong> si arriva alla casa di <strong><em>Aldo Manuzio</em></strong> accedendo al <strong><em>Rio di San Polo</em></strong>, che in quel punto costeggia il bel <a href="http://alloggibarbaria.blogspot.it/2008/12/palazzo-barbarigo-della-terrazza.html">Palazzo Barbarigo della Terrazza</a>, poco distante a sua volta da <strong><em>Casa Manuzio.</em></strong> Qui è d'obbligo ricordare che con un membro di tale famiglia, Pierfrancesco Barbarigo, editore anch'egli, e figlio del Doge in carica, Agostino Barbarigo, <strong>Aldo Manuzio </strong> aveva dato vita ad una società editoriale, una fra le più grandi del periodo, e fors'anche in tutta Europa.</div>
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<strong><em></em></strong><br /></div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgzn_UktKpVXh-KSeKif7SkX4hR_TL4n3z6v-rPVYDno5pR_-nxojISawjzi3XHYenNJ0QQiHqm4kfHIO2Fpq-Mj5ulKJt4ei7FnYDlb3BCA7Dwx_b71O2KVIUJvskUfL2n1RwFT3MzjWOK/s1600/Casa+di+Manuzio.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="215" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgzn_UktKpVXh-KSeKif7SkX4hR_TL4n3z6v-rPVYDno5pR_-nxojISawjzi3XHYenNJ0QQiHqm4kfHIO2Fpq-Mj5ulKJt4ei7FnYDlb3BCA7Dwx_b71O2KVIUJvskUfL2n1RwFT3MzjWOK/s320/Casa+di+Manuzio.JPG" width="320" /></a></div>
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<strong><em></em></strong><br /></div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgtJeEvRu7Pa7ZDPjoWLKhvKZwDPiqYa0ZdGGJZcUhcon2AXCho-b_rIGI878BtvpQJRCyALnltKodPnwsrWBbQL5bODbAxQ7EmPBUDz_VOG_DpBDKQVD5a5qqIefiUZaUelgwWJRBB3TkI/s1600/Casa+Manuzio.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgtJeEvRu7Pa7ZDPjoWLKhvKZwDPiqYa0ZdGGJZcUhcon2AXCho-b_rIGI878BtvpQJRCyALnltKodPnwsrWBbQL5bODbAxQ7EmPBUDz_VOG_DpBDKQVD5a5qqIefiUZaUelgwWJRBB3TkI/s320/Casa+Manuzio.JPG" width="211" /></a></div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhmWTG8tHJ_b7Q4jPdfXN_PnGpELlRTLlRt_jfT3cO6QeHoa1NZnKgqYQri9KnYR8i1ELcCqvQ4f0NLI-ad0fJW1362CY8x6dqYpsZhE5H71uLLQ8_Po52rhQmWLXgJTDgoRuoyCEp9JwB8/s1600/insegna+su+casa+manuzio.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="215" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhmWTG8tHJ_b7Q4jPdfXN_PnGpELlRTLlRt_jfT3cO6QeHoa1NZnKgqYQri9KnYR8i1ELcCqvQ4f0NLI-ad0fJW1362CY8x6dqYpsZhE5H71uLLQ8_Po52rhQmWLXgJTDgoRuoyCEp9JwB8/s320/insegna+su+casa+manuzio.JPG" width="320" /></a></div>
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<strong><em></em></strong><br /></div>
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<span style="font-size: x-small;">Casa/Tipografia di Aldo Manuzio, con relative insegne. Foto scattate il 13 ottobre 2012, in esclusiva per questo blog, da Fausto Maroder della </span><a href="http://www.alloggibarbaria.blogspot.com/"><span style="font-size: x-small;">Alloggi Barbaria</span></a><span style="font-size: x-small;"> </span></div>
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Non viene mai ricordato, ma Aldo Manuzio è stato il <strong>genio della stampa e dell'editoria</strong>, allo stesso modo come lo sono stati Raffaello per la pittura e Michelangelo per la scultura. A <strong><em>Manuzio </em></strong>si deve la "messa a punto" definitiva della punteggiatura nella stampa: virgola, punto, accento, apostrofo, usati per la prima volta nella sua tipografia nella loro forma attuale; ha inventato il punto e virgola, nonchè l'introduzione della numerazione delle pagine su entrambi i lati (recto e verso). A lui si deve l'introduzione del corsivo nella stampa, che in suo onore gli anglosassoni hanno chiamato <strong>italics. </strong>E siccome in alcune opere soleva firmarsi <strong>Aldo Romano</strong>, in ricordo delle sue origini laziali, il carattere tondeggiante da lui creato (quello usato anche da questo blog), in suo onore è stato chiamato <strong>Roman </strong>dagli inglesi<strong>.</strong> <strong> </strong><br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhgEVXSNGVfXiWKBYpUO9Sk02sRoI_va4Rx4FZwRPbVk6pV8sidhkBIzb5j6prj_fwxbbHqIfcuN_0wZtI_8kzPuBOv_c5JMoVpX7m__tpwxMLf7ZUY06i-17ddQjBMAUqG0OvdK_uQhhvq/s1600/MarchioAldino.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhgEVXSNGVfXiWKBYpUO9Sk02sRoI_va4Rx4FZwRPbVk6pV8sidhkBIzb5j6prj_fwxbbHqIfcuN_0wZtI_8kzPuBOv_c5JMoVpX7m__tpwxMLf7ZUY06i-17ddQjBMAUqG0OvdK_uQhhvq/s1600/MarchioAldino.jpg" /></a></div>
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<span style="font-size: x-small;"><strong>Marchio Aldino - dal sito </strong></span><a href="http://home.giandri.altervista.org/giandri_0424_SantAgostin.html"><span style="font-size: x-small;"><strong>Giandri Altervista Org</strong></span></a> </div>
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Nei quasi 20 anni di attività a <strong><em>Venezia, Aldo Manuzio </em></strong>pubblicò 132 libri. Pubblicò pure quello che è stato unanimemente considerato il più bel libro stampato del Rinascimento, il "discusso" <strong><em>Hypnerotomachia Poliphili, </em></strong>del 1499 (visibile on-line<strong><em> </em></strong><a href="http://mitpress.mit.edu/e-books/HP/hyp000.htm">cliccando qui</a>). "Discusso" perchè fuori dai suoi canoni di produzione; <strong><em>una</em></strong> sorta di "amor profano" per lui che invece aveva quella sorta di"amor sacro" nel divulgare nel mondo la conoscenza di opere "monumentali", i classici latini (Virgilio, ...), greci (Omero,...) e i padri della lingua italiana: Dante, Petrarca, Boccaccio. <em><strong>Il Canzoniere</strong> </em>di<em> <strong>Francesco Petrarca </strong></em>fu la sua opera più richiesta; si stima che ne stampò più di 100.000 copie. Insomma, una quantità di libri e di tirature notevoli, mastodontica se si pensa che i fogli di stampa venivano "tirati" uno per uno con la forza muscolare sotto i torchi, e che in quell'epoca le tipogafie dovevano lavorare per gran parte del tempo dell'anno a lume di candele (in particolar modo l'inverno).</div>
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Concludendo, rimane indiscutibile un fatto: grazie ai libri da lui stampati, <strong><em>Aldo Manuzio</em></strong> ha fatto giungere fino a noi l'italiano così per come lo conosciamo; <strong>e anche in ciò risiederebbe la sua grandezza</strong>. </div>
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<strong><em>Aldo Manuzio, </em></strong>nato a<strong><em> Bassiano (Latina) </em></strong>nel 1449, morì a <strong><em>Venezia </em></strong>il 6 febbraio 1515. Aveva 66 anni. </div>
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<iframe allowfullscreen="allowfullscreen" frameborder="0" height="315" src="http://www.youtube.com/embed/nnXPGNVIN54" width="560"></iframe><br />
<br />
<span style="font-size: x-small;">Al minuto 3 è visibile la casa veneziana di <strong>Aldo Manuzio</strong></span><br />
<strong><span style="font-size: x-small;"></span></strong><br />
<span style="font-size: x-small;">Bibliografia: Alessandro Marzo Magno,</span> <a href="http://www.garzantilibri.it/default.php?page=visu_libro&CPID=2829">L'alba dei libri</a><br />
<br />
<strong>Dal Diario del 15 ottobre 2012 - seguirà la storia della "dinastia" dei Remondini di Bassano del Grappa, ovvero su come creare 1000 posti di lavoro da un'idea semplice, oserei dire semplissima, oggi al limite del banale, legata al mondo della stampa.</strong></div>
marshallhttp://www.blogger.com/profile/18114663981457754109noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6377630068917367727.post-5299761274947980882013-02-07T08:00:00.000+01:002013-02-07T08:00:00.021+01:00I laghetti di Milano<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgIlWF8DSGSsAtrcFQ2xcZnCKtqKjcZmc7BhTTHWUfki-wK0FKPswnyr2QZJ_J0eDb4DbgwPuHEocQ61SINPbrZP5HIpfUMy6J6HVNUzPXxiFNkawiGDNtDzQ99YUMU6qXUTdVdKP1oOO7m/s1600/laghetto-san-marco.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="197" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgIlWF8DSGSsAtrcFQ2xcZnCKtqKjcZmc7BhTTHWUfki-wK0FKPswnyr2QZJ_J0eDb4DbgwPuHEocQ61SINPbrZP5HIpfUMy6J6HVNUzPXxiFNkawiGDNtDzQ99YUMU6qXUTdVdKP1oOO7m/s320/laghetto-san-marco.jpg" width="320" /></a></div>
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Laghetto di San Marco, Milano 1930 - dal sito <a href="http://vecchiamilano.wordpress.com/2009/12/05/il-laghetto-di-san-marco/">Vecchia Milano</a> </div>
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<br />
Nonostante sia posta nel mezzo di tanti corsi d'acqua, Milano, la romana Mediolanum, gode, e ancor più lo godeva nell'antichità, di estati relativamente torride. Lo seppero bene i primi cristiani milanesi, che, dove ora c'è il Duomo, edificarono due chiese, una per le funzioni invernali, l'altra per quelle estive. E lo constatò ancor più la Regina Teodolinda, quando convinse il marito a trasferire a Monza la capitale estiva del Regno Longobardo. </div>
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<br /></div>
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Secoli dopo nacque l'idea di portare a Milano acqua fresca dal Ticino, soprattutto per scopi irrigui. Nacquero così i primi canali, che nel corso del tempo furono resi navigabili, a cominciare dal <strong>Naviglio Grande</strong>. Questo terminava la sua corsa nel <strong>Laghetto di Sant'Eustorgio </strong>(ora <strong>Darsena</strong>). In seguito vennero costruiti i canali interni alla città, divenuti a loro volta canali navigabili: i <strong>Navigli Interni</strong>. Sul suo tragitto verrà in seguito creato il <strong>Laghetto di Santo Stefano</strong>, utilizzato principalmente come scalo merci per i barconi provenienti dal Lago Maggiore, che trasportavano sabbia, marmo e gran parte del materiale necessario per la costruzione del <strong>Duomo di Milano.</strong></div>
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<br />
Nel 1288, <strong>Bonvesin de la Riva</strong>, dotto frate degli Umiliati, così ebbe a scrivere della Milano del suo tempo:</div>
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<span style="color: #333399;"><em>"Un fossato di sorprendente bellezza e larghezza" circonda questa città da ogni parte, e contiene non una palude o uno stagno putrido, ma l'acqua viva delle fonti, popolata di pesci e di gamberi. Esso corre tra un terrapieno all'interno e un mirabile muro all'esterno, il cui circuito, misurato con estrema accuratezza, è risultato corrispondere a diecimilacentoquarantuno cubiti. La larghezza del fossato, lungo l'intero circuito intorno alla città, è di trentotto cubiti. Al di là del muro del fossato vi sono abitazioni suburbane tanto numerose che basterebbero da sole a formare una città".</em></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgyU5GMxjW5W_oYOnGl44kZK5U3yVANdRkD86fEXfYATtNtGkYpBavpCOswcoCqC4uuCjhXCRpGOtT7EeGP5CpabYuL9rAPePJ6t56jzRfa08uhAZQUKUVpPSEnWSATToDJlur7GlMv3bz-/s1600/collegio+elvetico.bmp" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgyU5GMxjW5W_oYOnGl44kZK5U3yVANdRkD86fEXfYATtNtGkYpBavpCOswcoCqC4uuCjhXCRpGOtT7EeGP5CpabYuL9rAPePJ6t56jzRfa08uhAZQUKUVpPSEnWSATToDJlur7GlMv3bz-/s1600/collegio+elvetico.bmp" /></a></div>
<br />
<span style="font-size: x-small;">Collegio Elvetico, nei pressi del laghetto di Santo Stefano. Veduta Settecentesca di Milano, di </span><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Marc'Antonio_Dal_Re"><span style="font-size: x-small;">Marc'Antonio Dal Re</span></a><span style="font-size: x-small;">.</span><br />
<div style="text-align: center;">
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<br />
Il <strong>Laghetto di Santo Stefano </strong>non esiste più, come pure non esiste più il <strong>Laghetto di San Marco</strong>(foto in alto). Questi, il più longevo, è esistito a Milano, nell'omonima via, fino al 1930, quando venne interrato. Era stato pensato in epoca viscontea, per risolvere i problemi creati dagli allagamenti: al perdurare di forti acquazzoni i navigli interni si gonfiavano, straripavano, lasciando nel fango la città. A quell'epoca la zona di via San Marco, confinante a nord del Naviglio Interno, era un terreno totalmente agricolo, dislocato fuori dalla cerchia dei Navigli, che all'epoca delimitavano il centro abitato dalla zona agricola. Quel terreno si prestava quindi assai bene per crearvi quella che oggi chiameremmo <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Cassa_di_espansione"><em>cassa di espansione</em></a>. Per quel precipuo scopo era nato il laghetto, un ruolo che ha svolto egregiamente per almeno cinque secoli. Dal 1876, e per molti decenni, ebbe anche funzione di scalo per i barconi che tasportavano le bobine di carta alla tipografia del <strong>Corriere della Sera</strong>, (l'edificio, tuttora esistente, è quello che si vede di fronte, in primo piano, nella foto in alto). Quella sotto è invece la foto di uno di quei barconi mentre entra in via Fatebenefratelli, e raggiungerà il <strong>laghetto di San Marco </strong>per le operazioni di scarico (da <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Naviglio_Grande">Wikipedia</a>) .</div>
</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEigkmEehuoBUZoowjq2lerg_dZnj2kJEpYJoADOqr3bPuRinuorCKUI-9BDMayI7OrYUZIAaSl2_b_PTO7gej79r2vtTyqqo1pxNE78C2hBBQOBBuPed0owt3dEHYY45z50j-cYPaORcRz7/s1600/Navigli_interni_milano_da_via_Senato_a_Fatebenefratelli.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="223" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEigkmEehuoBUZoowjq2lerg_dZnj2kJEpYJoADOqr3bPuRinuorCKUI-9BDMayI7OrYUZIAaSl2_b_PTO7gej79r2vtTyqqo1pxNE78C2hBBQOBBuPed0owt3dEHYY45z50j-cYPaORcRz7/s320/Navigli_interni_milano_da_via_Senato_a_Fatebenefratelli.jpg" width="320" /></a></div>
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<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjLfKvmiHSQyvK7yWrxIoUIWmny4rBxcok1n56Ad_BgwSNrJJgWNNkW8aB6cOVcGB8LOcexBS3RuDJQsT_yTFJyA1No3gJSHD7O5XPR-MN_gzy7J3U4x-32MEtB951kFTJgJ4F3vTBrxdtK/s1600/vcm_s_kf_repr_800x549.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="219" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjLfKvmiHSQyvK7yWrxIoUIWmny4rBxcok1n56Ad_BgwSNrJJgWNNkW8aB6cOVcGB8LOcexBS3RuDJQsT_yTFJyA1No3gJSHD7O5XPR-MN_gzy7J3U4x-32MEtB951kFTJgJ4F3vTBrxdtK/s320/vcm_s_kf_repr_800x549.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<span style="font-size: x-small;">1920 - E' come se si aprisse un mare. "Lavori in corso per la nuova Darsena di Milano con ingresso dalla conca di Viarenna. Gli antichi bastioni spagnoli sono stati completamente abbattuti" (da <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Naviglio_Grande">Wikipedia</a>).</span><br />
<div style="text-align: justify;">
<br />
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- <a href="http://storiaaquaeductus.blogspot.it/2013/02/teodolinda-regina-dei-longobardi.html">Teodolinda Regina dei Longobardi</a> </div>
<div style="text-align: justify;">
-
<a href="http://esperidi.blogspot.it/2009/01/la-memoria-storica-dei-navigli-e-milano.html">La memoria storica dei Navigli a Milano e dintorni</a> </div>
<div style="text-align: justify;">
- <a href="http://esperidi.blogspot.it/2011/04/il-mulino-del-po.html">Il Mulino del Po</a><br />
<br />
Bibliografia:<br />
- <a href="http://www.cuoredimilano.org/ita.html">http://www.cuoredimilano.org/ita.html</a>: nelle foto dalla n. 2 alla n. 9 via San Marco, laghetto di San Marco e via Fatebenefratelli, prima dell'interramento (1930 - 1950 circa). <br />
<br />
<strong>Dal Diario del 18 giugno 2012</strong></div>
marshallhttp://www.blogger.com/profile/18114663981457754109noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6377630068917367727.post-78986603386716661902013-01-30T15:46:00.001+01:002013-01-30T15:46:32.406+01:00Sofonisba Anguissola la signora dei ritratti<div align="justify">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj3NNOhc23TJfQxvVSrQh1ayLlTdzwyJwwKpbo2RJz7BpYUuUm2_EFE63C5nfwZmPqSQNfgfSTtqigxTyaZjLEMafUGB9Z06skTqGhhOgBORMJzaSLdUK4NSOa97na2gx-o7aEkJkjXJNxk/s1600/sofonisba+autoritratto.jpg"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5586661247283591026" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj3NNOhc23TJfQxvVSrQh1ayLlTdzwyJwwKpbo2RJz7BpYUuUm2_EFE63C5nfwZmPqSQNfgfSTtqigxTyaZjLEMafUGB9Z06skTqGhhOgBORMJzaSLdUK4NSOa97na2gx-o7aEkJkjXJNxk/s400/sofonisba+autoritratto.jpg" style="display: block; height: 250px; margin: 0px auto 10px; text-align: center; width: 202px;" /></a> <em><strong>Anton Van Dyck, </strong>giovane ma emergente talento della pittura fiamminga, arrivato a <strong>Palermo </strong>su invito del vicerè, chiede udienza a una pittrice ultranovantenne dalla fama leggendaria, <strong>Sofonisba Anguissola</strong>. </em><br />
<em></em><br />
E' l'introduzione del libro di <strong><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Daniela_Pizzagalli">Daniela Pizzagalli</a>: La signora della pittura.</strong><br />
<br />
Ai tempi di Sofonisba (1532 - 1625) spostarsi era disagevole, oltre che molto pericoloso: il mar Tirreno, che lei ebbe a solcare più volte per recarsi in Spagna, per poi trasferirsi a Palermo, quindi a Pisa e a Genova, era infestato da pirati e saraceni. Ma di lei, pittrice ritrattista tra le più acclamate del tempo, che ha lasciato tracce di vita in quelle località, oggi se n'è quasi persa la memoria. Come si vedrà, era in grado di rivaleggiare alla pari con i più celebrati ritrattisti delle corti reali.<br />
Era nata a Cremona, seconda città del Ducato di Milano per ricchezza e popolazione, e anche lì, come nel resto della Penisola, era in pieno fervore lo spirito rinnovatore del Rinascimento. Suo padre, il nobile decaduto Amilcare Anguissola, faceva parte della corporazione dei <strong>fabbricieri </strong>del <strong>Duomo </strong>e del complesso abbaziale della <strong>Chiesa di San Sigismondo, </strong>la quale aveva preso il posto della preesistente Cappella nella quale furono celebrate le nozze tra <strong>Bianca Maria Visconti </strong>e <strong>Francesco Sforza</strong> nel 1441 (vedi post <a href="http://esperidi.blogspot.com/2010/12/bianca-maria-visconti.html">Bianca Maria Vi</a><a href="http://esperidi.blogspot.com/2010/12/bianca-maria-visconti.html">sconti</a>). All'epoca della prima adolescenza di Sofonisba, nel 1545, oltre 60 pittori erano costantemente all'oper<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjsWfMLA2KDX4-yWasLR453OuSS327115i_89qwcDcZLEIxFZk9I88di38MLDK3uee9EVQllrmu1gKhe3YEWbsr-Lpu_lSl8fNYIs2zGFW_UcJ3Qq3xwylSX6bBlf7k_Ahom61Sk0kZkpIi/s1600/Bernardino+Campoi+ritrae+Sofonisba.bmp"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5586868808527695938" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjsWfMLA2KDX4-yWasLR453OuSS327115i_89qwcDcZLEIxFZk9I88di38MLDK3uee9EVQllrmu1gKhe3YEWbsr-Lpu_lSl8fNYIs2zGFW_UcJ3Qq3xwylSX6bBlf7k_Ahom61Sk0kZkpIi/s320/Bernardino+Campoi+ritrae+Sofonisba.bmp" style="float: right; height: 226px; margin: 0px 0px 10px 10px; width: 223px;" /></a>a per affrescare gli interni della Chiesa, e suo padre la portava quasi sempre con se nei suoi giri d'ispezionamento dei lavori. E fu così che, intrattenendosi a parlare di arte con loro, Sofonisba acquisì la passione per la pittura, apprendendone i primi rudimenti. Manifestata la sua passione, il padre la mandò così a scuola di pittura presso l'abitazione laboratorio di <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Bernardino_Campi">Bernardino Campi</a> (nella foto qui a lato, assieme alla giovane Sofonisba, ritratti dalla stessa, quindi autoritratto nel ritratto). La sua consacrazione a celebrità avvenne in seguito ad una visita di <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Giorgio_Vasari">Giorgio Vasari</a> a casa Anguissola, che rimase stupefatto dalla perfezione di un quadro della ragazza: un affettuoso ritratto di famiglia (foto sotto), con al centro il padre e di lato Minerva, una delle sue cinque sorelle, e il fratello Asdrubale, il più piccolo dei sette. Alla sua consacrazione di eccellente ritrattista ha contribuito anche l'inventiva promozionale del padre. Per tale scopo mandò anche a <strong>Michelangelo</strong> un plico di disegni fatti dalla figlia, affinchè li esaminasse e desse una sua autorevole opinione: ne fu ben impressionato al punto che uno di quei disegni finì anni dopo nelle mani di uno dei soggetti di quei disegni: <strong>Cosimo I de' Medici</strong>.<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj8XAfOyFgGvufN7hNR8DCkbztEzC7fgew89nnGhkZGjy_uPrYK8mnaHfjukH6HOeQxVM31kgSnEjzwNDjQSU9CQKrf-mWThvgjs44HLKAstLxxvdtkypSJ2xwRqcFPrAT9JSpEZoxFcNac/s1600/ritratto+di+famiglia.jpg"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5586904528771493986" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj8XAfOyFgGvufN7hNR8DCkbztEzC7fgew89nnGhkZGjy_uPrYK8mnaHfjukH6HOeQxVM31kgSnEjzwNDjQSU9CQKrf-mWThvgjs44HLKAstLxxvdtkypSJ2xwRqcFPrAT9JSpEZoxFcNac/s400/ritratto+di+famiglia.jpg" style="display: block; height: 260px; margin: 0px auto 10px; text-align: center; width: 194px;" /></a>Diventata celebre, Amilcare Anguissola allargò gli orizzonti della sua "iniziativa" promozionale, finchè vennero a conoscenza di sua figlia alla Corte Spagnola, e la richiesero per insegnare pittura alla giovane moglie di Filippo II, che aveva espresso il desiderio d'imparare a disegnare e dipingere. Filippo II, prossimo alle terze nozze, era subentrato al padre Carlo V, che aveva abdicato per passare il resto dei suoi giorni chiuso in un monastero. Dalla prima moglie, <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Maria_Emanuela_d%27Aviz">Maria di Portogallo</a>, aveva avuto un figlio, Carlo, candidato per essere il futuro re di Spagna, ciò che invece non si realizzò. </div>
<br />
<div align="justify">
Sofonisba partì da Cremona forse alla fine dell'inverno del 1558-59, quando a Milano si stava festeggiando un grandioso carnevale, ampiamente acclamato dalle cronache del tempo, voluto dal nuovo governatore spagnolo per celebrare la sua fresca nomina. L'Anguissola forse non immaginava che nella sua città natia non vi avrebbe più fatto ritorno. Fece così tappa nella città dei Navigli, ospite del governatore <a href="http://www.treccani.it/enciclopedia/fernandez-de-cordoba-gonzalo-duca-di-sessa/">duca di Sessa</a>. Il Palazzo ducale sorgeva a fianco del Duomo, nel cuore pulsante della città. Entrando nella quale, sicuramente da Porta Romana, si sarà stupita alla vista della maestose <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Mura_di_Milano#Mura_spagnole">Mura Spagnole</a>, la più grande opera civile realizzata in Europa nel XVI secolo, alla quale stavano dando i ritocchi finali. Nella capitale del Ducato si fermò poco, forse per qualche mese, e nel periodo più esaltante della fase conclusiva del Rinascimento milanese.<br />
<br />
L'aspetto complessivo di Milano si era consolidato nelle sue connotazioni attuali fin da quando, nel 1546, fu nominato governatore Ferrante Gonzaga, figlio di <strong>Isabella d'Este</strong>, la gentildonna più celebre del Rinascimento. </div>
<div align="justify">
Nei 18 anni della sua permanenza a Milano, 1482-1500, <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Leonardo_da_Vinci#A_Milano_.281482.E2.80.931500.29">Leonardo da Vinci</a> aveva lasciato impronte idelebili del suo passaggio in capolavori artistici e in somme opere di ingegneria civile e militare. Abbozzi, disegni, progetti di esse si trovano nelle <strong><a href="http://www.leonardonline.it/disegni.html">TAVOLE DI LEONARDO DA VINCI</a></strong> che Francesco Melzi aveva ereditato in Francia da Leonardo, e riportate in Italia, a Milano. A quelle tavole fu molto interessata anche Sofonisba<em> "che proprio dai disegni leonardeschi teorizzò quel naturalismo, quella registrazione degli aspetti più quotidiani della realtà, così vicini all'estetica dell'Anguissola"</em> che si riscontrano nelle sue opere. Una conferma della sua capacità di riprodurre nei quadri l'introspezione psicologica cui sottoponeva i personaggi dei suoi ritratti, la vedremo due anni dopo, quando, nel 1561, Sofonisba farà dono a <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Papa_Pio_IV">Papa Pio IV</a> di un suo quadro, ricevendone entusiastici complimenti. Il papa milanese, fratello di <a href="http://esperidi.blogspot.com/2010/09/musso-e-il-medeghino.html">Gian Giacomo De Medici, detto Il Medeghino</a> e zio di <strong>San Carlo Borromeo, </strong>era salito al soglio pontificio nel 1559, anno della sua permanenza nella capitale del Ducato, e , sempre in quell'anno, Carlo Borromeo era diventato arcivescovo di Milano. Quando ciò avveniva, Sofonisba era già in Spagna: era il dicembre del 1559. Imbarcatasi a Genova, o forse a Savona, dopo 8 giorni di navigazione Sofonisba e il suo seguito giunsero nel porto di Barcellona; da lì presero la strada alla volta dell'interno della Spagna<strong>. Madrid, </strong>scelta in quegli anni a capitale del regno da<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhm4XJbI1tMP5MelGYKLHsVQf3vsxx7Y39L4QI5WpTOCWR1UARruG0xRrow07m1a0pKELZPOqaCDVp4nXORk6QUqN2kiHlwiPuI98RBsgCXXbBUZskYJp0q36jgok6-YNgg2Q7SrgDMP0_2/s1600/Elisabetta+di+Valois.jpg"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5586866384544710338" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhm4XJbI1tMP5MelGYKLHsVQf3vsxx7Y39L4QI5WpTOCWR1UARruG0xRrow07m1a0pKELZPOqaCDVp4nXORk6QUqN2kiHlwiPuI98RBsgCXXbBUZskYJp0q36jgok6-YNgg2Q7SrgDMP0_2/s320/Elisabetta+di+Valois.jpg" style="float: right; height: 320px; margin: 0px 0px 10px 10px; width: 222px;" /></a> <strong>Filippo II, </strong>in alternativa alla più blasonata <strong>Toledo, </strong>non era ancora pronta per accogliere la nuova Regina che sarebbe arrivata da lì a poco da Parigi, col suo numeroso seguito. Sarebbe stata nel frattempo accolta a <strong>Guadalajara, </strong>dove si diresse anche il gruppetto di <strong>Sofonisba</strong>.<br />
La nuova regina, <strong>Isabella </strong>(foto), o<strong> </strong><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Elisabetta_di_Valois"><strong>Elisabetta di Valois</strong></a><strong>, </strong>figlia di Enrico II di Francia, e <strong><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Caterina_de%27_Medici">Caterina de Medici</a>, </strong>in un primo tempo era stata designata quale moglie per Carlo, suo coetaneo e figlio di Filippo II, avuto dalla prima moglie, <strong>Maria di Portogallo</strong>. Secondo quel progetto iniziale Filippo II avrebbe quindi dovuto diventare suocero e non marito di Isabella, ma quel piano era totalmente svanito quando Carlo aveva dato chiari segni di squilibrio. E quando re Filippo rimase vedovo per la seconda volta, decise di sposare lui la giovane Isabella (che alla partenza da Parigi aveva solo 13 anni), per questioni politiche e per assicurarsi una prole più sana<strong>. Carlo per non diventare di pericolo a qualcuno, fu poi rinchiuso in una prigione da suo padre, nella quale il giovane si lasciò morire d'inedia.</strong></div>
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<strong></strong><br /></div>
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<strong>(segue)</strong></div>
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</div>
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<span style="font-size: 85%;">Il dramma di Carlo, Isabella e Filippo è ben descritto nell'opera di <strong>Verdi</strong>, <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Don_Carlo">Don Carlo</a>.</span><br />
<span style="font-size: 85%;"></span><a href="http://www.youtube.com/watch?v=TR1hArB35sA"><span style="font-size: 85%;"><strong>Qui</strong> </span></a><span style="font-size: 85%;">la prima parte dell'opera, col tenore <a href="http://www.salvatorelicitra.com/newsite/schedule.php">Salvatore Licitra</a> nella parte di Carlo, nella rappresentazione del 25 ottobre 2010 presso la Los Angeles Opera. Ma l'aria più bella, secondo i miei gusti, è </span><a href="http://www.youtube.com/watch?v=lzwwGYqyK-c"><span style="font-size: 85%;">"Ella giammai m'amò"</span></a><span style="font-size: 85%;">, nella quale re Filippo II confesserà di non essere mai stato amato da Isabella. L'aria qui riproposta è interpretata dal basso Ferruccio Furlanetto, lo stesso che ha cantato a Los Angeles in coppia con Licitra, ma nella versione<strong> scaligera</strong> del 7 dicembre 2008. </span><br />
<br />
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<a href="http://sauraplesio.blogspot.com/2011/03/litalia-da-salvare-e-da-preservare.html">L'Italia da salvare e da preservare</a> (top post)<br />
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<a href="http://ecopolfinanza.blogspot.com/2008/02/milano-in-gondola.html">Milano in gondola</a> </div>
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<a href="http://www.cuoredimilano.org/">Naviglio, cuore di Milano</a> (nella foto n.14 si può vedere com'era il ponte di Porta Romana)</div>
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Bibliografia: La Signora della Pittura, di Daniela Pizzagalli -Rizzoli<br />
<br />
<strong>Dal Diario del 22 marzo 2011</strong>marshallhttp://www.blogger.com/profile/18114663981457754109noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6377630068917367727.post-27808577052554097582013-01-27T17:58:00.000+01:002013-01-28T14:40:20.789+01:00Veronica Gàmbara<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgjKtTFrAKPj9kCq55aqNf-KhiQLWJxtQcFFI_SJHfj_nIvqiuMoE3661Jx_psYvrw8IGjnURU905tddeTHqPqJsNr_W6JPuRmKFj3NmadZ7wcN3eMriCHkc84_kWhbIU8garrr6EfX29Zz/s1600/200px-Correggio%252C_Ritratto_di_dama%252C_c_1517-1518.jpg"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5539705498637195938" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgjKtTFrAKPj9kCq55aqNf-KhiQLWJxtQcFFI_SJHfj_nIvqiuMoE3661Jx_psYvrw8IGjnURU905tddeTHqPqJsNr_W6JPuRmKFj3NmadZ7wcN3eMriCHkc84_kWhbIU8garrr6EfX29Zz/s320/200px-Correggio%252C_Ritratto_di_dama%252C_c_1517-1518.jpg" style="display: block; height: 237px; margin: 0px auto 10px; text-align: center; width: 200px;" /></a>
<br />
<div align="justify">
<span style="font-size: 85%;">Nota introduttiva</span></div>
<br />
<div align="justify">
<span style="font-size: 85%;">Data la complessità dell'argomento, per questione di brevità ho dovuto operare parecchi tagli; </span><span style="font-size: 85%;">l'alternativa sarebbe invece stata quella di pubblicare il post in almeno tre volte. Ho così appena accennato ad argomenti basilari per la comprensione della trattazione; ad esempio, come alle amicizie con Pietro Bembo, Vittoria Colonna, Bernardo Tasso, Isabella d'Este; o gl'incontri folgoranti con lo statuario Francesco I, e il carismatico Carlo V, o la corrispondenza intrattenuta con i vari pontefici dell'epoca. Dell'incontro con Ludovico Ariosto ne ho accennato in </span><a href="http://ecopolfinanza.blogspot.com/2008/01/omaggio-ferrara-e-milano.html"><span style="font-size: 85%;">questo post</span></a><span style="font-size: 85%;">. Trascuro addirittura degli scambi punzecchianti avuti con </span><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Pietro_Aretino"><span style="font-size: 85%;">Pietro Aretino</span></a><span style="font-size: 85%;">; punzecchiato e domato a sua volta dalla Gàmbara. Del ciclo conclusivo della Poetessa, quello della religione, e dell'abbandonarsi alla fede cattolica, pubblico soltanto una poesia in conclusione di post: data l'abbondanza e complessità di avvenimenti storici di quel periodo, è mia intenzione tornare sull'argomento.</span></div>
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----------- </div>
<div align="justify">
In un tempo in cui il poetare era prerogativa solo maschile, e riservata ai nobili, la contessa di Correggio e la marchesa di Pescara, in quanto donne, furono due notevoli eccezioni. Quasi coetanee, Veronica Gàmbara era nata nel 1485, Vittoria Colonna nel 1490, ebbero del matrimonio esperienze totalmente diverse, i cui sentimenti riversarono fulgidamente in poesia: per la contessa un'esperienza esaltante e felice, per la marchesa travagliata e tormentosa.
<br />
<br />
La Gàmbara, cresciuta in un ambiente stimolante per un letterato, cominciò a comporre versi fin da bambina, arte che poi, crescendo, le tornò anche utile.
<br />
<br />
In età matura, facendo leva sui versi e su lettere dall'impostazione poetica, ha cercato, per mezzo di essa, di dirimere anche dissidi esterni al regno, che si trovò a dover governare. Anche se lei non scrisse mai con l'intenzione di vedersi poi pubblicare le proprie lettere private, gli altri, secondo una prassi comune del tempo, corrispondevano in maniera pomposa e ricercata, col preciso scopo che poi la loro corrispondenza privata sarebbe diventata oggetto di stampa. Appena ebbe le redini di Correggio, nel mentre sulle acque del Lario, a Musso, in Brianza e in tutto il Milanese si svolgevano le vicende anche sanguinarie legate al <a href="http://esperidi.blogspot.com/2010/09/musso-e-il-medeghino.html">Medeghino, qui raccontate</a>, e la Romagna era appena stata scossa dalle imperiose gesta del <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Cesare_Borgia">Valentino</a>, nel piccolo regno di <a href="http://ecopolfinanza.blogspot.com/2010/11/correggio-agli-inizi-del-500.html">Correggio</a>, posto nel mezzo dei due, la contessa Gàmbara governava la piccola contea in maniera totalmente diversa che non a quei due, con blando uso di armi, o forza. Infatti, durante i 32 anni di suo governo, nella contea fu registrata una sola condanna capitale, e si ricorda di un ricorso alla forza ed alle armi nel 1526 quando, per difendersi dall'aggressione di ottocento fanti, comandati da <strong>Fabrizio Maramaldo</strong>, fu necessario mobilitare tutti i cittadini, invitandoli ad imbracciare le armi. Gli ottocento fanti furono poi cacciati, ma lasciarono comunque dietro di se morte, fame, desolazione e pestilenza.
<br />
<br />
Veronica Gàmbara era di indole pigra, le piaceva la buona tavola, ed era pingue di corporatura; sarà stato anche per questo che aveva avuto una certa difficoltà a maritarsi, tanto che dovette intervenire sua madre, che chiese aiuto in tal senso alla propria famiglia d'origine, i Pio di Carpi. E sarà stato forse anche per la sua pinguedine che di lei non c'è alcun ritratto, nonostante <a href="http://www.archimagazine.com/bcorreggio.htm">Antonio Allegri</a>, detto il <strong>Correggio,</strong> fosse il pittore ufficiale di casa Gàmbara. Aveva ventiquattro anni, e fu un gran sollievo per i suoi, quando si celebrarono le nozze, dapprima per procura, col quasi cinquantenne Giberto X da <a href="http://ecopolfinanza.blogspot.com/2010/11/correggio-agli-inizi-del-500.htmlCorreggio">Correggio</a>. Questi era anche il</div>
vedovo di Violante dei <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Pico_della_Mirandola">Pico della Mirandola</a>, dalla quale aveva avuto due figlie e, come detto, era anche imparentato con la sposa per parte della madre di lei, Alda dei Pio di Carpi. Contrariamente a quel che si potrebbe pensare, per via della forte differenza d'età, per Veronica fu la svolta della vita, e la felicità, anche se di breve durata; rimase infatti vedova dopo nemmeno dieci anni di matrimonio. Ciò non di meno il loro fu un matrimonio stabile e reso felice dalla nascita di due figli, che sarebbero potuti diventare di più, se un intervento chirurgico, resosi necessario per salvarle la vita, la privò del piacere di diventare madre ancora. Al contrario dell'amica Vittoria Colonna, infelice per quel marito giovane e forte, ma sempre in giro per il mondo in cerca di battaglie e di femmine, il marito di Veronica, ormai non più giovane nè forte, aveva deposto le armi ed aveva dedicato alla moglie ed alla prole il resto dei suoi anni. Il matrimonio per procura, senza che i due non si erano forse mai visti prima, era avvenuto il 6 ottobre 1518, una ricorrenza che la poetessa ricorderà sempre, anche e soprattutto nei 32 anni di vedovanza. Veronica era rimasta abbagliata dal di lui aspetto al primo vederlo, tanto che in seguito scrisse "<em>di bellezza adone / cede al suo paragone". </em>Dello stesso tenore di questi versi è il seguente struggente brano, che, presumibilmente, compose nel periodo dell'avvenuto matrimonio per procura, quando forse non si erano ancora visti.
<br />
<br />
<em>Poscia che 'l mio destin fermo e fatale
<br />Vuol pur ch'io v'ami e che per voi sospiri,
<br />Quella pietà nel petto Amor v'ispiri
<br />Che conviene al mio duol grave e mortale
<br />
<br />E faccia che 'l voler vostro sia eguale
<br />A gli amorosi ardenti miei desiri;
<br />Poi cresca quanto vuol doglia e martìri
<br />Che più d'ogn'altro ben dolce sia 'l male.
<br />
<br />E se tal grazia impetro, almo mio sole,
<br />Nessun più lieto e glorioso stato
<br />Diede amor o Fortuna al mondo mai.
<br />
<br />E quanti per addietro affanni e guai
<br />Patito ha il cor, ond'ei si dolse e duole,
<br />Chiamerà dolci, e lui sempre beato. </em><br />
<div align="justify">
<em>
</em>Nella primavera del 1509, gli sposi sono a Napoli, dove, nella Cattedrale di Amalfi, celebreranno il rito nuziale religioso. In occasione di quel viaggio Veronica ebbe modo di rivedere l'amico Bernardo Tasso, futuro padre del celebre Torquato, conosciuto quand'egli era a Ferrara, al servizio degli Estensi. Con lui, da giovani, c'era stato un fitto scambio di missive in gergo e in versi poetici. Per ragioni di lavoro, come diremmo oggi, Bernardo s'era trasferito a Salerno.
<br />
Come il Tasso, anche <a href="http://alloggibarbaria.blogspot.com/2010/10/giardino-di-ca-bembo.html">Pietro Bembo</a> che era, e che sarà ancora, dopo la vedovanza, il mentore prediletto di Veronica, negli anni del felice matrimonio verrà messo un pò in disparte<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgbs4hyphenhyphenMBj3R2bB_QloznCVb9NGeOZfjQn_HY5fvtdkLxxLyB4seujrYxI6Qy6viMGitjg2LpM2zJnHEsd8oXOhAnC7dZM1uH9mE_hhST_h_4iiMRLljWJiMHd0eL2fO-VmFDIS_gIh4LsK/s1600/Francesco+I%252C+1525+circa.jpg"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5539845982048391298" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgbs4hyphenhyphenMBj3R2bB_QloznCVb9NGeOZfjQn_HY5fvtdkLxxLyB4seujrYxI6Qy6viMGitjg2LpM2zJnHEsd8oXOhAnC7dZM1uH9mE_hhST_h_4iiMRLljWJiMHd0eL2fO-VmFDIS_gIh4LsK/s320/Francesco+I%252C+1525+circa.jpg" style="float: right; height: 320px; margin: 0px 0px 10px 10px; width: 254px;" /></a>. </div>
<br />
<div align="justify">
In quel periodo storico era di moda motteggiare ad imitazione del Petrarca, ma farlo non era da tutti, e soprattutto era prerogativa esclusivamente maschile: alle donne era riservato l'accudimento familiare. Veronica Gàmbara e Vittoria Colonna ruppero però quel tabù.
<br />
Nel 1509 Veronica aveva lasciato il paese natale nel bresciano alla volta dell'Emilia. Si era sposata per procura nell'ottobre precedente con il conte Giberto X, signore del piccolo regno di <a href="http://ecopolfinanza.blogspot.com/2010/11/correggio-agli-inizi-del-500.html">Correggio</a> . </div>
<br />
<div align="justify">
Di quel periodo sono state ritrovate solo poesie dedicate al marito, e di questo genere:<em> "le parole</em> / <em>Dolci ad udir del suo bel foco ardente</em>".</div>
Pare anche che nel frattempo si fosse dimenticata perfino degli amici più cari, del Bembo, in particolare. Il 26 agosto 1518 conte Giberto moriva e Veronica, facile supporre al culmine della disperazione, scriverà:
<br />
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<em>Quel nodo in cui la mia beata sorte,</em></div>
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<em>Per ordine del ciel, legommi e strinse,</em></div>
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<em>Con grave mio dolor sciolse e discinse</em></div>
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<em>Quella crudel che 'l mondo chiama morte.</em></div>
<br />
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<em>E fu l'affanno sì gravoso e forte,</em></div>
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<em>Che tutti i miei piaceri a un tratto estinse;</em></div>
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<em>E se non che ragione alfin pur vinse,</em></div>
<div align="justify">
<em>Fatto avrei mie giornate e brevi e corte.</em></div>
<br />
<div align="justify">
<em>Ma tema sol di non andare in parte</em></div>
<div align="justify">
<em>Troppo lontana a quella ove il bel viso</em></div>
<div align="justify">
<em>Risplende sovra ogni lucente stella,</em></div>
<br />
<div align="justify">
<em>Mitigato ha il dolor, che ingegno od arte</em></div>
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<em>Far nol potea, sperando in paradiso</em></div>
<div align="justify">
<em>L'alma vedere oltra le belle bella.</em></div>
<br />
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Restò così vedova all'età di 33 anni, non si risposò più, e mantenne il lutto totale per il resto della vita. Del suo corpo faceva vedere solo il viso. Fece perfin dipingere di nero la carrozza, facendola trainare solo da cavalli neri o morelli; anche la stanza e il letto fece addobbare di nero listato per sempre a lutto. Nei primi tempi di vedovanza, è probabile avesse anche meditato al suicidio, ma forse fu il pensiero dei due figli ancora in tenera età a distoglierla dalla turpe idea. E fu così che aspettando la loro maggiore età, prese in mano le redini del piccolo regno, assolvendo al compito con inusuale determinazione e maestria, per una donna di quei tempi. Le vicissitudini della vita, portarono poi i figli ad occuparsi di tutt'altro, diventando il maggiore un condottiero, e il minore un cardinale. Toccò così a Veronica di governare il Regno per gli oltre trent'anni in cui visse.<em> </em>E fu così che gli anni dal 1519 al 1532 li dedicò gran parte alla politica, ed estera in particolare. Scriveva in prosa, o motteggiando, a Francesco I e a Carlo V. Di Francesco I ammir<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjj0Xfppp1_nCXltMvMst92okZOWebCz0XDmMcHneNEKskz9egVmfwEgypjblrcRoQy0PFVE9TsGSQ7XlIeKJZliAqqbgBIxJo8AH7lEzBq7LGLH9uS8WNfkmF_7Tds_Wf_KWbcoiiSysEQ/s1600/Carlo+V.png"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5539844404171933730" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjj0Xfppp1_nCXltMvMst92okZOWebCz0XDmMcHneNEKskz9egVmfwEgypjblrcRoQy0PFVE9TsGSQ7XlIeKJZliAqqbgBIxJo8AH7lEzBq7LGLH9uS8WNfkmF_7Tds_Wf_KWbcoiiSysEQ/s320/Carlo+V.png" style="float: right; height: 320px; margin: 0px 0px 10px 10px; width: 254px;" /></a>ava l'aspetto statuario, di Carlo V invece il grande carisma. L'ammirazione reciproca tra la contessa di Correggio e l'Imperatore fu tale che questi, nelle sue tre venute a Bologna, per ben due volte volle passare da Correggio, ospitato con tutti gli onori dai cittadini e da casa Gàmbara. </div>
<br />
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Componeva motti e sonetti e lettere per tutti; molte andate perse, ma parecchie ci sono pervenute, fornendoci tra l'altro preziose testimonianze sulle abitudini e modi di vivere del tempo, e una ricca testimonianza sull'evoluzione della nostra lingua che andava pian piano sganciandosi dal latino negli scritti di ufficialità. La grande stima e soggezione che aveva per Carlo V la trasferì in un sonetto che compose nel 1526, all'indomani della pace di Madrid siglata tra i due re. Con quel trattato di pace, Veronica si era illusa che, finalmente, si sarebbe giunti alla pace universale tanto agognata da tutti. Questo il sonetto:
<br />
<br />
<em>Vincere i cor più saggi e i Re più alteri,
<br />Legar con l'arme e scioglier con la pace,
<br />Dargli e tor libertà quando a voi piace,
<br />Esser dolce agli umili, acerbo ai fieri;
<br />
<br />Che pajan falsi appo de' vostri veri
<br />Gli onori altrui; che di virtù la face
<br />Viva si accesa in voi, che ancor vi spiace
<br />De l'error l'ombra e del vizio i pensieri;
<br />
<br />Nasce, Signor, da unir la salda mente
<br />Con l'eterno voler; far poca stima,
<br />Che ceda al suo valor l'empia fortuna.
<br />
<br />Onde sarà la gloria vostra prima
<br />In terra, e l'alma il ciel sovra ciascuna,
<br />Quella d'onor, questa d'amore ardente.
</em>
<br />
Nel luglio del 1532, tornando Verola in possesso della sua famiglia d'origine, fece un viaggio di ritorno al paese natio. Vi mancava da più di vent'anni e l'impressione unita a commozione fu tale, che compose la seguente poesia in suo onore, di chiara intonazione petrarchesca:
<br />
<br />
<em>Con quel caldo desio che nascer suole
<br />Nel petto di chi torna, amando, assente
<br />Gli occhi vaghi a vedere, e le parole
<br />Dolci ad udir del suo bel foco ardente,
<br />Con quel, proprio voi, piagge al mondo sole,
<br />Fresc'acque, ameni colli, e te, possente
<br />Più d'altra ch'l sol miri andando intorno,
<br />Bella e lieta cittade, a veder torno.
<br />
<br />Salve, mia cara Patria, e tu, felice,
<br />Tanto amato dal ciel, ricco paese,
<br />Che a guisa di leggiadra alma fenice,
<br />Mostri l'alto valor chiaro e palese;
<br />Natura, a te sol madre e pia nutrice,
<br />Ha fatto a gli altri mille gravi offese,
<br />Spogliandoli di quanto avean di buono
<br />Per farne a te cortese e largo dono.
<br />
</em>In "Fresc'acque, ameni colli" si scorge chiaramente l'influsso del <a href="http://ecopolfinanza.blogspot.com/2009/06/itinerari-turistici-riposanti.html">Chiare, fresche et dolci acque</a>.
</div>
Da lì in poi, e quindi dal 1532 al 1540, si dedicherà alla poesia impegnata, quasi aborrendo i frivoli versi scritti nell'età giovanile. Nel sonetto che segue descrive infatti tutto il rammarico e disappunto per essersi persa in gioventù in quelle "sciocche rime". Ed è chiaro il riferimento a quando scriveva mottetti per il buffone Baron, di corte Gonzaga, o le canzonette per Isabella d'Este in Gonzaga, che da giovane si dilettava in canzonette, e prediligeva i versi composti da Veronica. Insomma, da quel 1532 la Poesia per Veronica Gàmbara è diventata una cosa molto seria, e scriverà, tra le sue innumerevoli composizioni:
<br />
<br />
<em>Mentre da vaghi e giovenil pensieri
<br />Fui nodrita, or temendo, ora sperando,
<br />Piangendo or trista, ed or lieta cantando,
<br />Da desir combattuta or falsi, or veri,
<br />
</em><em>Con accenti sfogai pietosi, e seri
</em><em>I concetti del cor, che spesso amando
<br />Il suo male assai più che 'l ben cercando,
<br />Consumava dogliosa i giorni interi.
<br />
<br />Or che d'altri pensieri, e d'altre voglie
<br />Pasco la mente, a le già care rime
<br />Ho posto, ed a lo stil, silenzio eterno.
</em><br />
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<em>E se allor vaneggiando, a quelle prime</em></div>
<div align="justify">
<em>Sciocchezze intesi, ora il pentirmi toglie</em></div>
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<em>Palesando la colpa, il duolo interno.</em></div>
<br />
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Nella parte conclusiva della sua vita (1540-1550) c'è da rilevare l'abbandonarsi di Veronica alla religione. Questo è quel periodo, accennato all'introduzione, sul quale torneremo. Qui trascrivo solamente un suo significativo sonetto:<strong>
</strong>
<br />
<em>Ite, pensier fallaci, e vana speme,
<br />Ciechi ingordi desiri, accese voglie;
<br />Ite, sospiri ardenti, acerbe doglie,
<br />Compagni sempre a le mie eterne pene;
<br />
<br />Ite, memorie dolci, aspre catene
<br />Al cor che pur da voi or si discioglie,
<br />E 'l fren de la ragion tutto raccoglie,
<br />Smarrito un tempo, e 'n libertà ne viene.
<br />
<br />E tu, povr'alma in tanti affanni involta,
<br />Slegati omai, e al tuo Signor divino
<br />Leggiadramente i tuoi pensier rivolta;
<br />
<br />Sforza animosamente il fier destino,
<br />E i lacci rompi; e poi leggiera e sciolta
<br />Rivolgi i passi a un più sicur cammino.
<br />
</em>Nonostante, come detto, Il Correggio sia stato il pittore ufficiale di corte Gàmbara, pare non vi sia di Veronica alcun ritratto. Si ha soltanto notizia certa di un quadro da lei commissionato all'Allegri, che doveva rappresentare una <strong>Maddalena nel deserto; </strong>ma esso è andato disperso.</div>
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</div>
<div align="justify">
Bibliografia: La Signora della Poesia, di Daniela Pizzagalli, Editore Rizzoli, 2004. </div>
<div align="justify">
Immagini - dall'alto: Ritratto di dama; Correggio (1517-1518), da Wikipedia
<br />
Francesco I di Francia - 1525 circa - da Wikipedia</div>
<div align="justify">
Carlo V - da Wikipedia
<br />
Ulteriori fonti d'informazione: <a href="http://www.cristinacampo.it/public/veronica%20gambara.pdf">Cristinacampo.it</a> </div>
<br />
<strong><span style="color: red;">Cliccando qui, si accede alle <a href="http://www.letteraturaitaliana.net/pdf/Volume_4/t89.pdf">Rime di Veronica Gambara,</a> tramite il sito Letteratura Italiana.</span></strong><br />
<strong><span style="color: red;"></span></strong><br />
<strong><span style="color: black;">Dal Diario del 15 novembre 2010</span></strong>marshallhttp://www.blogger.com/profile/18114663981457754109noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6377630068917367727.post-25828517128439924912010-10-18T10:29:00.003+02:002010-10-18T11:20:19.522+02:00Pennellata d'autore<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpyUmR9mqw6vHEn2BlprnNhy09ZFOOS9PDAeRRG8il4Co3X6qeOCmpKP7VXShcFgBLXNZmlSaWSb8iimISuQUqZACoI_sKBhkxldog5kyFaTcMFqez-pqUj9tqAK65Mno2jkfw050egBY/s1600/Oria+in+Valsolda.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 240px; DISPLAY: block; HEIGHT: 159px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5529309841275274338" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpyUmR9mqw6vHEn2BlprnNhy09ZFOOS9PDAeRRG8il4Co3X6qeOCmpKP7VXShcFgBLXNZmlSaWSb8iimISuQUqZACoI_sKBhkxldog5kyFaTcMFqez-pqUj9tqAK65Mno2jkfw050egBY/s320/Oria+in+Valsolda.jpg" /></a><br /><div>Da Piccolo Mondo Antico - Parte seconda, capitolo II (*)</div><br /><div></div><div><span style="font-size:130%;color:#000000;"><strong>La sonata del chiaro di luna e delle nuvole</strong></span></div><br /><div><span style="font-size:130%;"></span></div><div align="justify"><span style="font-size:130%;"><span style="font-size:100%;">Il sole calava dietro al ciglio del monte Brè e l'ombra oscurava rapidamente la costa precipitosa e le case di Oria, imprimeva, violacea e cupa, il profilo del monte sul verde luminoso delle onde che correvano oblique a ponente, grandi ancora ma senza spuma, nella <em>breva </em>stanca. Casa Ribera si era oscurata l'ultima. Addossata ai ripidi vigneti della montagna, sparsi d'ulivi essa cavalca la viottola che costeggia il lago, e pianta nell'onda viva una fronte modesta, fiancheggiata a ponente, verso il villaggio, da un giardinetto pensile a due ripiani, a levante, verso la chiesa, da una piccola terrazza gittata su pilastri che inquadrano un pezzo di sagrato. Entra in quella fronte una piccola darsena dove allora si dondolava, fra lo schiamazzar delle onde, il battello di Franco e Luisa. Sopra l'arco della darsena una galleria sottile lega il giardinetto pensile di ponente alla terrazza di levante e guarda il lago per tre finestre. La chiamavan loggia, forse perchè lo era stata in antico. La vecchia casa portava incrostati qua e là parecchi di questi venerandi nomi fossili che vivevano per la tradizione e figuravano, nella loro apparente assurdità, i misteri nella religione delle mura domestiche. Dietro alla loggia vi ha una sala spaziosa e dietro alla sala due stanze: a ponente il salottino da pranzo tappezzato di piccoli uomini illustri di carta, ciascuno sotto il proprio vetro e dentro la propria cornice, ciascuno atteggiato dignitosamente a modo degl'illustri di carne e d'ossa, come se i colleghi nemmanco esistessero e il mondo non guardasse che a lui; a levante la camera dell'alcova dove accanto agli sposi dormiva nel proprio letticciuolo la signorina Maria Maironi nata nell'agosto del 1852.</span></span></div><br /><div><span style="font-size:130%;"><span style="font-size:100%;">...</span></span></div><div><span style="font-size:130%;"><span style="font-size:100%;"></span></span> </div><div><span style="font-size:130%;"><span style="font-size:100%;">(*) Arnoldo Mondadori Editore </span></span></div><div> </div><div>Foto: FAI Fondo Ambiente Italiano - Proprietari di Villa Fogazzaro (in primo piano) in Oria Valsolda, Como, con accesso diretto al lago.</div>Marenzohttp://www.blogger.com/profile/01521551100190498154noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6377630068917367727.post-12605651313232250262010-10-04T22:55:00.024+02:002010-10-05T18:14:21.831+02:00Villa Fogazzaro Roi, un patrimonio da salvare<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"></div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; text-align: justify;">Pubblichiamo questo breve post dal blog di Marshall, che è la risposta dell'autore ad un post di <strong>Hesperia</strong> sul <strong>Giardino delle Esperid</strong>i. Si è poi scoperto che la Villa fa parte di uno dei quattro beni da salvare, di proprietà del <strong>FAI Fondo Ambiente Italia</strong>. Le donazioni al FAI vanno fatte entro il 31 ottobre.</div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; text-align: justify;"><br />
</div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; text-align: justify;">Oggi il Tg5 ha parlato di questa villa ubicata ad <strong>Oria in Valsolda, sul lago di Lugano</strong>, facente parte del patrimonio del FAI Fondo Ambiente Italia, al quale è stata donata tempo addietro dall'erede di <strong>Antonio</strong> <strong>Fogazzaro</strong>, il pronipote marchese Giuseppe Roi, scomparso lo scorso anno. Questo post è anche la risposta indiretta al titolo/domanda del post di Hesperia, pubblicato sul Giardino delle Esperidi, la quale si chiede: che cos'è la letteratura?.</div><div class="separator" style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgCb2zZ-Mc-vo46-1p1hzuFFilDAK5f3CtkgoEKQN17nI06nZWM6bcl5B2I4wxtdUTgmJEDkboul-8EQls2bgKSL_QZhrB2L2NBw65SBVfflybyJw9V1sg3sotrCdpcA2z6AHyge4Padng/s1600/villa+del+fogazzaro.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; cssfloat: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="212" px="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgCb2zZ-Mc-vo46-1p1hzuFFilDAK5f3CtkgoEKQN17nI06nZWM6bcl5B2I4wxtdUTgmJEDkboul-8EQls2bgKSL_QZhrB2L2NBw65SBVfflybyJw9V1sg3sotrCdpcA2z6AHyge4Padng/s320/villa+del+fogazzaro.jpg" width="320" /></a></div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; text-align: justify;">Fino a ieri per me sarebbe stato fin troppo facile (e retorico) rispondere che la letteratura è<strong> Manzoni</strong>; oggi invece con altrettanto entusiasmo risponderei che la letteratura è<strong> Fogazzaro</strong>; domani chi lo sà cosa risponderei? Ho ripreso in mano da poco la lettura del suo capolavoro:<strong> Piccolo Mondo Antico</strong>. L'ho preso in mano da quando mi è nata quella sorta di innamoramento per il <strong>lago di Como</strong> e di quella sua specie di allungamento (così almeno si potrebbe intendere consultando le carte geografiche) che è il <strong>lago di Lugano</strong>. La sua sponda orientale, da <strong>Valsolda</strong> a <strong>Porlezza</strong>, è rimasta incredibilmente italiana, e credo lo resterà per sempre, nonostante forze centrifughe potrebbero far scaturire il tentativo di farla staccare dall'Italia, magari con le fin troppo facili lusinghe che una sua associazione alla Confederazione Elvetica renderebbe loro la vita più semplice. Ma tante sono le vicende storiche che legano imperituramente quella parte del lago di Lugano a <strong>Milano</strong>, e quindi all'<strong>Italia</strong>. Ma questo sarà il tema che cercherò di sviluppare in un prossimo post.</div><div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; text-align: justify;">Concludendo, personalmente leggo molto più volentieri romanzi che oltre ad avere una trama plausibile, mi facciano anche conoscere luoghi reali, ma a me sconosciuti. E in questo vedo che <strong>Fogazzaro</strong> è stato un maestro, alla pari del <strong>Manzoni</strong>. E andando a tempi più recenti, altrettanto bravi nel descrivere luoghi e località, siti e ambienti sono stati <strong>Bassani, Bacchelli, Pontiggia</strong>; e chi più ne sa, più ne metta.</div><div style="text-align: justify;">Concludendo ancora, forse avrei posto la domanda in altri termini: quale funzione deve avere la letteratura, oltre a quella di svagare? Risposta semplice, quanto lapalissiana: quella d'insegnare.</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;"><strong><em>La foto proviene dal sito istituzionale del FAI</em></strong></div>aquaeductushttp://www.blogger.com/profile/01977847432854549767noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-6377630068917367727.post-51538167982835697842010-10-02T21:36:00.003+02:002010-10-02T21:39:07.371+02:00Madonna del Castagno, Muggiòpostato da Marshall<br />
<a href="http://ecopolfinanza.blogspot.com/2010/10/madonna-del-castagno-muggio.html#links">http://ecopolfinanza.blogspot.com/2010/10/madonna-del-castagno-muggio.html#links</a><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhSbee6HZS8YqZ_8-iaeN-cLwJyUUeDxOk8NceMaI4NZYRZkJgAggKn6Q4rscsRZjs9kjowFmp9kzn0o4cU3rPBbj0x4966yRfvCm15VEHPA3-B7P3f-QhaYeL3yLqaVP5onRwUl_pDQNZr/s1600/madonna+castano+muggi%C3%B2+panoramio.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; cssfloat: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="246" px="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhSbee6HZS8YqZ_8-iaeN-cLwJyUUeDxOk8NceMaI4NZYRZkJgAggKn6Q4rscsRZjs9kjowFmp9kzn0o4cU3rPBbj0x4966yRfvCm15VEHPA3-B7P3f-QhaYeL3yLqaVP5onRwUl_pDQNZr/s320/madonna+castano+muggi%C3%B2+panoramio.jpg" width="320" /></a></div><div style="text-align: justify;">Muggiò, ridente cittadina brianzola, alle porte occidentali di Monza, oggi è quasi totalmente invasa dal cemento, con esclusione di sprazzi di verde ai confini coi comuni confinanti di Nova Milanese, Cinisello Balsamo, Desio, Lissone, Monza. Anche il cuore cittadino è un polmone verde, occupato com'è dal mirabile parco pubblico con collinetta interna, fiancheggiato dalla stupenda Villa Casati Stampa, ora monumento nazionale, acquisita e ristrutturata decenni or sono dal Comune di Muggiò che vi ha insediato i propri uffici.</div><div style="text-align: justify;">Il territorio di Muggiò nel passato dev'essere stato assai ricco di castagni. Vi è infatti un <strong>Santuario</strong> dedicato alla<a href="http://www.santuarimariani.org/sm-italia/lombardia/milano/eu-i-indicediocesimilano.htm"> Madonna del Castagno</a>, le cui origini risalgono ad un'epoca remota, al XVI secolo, ai tempi della controriforma. Vi è avvenuto un evento straordinario, sul cui luogo il popolo eresse una cappella votiva. Nel '700, il conte<a href="http://www.storiadimilano.it/citta/porta_orientale/bolagnos.htm"> Giuseppe Bolagnos</a>, trasformò la cappella nell'attuale chiesetta, dedicandola alla <strong>Beata Vergine Addolorata</strong>. Il bel viale pedonale d'accesso, che corre in parallelo a via Libertà, un tempo era chiamato viale Rimembranze, ed è stato rinominato <strong>Viale del Castano</strong>, forse in virtù dei bei castani che rigogliosi fiancheggiano il vialetto (il tutto è visibile attraverso <strong>Google Maps View</strong>). Esso infatti corre in mezzo a due filari di enormi <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Castanea_sativa#Alberi_monumentali">castagni monumentali</a>, fiancheggiando la strada intercomunale che collega Muggiò a Desio. Provenendo da Desio, la strada termina in prossimità del trafficato incrocio semaforizzato con via Italia. In conseguenza di ciò, nelle ore di punta, quella zona cittadina sarebbe impregnata dei gas di scarico delle automobili, se non ci fossero quegli alberi a mitigarne il nefasto effetto. Ai piedi dei castani sono stati posti recentemente cippi in pietra con targhe nominali riportanti i nomi di 61 muggioresi morti durante la guerra del '15-'18. Al termine del vialetto (vedi foto) vi è situata la chiesetta.</div><br />
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Foto di Lido Pierucci, da <a href="http://www.panoramio.com/user/362582?with_photo_id=1906078">Panoramio</a>aquaeductushttp://www.blogger.com/profile/01977847432854549767noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6377630068917367727.post-44639179146067680822010-09-26T22:30:00.015+02:002010-09-27T18:18:16.729+02:00Alla riscoperta di Guareschi<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhJPiYfCO6naII8YObz2Kq0xDQFWB3XD0saAxY87FPX2-x583Tm76p0yYr29l_CBhQkLtGbbYTNaPmKz_80PI4StEJ_6dy9SoyVISx1rAATXkMtbHpeaNBOcugWYYp6PE72AKVNrMdNqRU/s1600/peppone+e+don+camillo.jpg"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 205px; DISPLAY: block; HEIGHT: 246px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5521604734118870770" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhJPiYfCO6naII8YObz2Kq0xDQFWB3XD0saAxY87FPX2-x583Tm76p0yYr29l_CBhQkLtGbbYTNaPmKz_80PI4StEJ_6dy9SoyVISx1rAATXkMtbHpeaNBOcugWYYp6PE72AKVNrMdNqRU/s320/peppone+e+don+camillo.jpg" /></a><br /><div>Nota introduttiva </div><div style="TEXT-ALIGN: justify">Conobbi tempo fa l'amministratore di questo blog. Avvenne in una certa occasione, al termine della quale ci ritrovammo a conversare di <strong>Guareschi, </strong>del suo travaglio ed epopea umana, discorrendo alfine delle sue opere, e di <strong>Candido </strong>in particolare. Da quel momento, da quella comunanza d'interessi è nata questa amicizia. Da tempo mi chiedeva di partecipare attivamente al suo blog, come "scrittore" e non solo come lettore. Quale occasione migliore di iniziare questa sorta di collaborazione, se non quella di riparlare di <strong>Guareschi?</strong></div><br /><div style="TEXT-ALIGN: justify">L'occasione mi è stata propiziata da una mostra dedicata a <strong>Guareschi</strong>, in corso presso <strong>Villa Vertua Masolo di Nova Milanese</strong>. Ideatori e organizzatori sono un gruppo di amici di <strong>Nova Milanese</strong>, o orbitanti intorno ad essa, accomunati dalla passione/piacere di divulgare la "<strong>Cultura</strong>". La missione del sodalizio è implicita nel nome che si sono dati "<a href="http://www.associazionefelicitamerati.it/">Associazione Culturale Felicita Merati</a> ". </div><br /><div style="TEXT-ALIGN: justify">Usando parole loro: "<em>L'associazione culturale Felicita Merati nasce dal desiderio di un gruppo di amici di condividere e sostenere, quei principi che il Papa ha definito "non negoziabili", vita, famiglia, libertà educativa". </em></div><br /><div style="TEXT-ALIGN: justify">Dall'estate 2008, un più vasto pubblico ha cominciato ad interessarsi con passione di Guareschi; da quando il quotidiano <strong>Libero, </strong>nella primavera del 2008, aveva acceso un potente faro sullo scrittore, dedicandogli elogi e una grande retrospettiva consistita nella ristampa anastatica di quattordici numeri di <strong>Candido</strong>. La ristampa, che veniva allegata al quotidiano, andava però a ruba appena il giornale arrivava in edicola: penso siano stati i collezionisti a fare man bassa del quotidiano, per accaparrarsi l'allegato. Ero riuscito a procurarmene una sola copia, che conservo gelosamente; nè la redazione di Libero aveva più disponibiltà quando la cosultai.</div><br /><div style="TEXT-ALIGN: justify">Prima di quell'estate, durante la quale Vittorio Feltri lo ebbe a rilanciare alla grande, con entusiastica passione, l'immagine dell'uomo/scrittore, cronista, vignettista e umorista <strong>Giovannino Guareschi, </strong>la conoscevo soltanto attraverso la trasposizione cinematografica dei due"grandi" personaggi dei suoi romanzi: <strong>Peppone e Don Camillo</strong>. Per il resto, ben poco di lui sapevo. Tanto è vero che anni fa, quando ancora non conoscevo come oggi <strong>Guareschi,</strong> girando per le bancarelle dell'usato, m'imbattei in un suo romanzo che parlava di giovani. Mi soffermai a sfogliarlo; evidentemente c'era già in me il desiderio di conoscere più approfonditamente l'ideatore degli eroi dei miei film preferiti; restai perplesso per quel titolo che non aveva a che fare con i miei eroi: Peppone e Don Camillo; e non diedi neanche peso ad un particolare del quale ebbi poi modo di pentirmi fortemente. C'era una strana dedica su quel libro: un lungo pensiero rivolto all'autore del romanzo, che terminava con la dedica autografa di un "certo" "Giovanni Mosca". Cioè, Giovanni Mosca, che l'indomani seppi chi era, dedicava quel libro, con quel pensiero all'autore stesso del libro. Credo di essermi fatto scappare un pezzo da collezione, ma, fortunatamente, conosco il possessore di quel libro. </div><div style="TEXT-ALIGN: justify">La mostra è bene ubicata e ben strutturata. Posta al piano seminterrato di una splendida villa d'epoca, acquisita anni addietro dal comune di Nova, si sviluppa in un facile percorso pedagogico guidato (a libera scelta). Si parte con la retrospettiva da spezzoni di scene di film e filmati, per poi inoltrarsi nella visualizzazione di ampi cartelli disposti lungo le pareti ed al centro della sala. Sono riproduzioni ingrandite di vignette - quasi sempre a carattere satirico umoristico, improntato però sempre alla diffusione o critica d'idee, e mai comunque offensive verso la specifica persona. Un classico, ad esempio, è la vignetta umoristica contro il presidente della repubblica Einaudi, che aveva creato etichette "promozionali" per il vino di sua produzione, chiamandolo "Il vino del Presidente". Vi sono vignette relative alla sua esperienza militare e di quelle disegnate durante o in ricordo delle sue prigionie nei lager e in Italia nel 53-54, che a volte spiegano meglio di uno scritto del travaglio subito. E' bene ricordare che Guareschi è morto alla ancor giovane età di 60 anni per infarto cardiaco, dopo aver sopportato per molti anni un'ulcera che aveva acquisito sicuramente durante la prigionia nei lager.</div><br /><div style="TEXT-ALIGN: justify"></div><div style="TEXT-ALIGN: justify">La mostra è in corso dal 18 settembre fino al 3 ottobre, nei seguenti orari:</div><div style="TEXT-ALIGN: justify">dal lunedì al venerdì dalle 21.00 alle 23.00, sabato e domenica dalle 15.00 alle 23.00.</div><div style="TEXT-ALIGN: justify">Visite Guidate dedicate a comitive, scolaresche e gruppi – per informazioni telefonare a: 346.8531871 – 338.8853803 – 339.8555045 – 335.790986</div><div style="TEXT-ALIGN: justify"> <a href="http://www.associazionefelicitamerati.it/">http://www.associazionefelicitamerati.it/</a></div><div style="TEXT-ALIGN: justify"> </div><div style="TEXT-ALIGN: justify"></div><div style="TEXT-ALIGN: justify"><a href="http://docs.google.com/viewer?a=v&q=cache:wJwgcuwgD8EJ:www.giovanninoguareschi.com/bibliografia2009.pdf+guareschi+bibliografia&hl=it&gl=it&pid=bl&srcid=ADGEESgGy-mjeI7EZXWMyivUKEOVsUWzPkTD7HXzeN0Ch5q2hI4QBD37uMh2aJCYbYN9z6aUkecBktfeZE9or0wPxhlk5HByEtLUNaD20rEgI9VzET_k_zgTcoObnF4lNBI33eDqzSWP&sig=AHIEtbRgExwNjWmFoFF2Ey2KNclroIlGMg">Qui la Bibliografia mondiale su Guareschi</a><br />Eugenio Bandini, invitato il 17 settembre scorso alla presentazione della mostra, ha scritto molto su Guareschi. Di seguito i titoli di alcuni dei suoi articoli giornalistici, tratti dal documento sopra:</div><div style="TEXT-ALIGN: justify"><em>- Ma Guareschi è uno scrittore o no?,</em> da Polis n.12 (Parma), 31 marzo 2000. </div><div style="TEXT-ALIGN: justify"><em>- Guareschi inedito - amore guerra e avventura nel romanzo "sudafricano", </em>da Libero, 1° novembre 2007, pp. 1 28-29.</div><div style="TEXT-ALIGN: justify"><em>- "Quel Cervi è troppo bello per essere un comunista", </em>da Libero, 1° febbraio 2008, pp.26-27.</div><div style="TEXT-ALIGN: justify">- <em>Guareschi inedito - I dubbi di Peppone l'americano, </em>da Libero, 7 marzo 2008, pp.28-29.</div><div style="TEXT-ALIGN: justify"><em>- Diario del lager - il libro segreto di Guareschi per sopravvivere ai nazisti, </em>da Libero, 26 marzo 2008, pp.30-31.</div><div style="TEXT-ALIGN: justify">- <em>Il cinema ritrovato degli eroi di Guareschi</em>, da Libero, 20 giugno 2008, p.27.</div><div style="TEXT-ALIGN: justify"><em>- Non potevi fare lo stagnaro? chiede la moglie a Guareschi, </em>da "l'Europeo", 17 luglio 1955. </div><div style="TEXT-ALIGN: justify">Come vedete, sono titoli significativi, dai quali è possibile farsi un'inquadratura del personaggio/uomo Guareschi.</div><br /><div style="TEXT-ALIGN: justify"></div><div style="TEXT-ALIGN: justify">(a seguire) </div><div style="TEXT-ALIGN: justify"></div><div style="TEXT-ALIGN: justify">sopra: Peppone e Don Camillo, dalla locandina della mostra</div>Marenzohttp://www.blogger.com/profile/01521551100190498154noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6377630068917367727.post-31011620799358374332010-06-13T10:21:00.002+02:002010-06-13T21:06:42.612+02:00La prova ontologica d'Anselmo d'Aosta<div style="text-align: justify;">“Questa cosa dunque esiste in modo così vero che non si può pensare che non esiste. Infatti si può pensare che esista qualcosa che non si può pensare non esistente; ma questo è maggiore di ciò che si può pensare non esistente. Perciò, se ciò di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore può essere pensato non esistente, ciò di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore non è ciò di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore. Allora, ciò è contraddittorio. Perciò qualcosa di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore esiste in modo così vero che non si può pensare non esistente.” [Anselmo, <span style="font-style: italic;">Proslogion</span>, cap.III, BUR, Milano, Rizzoli, 1992, pp. 86.]</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">La prova ontologica è una dimostrazione logica dell'esistenza dell'essere parmenideo, poi divenuta nella teologia medievale una forma di dimostrazione a priori dell'esistenza di Dio. La paternità di tale prova risale al <span style="font-style: italic;">Proslogion</span> dell’ecclesiastico Anselmo d'Aosta (1033-1109), scritto attorno al 1077.</div><div style="text-align: justify;">Anselmo argomenta che anche l’ateo che nega Dio nella sua mente formula l’idea della divinità intesa quale Essere Supremo e Perfetto. Egli parte da ciò che sviluppare una forma di dimostrazione negativa o <span style="font-style: italic;">per absurdum</span>. Si ammetta per ipotesi che Dio, «ciò di cui non si può pensare il maggiore» esista nel solo intelletto, e non nella realtà. Tuttavia, ciò comporta una contraddizione, in quanto ciò di cui non è possibile concepire nulla di superiore non può esistere soltanto nell’intelletto. Infatti, l’esistere nella realtà è ancora superiore a quello della semplice esistenza mentale. Se quindi ciò di cui è impossibile concepire un ente superiore esiste soltanto nel pensiero umano, si dice che ciò di cui è impossibile concepire un ente superiore è ciò di cui in realtà è possibile concepire un ente superiore, il che comporta una contraddizione. Pertanto, ne consegue che l’essere di cui è impossibile concepire un ente superiore esiste assieme nella mente e nella realtà.</div><div style="text-align: justify;">Dovendo dimostrare l'esistenza di Dio, ovvero l’Ente Primo e Perfetto, Anselmo ritiene di dover compiere una dimostrazione a priori e quindi non basata sui sensi e l’empiria, ritenuta l'unica in grado di dimostrare il fondamento ontologico di tutto l’esistente. La sua scelta di compiere la dimostrazione in forma negativa ovvero <span style="font-style: italic;">per absurdum</span> gli permette inoltre di svilupparla evitando di porre precedenti assiomi o teoremi e basandosi unicamente sulla ragione e la logica, coi suoi principi fondamentali di non contraddizione e del terzo escluso.</div><div style="text-align: justify;">Le premesse intellettuali della dimostrazione anselmiana sono quelle del neo-platonismo, con la sua nozione di intellectus/nous, che comporta come l’esistere nel pensiero sia già realmente esistere. Da ciò consegue che l’esistenza della nozione di Dio nel pensiero esiga logicamente che si afferma l’esistenza divina effettiva nella realtà. Il neo-platonismo ha sempre postulato l’esistenza nell’uomo di una precisa gerarchia delle facoltà, organizzate in modo scalare (Classica quella di <span style="font-style: italic;">voluntas/affectus, mens/ratio, intellectus/spiritus</span>; volontà ed emotività; mente e ragione; spirito. Tale distinzione è paragonabile, <span style="font-style: italic;">mutatis mutandis</span>, a quella fra inconscio, conscio e trans-conscio.), in cui la gnoseologia ricalca l’ontologia, anzi l’opposto, poiché nel neo-platonismo il conoscere è superiore all'essere. Lo spirito permette di cogliere con conoscenza diretta ed assoluta le verità trascendenti, poiché esiste in esse. I principi metafisici sono quindi dimostrabili e conoscibili logicamente allo stesso modo di quelli matematici e trovano ambedue perfetta manifestazione razionale. Il neo-platonismo quindi può giungere ad esprimere l’idea di una gnosi, intesa quale conoscenza diretta della verità trascendente, che di per sé esclude la fede, considerata quale una forma gnoseologica inferiore ed imperfetta in quanto costituita appunto dal credere senza averne conoscenza ed esperienza intellettuale.</div><div style="text-align: justify;">La prova ontologica di Anselmo d’Aosta a distanza di mille anni continua ad essere dibattuta, trovando favorevoli ed oppositori. Già quando il grande pensatore era in vita egli ebbe un avversario nel monaco Gaunilone. In seguito, grandi autori come Bonaventura da Bagnoregio, Cartesio, Leibniz, Hegel hanno accettato e riformulata a proprio modo la dimostrazione anselmiana, mentre invece altri, come Tommaso d’Aquino, Locke e Kant l’hanno respinta, ognuno a proprio modo.</div><div style="text-align: justify;">Fra i sostenitori dell’argomentazione anselmiana si ritrova anche il grande logico Kurt Gödel. Egli, che rivoluzionò la matematica con i suoi principi, era filosoficamente un neo-platonico, e matematicamente un platonista: riteneva che le verità matematiche fossero universali, eterne e trascendenti, scoperte ma non create dall’uomo. Gödel tentò anche una prova filosofica dell’esistenza di Dio. Egli concepì l’Essere come una proprietà necessaria e costitutiva in sé e per sé, da porre a fondamento del pensiero logico e dell'ordine matematico dell'universo. La sua ontologisches Beweis, ossia la dimostrazione dell'esistenza di Dio, è strutturata su di un rigoroso teorema logico-formale, secondo i principi della logica modale. </div><div style="text-align: justify;">È degno di nota che tali elaborazioni intellettuali europee trovino forti somiglianze nell’interpretazione filosofica della matematica indiana, a cui si deve, fra l’altro, l’invenzione dello “zero”. Anch’essa postula la possibilità di provare le verità metafisiche in forma logico-formale.</div>Marco De Turrishttp://www.blogger.com/profile/16326597724723064689noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-6377630068917367727.post-62701091354663970412010-06-09T12:53:00.002+02:002010-06-09T12:58:45.924+02:00De Marchi, Pianelli e la loro cittàlink dell'originale<br />
<a href="http://de-marchi-pianelli-e-la-loro-citta.html/">De Marchi Pianelli e la loro città</a><br />
<h3><a href="http://sarcastycon3.files.wordpress.com/2010/06/acasa2.png"></a><a href="http://sarcastycon3.files.wordpress.com/2010/06/acasa0.png"><strong><img alt="" class="aligncenter size-full wp-image-1005" height="383" src="http://sarcastycon3.files.wordpress.com/2010/06/acasa0.png" title="acasa0" width="666" /></strong></a></h3><h3 style="text-align: justify;"> </h3><h3 style="text-align: justify;"><span style="clear: right; color: blue; cssfloat: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img alt="" class="alignright size-full wp-image-1007" height="400" src="http://sarcastycon3.files.wordpress.com/2010/06/acasa11.png" title="acasa1" width="331" /></span><span style="color: blue;">Quando parlo di Milano, in maniera entusiastica, come di una delle più belle città del mondo, c'è sempre qualcuno che alfine mi contraddice, dicendomi: "Ma da quanto tempo manchi da Milano? Io non la vedo poi così bella".<br />
In effetti, quando penso a com'era corso Buenos Aires, negli anni '70, rispetto ad oggi, un pò di ragioni forse le hanno. Il Corso era chiamato la vetrina dei milanesi, quando ancora non era scoppiato il boom dei supermercati. A quell'epoca dominava ancora incontrastata La Rinascente, quotata da decenni, e per tanti anni successivi ancora, alla borsa valori di Milano: era uno dei titoli più solidi e più sicuri. <br />
In quegli anni '70 percorrevo il corso in lungo e in largo, passando incantato da una vetrina all'altra in cerca di novità, che in periferia, e nei paesi limitrofi non erano ancora arrivate. Era anche il tempo in cui f</span><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEja7TfniN5ZiATJ2VUNUq0XQjDRONDbXDzUAwCyTmYfsSAXVU7gQd6dTUW7gJMZnjhhnP1y3Tv2prPSHIl0EG4OIPnQ-djwG_uGzQiuDLqihIvCeMVn_S8LIPTUulJxmS2VJ1gZX3seODAX/s1600/scritta+su+casa+de+marchi.jpg"></a><span style="color: blue;">acevo parte della claque, e, spesse volte, o in</span><span style="color: blue;"> </span><span style="color: blue;"> gruppo percorrevamo a piedi tutto il corso, passando dai portici di Porta Venezia, poi in corso Venezia, e quindi al Duomo, passando per San Babila:<span style="background-color: white;"><span style="color: black;"> com'era bella Milano<em>!</em></span></span> Risale a quegli anni il mio grande innamoramento per la città. Poi, come mi dissero, la calata degli incivili aveva rovinato Corso Buenos Aires. Era diventato bivacco di ambulanti provenienti da ogni dove; l'avevano trasformata in emporio a cielo aperto, senza che le autorità fossero in grado o avessero il potere o la voglia di por fine allo stato di degrado. Di tale sorta di sfacelo me ne accorsi una domenica di fine anni '90, quando tentai, con la famiglia, di rifare quel fantastico percorso. Tentativo vano e andato a vuoto: marciapiedi occupati da lenzuolate distese, con esposte le loro mercanzie, per lo più i soliti occhiali, binocoli, cappellini, magliette. E i passanti, e i passeggiatori del Corso costretti a fare lo slalom tra quelle lenzuolate; e guai a chi le sfiorava, anche soltanto per una semplice distrazione con un piede; sarebbe equivalso ad un affronto da lavare col sangue delle parolacce, o anche peggio. Ma chi erano gl'invadenti? Noi che volevamo passeggiare come sempre fatto, o loro che avevano invaso i marciapiedi impedendoci di camminare? Da quel giorno non siamo più andati a passeggio per il Corso. Son passati almeno dodici anni da quell'episodio, e chissà se ora la situazione è migliorata?<br />
Comunque sia, credo che Milano sia bella a prescindere da tutto questo, oltre che ad avere la pecca delle polveri sottili, che in taluni giorni ammorbano la città; e tutto questo, oggi più di ieri. Ma se poi la paragono a Londra, città che credevo più avanti di Milano in vari campi, o almeno per quanto riguarda la vivibilit</span><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgp75SQDbTEvX8d6jNYyyiEWyhkn7DIh5YZNbhC5eH5uYVUs6w4B7nscYKYUc6A7bOraILcDCuQ2pamRFOSsk_Q9IKBBhDwYUcFZoWqTOODuB3dCWNPugSATHIdHRzpVBBxCzHzqTNw5GsR/s1600/casa+de+marchi+paderno.jpg"></a><span style="color: blue;">à, grazie al meticoloso e particolareggiato post di Nessie,</span><a href="http://sauraplesio.blogspot.com/2010/05/lost-in-london.html"><span style="color: blue;">Lost in London </span></a><span style="color: blue;">, scopro che invece è seconda a Milano in vari punti. Le esperienze di viaggio di Nessie, racchiuse in quel post, mi hanno fatto molto ricredere su quelli che credevo punti di forza di Londra rispetto a Milano; tanto da farmi ritenere che la città meneghina non abbia nulla da invidiare alle altre grandi metropoli del mondo.</span></h3><a href="http://sarcastycon3.files.wordpress.com/2010/06/acasa2.png"><span style="color: blue;"></span></a><br />
<h3 style="text-align: justify;"><span style="clear: left; color: blue; cssfloat: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" class="alignleft size-full wp-image-1010" height="240" src="http://sarcastycon3.files.wordpress.com/2010/06/acasa2.png" title="acasa" width="320" /></span><span style="color: blue;">Tutto il mondo è paese, e nessuna città può fare tanto meglio più di altre in tema di vivibilità, viabilità, mezzi collettivi di trasporto: è sempre quel resoconto di Nessie, che mi porta a tale considerazione. Anche in tema di </span><a href="http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/09_settembre_10/ruota_panoramica_parco_sempione-1601752680079.shtml"><span style="color: blue;">ruota panoramica </span></a><span style="color: blue;">, la grande attrazione londinese, il divario sembra sia stato colmato, o lì per esserlo. E' anche a seguito di tali considerazioni che mi azzardo, con maggior vigore, col dire che Milano è una delle città più belle del mondo, a prescindere. Al prescindere da che cosa, potrebbe essere il tema di qualche altro post.<br />
<span style="background-color: white; color: black;">Emilio De Marchi</span>, lo scrittore che ho riscoperto di recente, mi ha fatto crescere l'innamoramento per Milano. Nel suo romanzo più famoso, <span style="background-color: white; color: black;">Demetrio Pianelli</span>, fa una descrizione particolareggiata della sua Milano, citando col loro vero nome locali, luoghi, vie, piazze, chiese. Parla delle vie <span style="background-color: white;">del</span> centro e di periferia (quella che però oggi fa parte del centro città); indugia su chiese, campanili e i suoni delle loro campane, sui tetti di Milano; descrive i navigli, all'epoca ancora a cielo aperto; declama i gatti di Milano e il cane di <span style="background-color: white; color: black;">Cesarino</span>, passato poi al fratello <span style="background-color: white; color: black;">Demetrio</span>. Una delle zone nevralgiche di Milano, richiamata in più riprese nel romanzo, è il</span><a href="http://www.milanopertutti.it/paginainterna.asp?m=1&s=4&tipo=itinerario2"><span style="color: blue;"> Carrobio </span></a><span style="color: blue;">(scritto così, come ha fatto De Marchi nel romanzo).</span></h3><h3 style="text-align: justify;"><span style="clear: left; color: blue; cssfloat: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" class="alignleft size-large wp-image-1015" height="253" src="http://sarcastycon3.files.wordpress.com/2010/06/acasa3.jpg?w=1024" title="acasa3" width="400" /></span><span style="clear: right; color: blue; cssfloat: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img alt="" class="alignright size-large wp-image-1012" height="346" src="http://sarcastycon3.files.wordpress.com/2010/06/acasa21.png?w=1024" title="acasa2" width="400" /></span><span style="color: blue;">Sono molti gli spunti di riflessione che si possono trarre dal romanzo. Si pensi soltanto al vecchio dazio, che De Marchi cita spesso nel romanzo e che sarà oggetto di un mio prossimo post. Meditavo su questi vari spunti, quando m'imbattei in un punto del romanzo che mi fece trasalire, facendomi abbandonare di botto ogni altra idea. Penso che Emilio De Marchi fosse andato anch'egli alla ricerca di una prova scientifica dell'esistenza di Dio. Trascrivo il brano, dal<span style="background-color: white; color: black;"> Demetrio Pianelli</span> (parte quarta, Capitolo 2), che lo farebbe supporre. In tale brano par di intravvedere un suo nascosto desiderio di ricercare tale prova. L'approccio lo fa per mezzo di Marco, <em>il celebre professor Fagiano di Sinigallia, il mago,</em> come osava autodefinirsi lui, e assistente della medium <em>Anita d'Arazzo, impareggiabile sonnambula</em>. Rivolto a Paolino delle Cascine, andato là per un consulto, nel momento del commiato<em>, </em>nell'atto di presentare al cliente tutte le "attrezzature scientifiche" di cui il gabinetto della medium dispone, gli dice:<br />
<em>"La tavola psicografica segna col semplice contatto della mano in cinque minuti tutte le risposte che si desiderano. E' uno dei più forti argomenti <span style="background-color: white; color: black;">per dimostrare l'esistenza di Dio e l'immortalità dell'anima.</span> Profondi filosofi, speculatori metafisici e benefattori dell'umanità hanno scoperto che la terra e il cielo sono popolati di spiriti buoni e di spiriti mali..., di spiriti superiori e di spiriti inferiori e quando un soggetto, previa una calda aspirazione al Creatore <span style="background-color: white; color: black;">di tutte le cose visibili e invisibili</span>, invita nel raccoglimento del suo pensiero con sommissione uno di questi spiriti o l'anima eterna di un caro estinto, sia ombra di grande illustre o vuoi poeta o condottiero di eserciti o anima di parente sepolto..."..."lo spirito tratto dalla simpatia e dalla coercizione non può a meno..." </em><br />
e qui s'interrompe il dialogo, Marco saluta Paolino delle Cascine, dopo averlo accompagnato alla porta.<br />
Di quanto poi avviene, mi attengo al silenzio, per non togliere il piacere delle tante sorprese a quanti vorranno leggere il romanzo.Dal brano si potrebbe ipotizzare che forse De Marchi, nel corso della sua vita, sia andato anche lui in cerca di una prova scientifica dell'esistenza di Dio. Un piccolo/piccolo tentativo è stato fatto da commentatori di questo e altri blog (</span><a href="https://www.blogger.com/comment.g?blogID=2297935329031162323&postID=8140075123157444741"><span style="color: blue;">vedere questo esempio</span></a><span style="color: blue;">).De Marchi era nato a Milano, ma aveva fatto di Paderno Dugnano la sua città d'elezione. Vi si trasferiva sempre, negli ultimi due mesi delle vacanze estive, per il suo clima più mite rispetto a Milano. A Paderno Dugnano, nella parte est del suo bel quadrilatero, racchiuso tra via IV Novembre, via Roma, via Gramsci e proseguimento di via Grandi c'è la villa De Marchi - Tavecchio (vedi foto). Tutta la zona racchiusa nel quadrilatero ha avuto sviluppi e cambiamenti notevoli negli ultimi trent'anni. Via Gramsci, dove è situata la villa dello scrittore, è stata fino ad una trentina d'anni fa una strada intercomunale stretta e pericolosa; era parte di una carrozzabile, alternativa della più famosa Strada Comasina, che ha antiche origini Romane e preromane. La strada partiva idealmente dalla casa di Alessandro Manzoni a Brusuglio, per poi passare da Cusano (Milanino) e da lì, a Paderno, passava davanti la casa del De Marchi. Attraversate le quattro frazioni in linea di Paderno, Dugnano, Incirano, Palazzolo, si arrivava a Bovisio Masciago, dopo essere transitati da Varedo, nella cui frazione Valera, in località ancor oggi relativamente amena, Gaetana Agnesi da Milano vi si era trasferita oltre</span><span style="color: blue;"> 10</span><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjoZJ0-hgBXNSYPQwU-1HaCrXW8uDflAVwUeV9nlMjvqM6aR9WEzBpCZuA749GeFForKbfUP3Bcay2z35WYiAd4qJOSyj8m4mYSPoWJSHyGq7x70dQxWRzP8OOYeXzeLXdx-mgPx-MYJe17/s1600/lapide+tomba+de+marchi.jpg"></a><span style="color: blue;">0 anni prima, per attendere ai suoi studi di matematica e analisi in piena tranquillità.Il visibile sforzo compiuto dalla comunità padernese nel corso degli ultimi trent'anni, per migliorare l'aspetto cittadino, ha ricreato di sana pianta il centro città, salvando però da demolizione il bello dell'antico, tra cui la casa del De Marchi, come risulta dalle foto pubblicate. Quel centro storico ricreato, dalla maggior parte dei padernesi è indicato come il <em>quadrilatero di Paderno Dugnano</em>. Al lato opposto del quadrilatero, rispetto alla casa dello scrittore, vi è la stazione ferroviaria, e vi scorre una ferrovia, la quale sta assumendo via via sempre maggior importanza. La linea che vi transita è presa d'assalto nelle ore di punta o in occasione di grandi eventi milanesi. Essa va a confluire nel Passante Ferroviario, che in quaranta minuti porta i passeggeri a <span style="background-color: white; color: black;">Rogoredo,</span> al capo opposto di Milano. Là, in località<span style="color: black;"> <span style="background-color: white;"><span style="background-color: white;">Melegnano </span>e Chiaravalle, Emilio De Marchi</span></span> vi aveva creato ambientazioni per il suo <span style="background-color: #f3f3f3; color: black;"><span style="background-color: white;">Demetrio Pianell</span>i</span>.All'interno del quadrilatero di Paderno Dugnano scorre, a cielo aperto, il </span><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Seveso_(fiume)Seveso"><span style="color: blue;">Seveso</span></a><span style="color: blue;">, fiume che ha avuto molta importanza nella storia di Milano; una storia che s'intreccia con quella dei navigli. Il corso cittadino del fiume è parecchio migliorato, rispetto a quegli anni '70-'80, anche se Legambiente ne denuncia il costante stato di degrado.<br />
Nell'ultima foto vi è la tomba di Emilio De Marchi, che si trova nel cimitero di Paderno Dugnano, e non in quello di Maggianico di Lecco, come scritto </span><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Emilio_De_Marchi_(scrittore"><span style="color: blue;">nell'enciclopedia on-line Wikipedia</span></a><span style="color: blue;">. A Maggianico di Lecco vi andava solamente talvolta in vacanza. A Paderno aveva casa, e, nei mesi di agosto e settembre di ogni anno, ultimi due mesi di vacanze estive, vi andava ad abitare.<br />
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<a href="http://ecopolfinanza.blogspot.com/2010/03/possibile-prova-scientifica.html"><span style="color: blue;">Possibile prova scientifica dell'esistenza di Dio</span></a><br />
<a href="http://sarcastycon3.wordpress.com/2010/03/11/963/"><span style="color: blue;">Cenni sulla contrazione delle lunghezze a velocità relativistiche</span></a><br />
<a href="http://sarcastycon3.wordpress.com/2007/10/08/cosa-c%e2%80%99e-se-c%e2%80%99e-oltre-l%e2%80%99universo/"><span style="color: blue;">Cosa c'è, se c'è, oltre l'Universo? </span></a><br />
<span style="color: blue;">---<br />
Foto: in alto, scorcio del Carrobio di Milano. Dal sito </span><a href="http://milano.blogosfere.it/2008/04/vie-e-palazzi-di-milano-undicesima-puntata-via-torino-ed-il-carrobbio-misterioso-ed-esoterico.html"><span style="color: blue;">Milano blogosfere</span></a><br />
<span style="color: blue;">Le altre foto sono dell'autore. </span><br />
<div><span style="color: blue;">Aggiornamento</span></div><div><span style="color: blue;">Nuovo post correlato: </span><a href="http://ecopolfinanza.blogspot.com/2010/06/la-bella-pigotta-e-demetrio-pianelli.html"><span style="color: blue;">La bella pigotta e Demetrio Pianelli</span></a></div><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg_M8EBkJQrBQ3zYFhEt466TWrBh8E7dYmZ2jGSCD-4zkhBHF3tYrAqKCbf_CCbjzQJnabpip_ZJWyK2IbkPAkTIt17rDcQC1z-4cU7oQeG0k4fbt-l-385uSLQjWeNDECzdtFHnSObI9iY/s1600/insegna+de+marchi+tavecchio.jpg"></a><br />
<b><b></b></b></h3>aquaeductushttp://www.blogger.com/profile/01977847432854549767noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-6377630068917367727.post-40664151484138036052010-05-16T22:12:00.001+02:002010-05-16T22:16:40.190+02:00Toccata e fuga<span style="color: blue; font-size: large;"><strong>E' un arrangiamento moderno</strong></span><br />
<span style="color: blue; font-size: large;"><strong>va ascoltato fino in fondo!</strong></span><br />
<span style="color: blue; font-size: large;"><strong>Che ne dite?</strong></span><br />
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<object height="385" width="480"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/pA_PbsxsoBU&hl=en_US&fs=1&"></param><param name="allowFullScreen" value="true"></param><param name="allowscriptaccess" value="always"></param><embed src="http://www.youtube.com/v/pA_PbsxsoBU&hl=en_US&fs=1&" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" width="480" height="385"></embed></object><br />
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Autore:<br />
Jean Michelle Jarre - Toccata Et Fuga (Js Bach)aquaeductushttp://www.blogger.com/profile/01977847432854549767noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6377630068917367727.post-40380648940360802962010-03-16T21:35:00.004+01:002010-03-16T22:40:10.536+01:00Concerto n.1 per pianoforte e orchestra di Cajkovskij<div align="justify">Questo è stato uno dei primi concerti cui ho assistito alla <strong>Scala </strong>di <strong>Milano</strong>, quando facevo parte del gruppo della claque (vedere commentario relativo al post<strong><a href="http://esperidi.blogspot.com/2010/02/girgenti-amore-mio.html"> Girgenti amore mio </a></strong>). A distanza di anni è difficile ricordare con precisione chi fossero pianista e direttore d'orchestra; posso solo ipotizzare che forse sono stati <strong>Alexis Weissenberg, </strong>al pianoforte, ed <strong>Herbert Von Karajan</strong> a dirigere l'orchestra. Nella mia collezione di dischi in <strong>vinile </strong>ho infatti il disco del <strong>Concerto n.1 per pianoforte e orchestra di Pyotr Iliych Cajkovskij. </strong>Vi invito all'ascolto del primo movimento - registrato in due parti su <strong>You Tube. </strong><strong>Martha Angerich</strong> al piano e <strong>Antonio Pappano </strong>alla <strong>direzione d'orchestra, </strong>danno qui vita ad una eccellente esecuzione. Il concerto che propongo è uno dei più eseguiti al mondo, e andrebbe ascoltato in riverente raccoglimento. </div><div align="justify">Buon ascolto.<br /><object width="480" height="385"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/JbsvPMbC55A&hl=it_IT&fs=1&"><param name="allowFullScreen" value="true"><param name="allowscriptaccess" value="always"><embed src="http://www.youtube.com/v/JbsvPMbC55A&hl=it_IT&fs=1&" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" width="480" height="385"></embed></object><br /><br /><object width="480" height="385"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/tRcEMpY2A-U&hl=it_IT&fs=1&"><param name="allowFullScreen" value="true"><param name="allowscriptaccess" value="always"><embed src="http://www.youtube.com/v/tRcEMpY2A-U&hl=it_IT&fs=1&" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" width="480" height="385"></embed></object></div>marshallhttp://www.blogger.com/profile/18114663981457754109noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6377630068917367727.post-41744446434603954342010-03-10T17:02:00.008+01:002010-03-12T11:45:26.209+01:00Navigli amore mio<object height="385" width="480"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/Hwm7-YpP5Wc&hl=it_IT&fs=1&"><param name="allowFullScreen" value="true"><param name="allowscriptaccess" value="always"><embed src="http://www.youtube.com/v/Hwm7-YpP5Wc&hl=it_IT&fs=1&" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" width="480" height="385"></embed></object><br />
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<div style="text-align: justify;">Il filmato di cui sopra, della durata di 8,15 minuti, è estratto dal film di 30 minuti dall'autore, ALBERTO GRISA. Il film è stato realizzato e prodotto principalmente ad uso didattico per le scuole, con l'intento di far conoscere e divulgare tra le giovani generazioni il ruolo importantissimo e fondamentale che ebbero i NAVIGLI DI MILANO per il suo sviluppo, il suo progresso, e quindi, in ultima istanza, per l'arricchimento di quella fantastica città che è e che, nonostante tutto, continua ad essere.</div><div style="text-align: justify;">Per ulteriori informazioni andare su You Tube <a href="http://www.youtube.com/watch?v=Hwm7-YpP5Wc">http://www.youtube.com/watch?v=Hwm7-YpP5Wc</a></div><br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEint3bw-Y_XnSyiY9QBbg9akKo7ctEM7ejb3wbHXjZnwX2qLp_NrE7O0y_KM0vs-zDhzKPSFR1W3cqG-WTP92qFBtrmDKQqJhgPbXYW0SesZwj97nlWu-30YZ_lWALNffCg8-VLwE4jLyA/s1600-h/s.marco+corriere.jpg"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5447046405692501906" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEint3bw-Y_XnSyiY9QBbg9akKo7ctEM7ejb3wbHXjZnwX2qLp_NrE7O0y_KM0vs-zDhzKPSFR1W3cqG-WTP92qFBtrmDKQqJhgPbXYW0SesZwj97nlWu-30YZ_lWALNffCg8-VLwE4jLyA/s320/s.marco+corriere.jpg" style="cursor: hand; display: block; height: 184px; margin: 0px auto 10px; text-align: center; width: 250px;" /></a><br />
<div style="text-align: justify;"><span style="font-size: 85%;">Il laghetto di Milano, o Tombone di San Marco, in via San Marco a Milano, agli inizi del secolo scorso.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: 85%;">Proprietari della foto </span><a href="http://www.thais.it/"><span style="font-size: 85%;">www.thais.it</span></a><span style="font-size: 85%;"> (se non d'accordo, la foto verrà rimossa)</span></div><div style="text-align: justify;">---</div><div style="text-align: justify;">Pubblico, integralmente, un articolo di <strong>Gianni Santucci</strong>, apparso ieri sul <strong>Corriere della </strong></div><div style="text-align: justify;"><strong>Sera.it .</strong></div><div style="text-align: justify;">Chiedo venia al <strong>Corriere, </strong>per questo che può sembrare atto di prevaricazione e abuso, ma lo ripagherò abbondantemente del favore che mi concede, quando parlerò del <strong>Tombone di San Marco, </strong>le cui acque lambivano il portone d'ingresso dei suoi operai, fino agli anni immediatamente successivi alla seconda Guerra Mondiale.</div><div style="text-align: justify;">La notizia non è delle più belle, per uno che ha sempre immaginato che <strong>Milano</strong> con la sua <strong>Darsena,</strong> i suoi <strong>Navigli </strong>ancora a cielo aperto, e le possenti <strong>Mura Spagnole </strong>ancora al loro posto, sarebbe annoverata tra le dieci città più belle al mondo. </div><div style="text-align: justify;"><em>---</em></div><div style="text-align: justify;"><em>"Prima di guardare in basso, e mettersi a contare bottiglie, passeggini, televisori, carcasse di biciclette e motorini abbandonati sul fondo dell’antico porto di Milano, si può ricordare cosa è successo qualche anno fa a Londra. Sulla sponda Sud del Tamigi c’era la vecchia centrale termoelettrica di Bankside, abbandonata dal 1981, tante volte se n’era ipotizzata la demolizione, poi nel 1995 la Tate Gallery decise di trasformarla e affidò il progetto a uno studio svizzero di architettura. Dopo cinque anni (tenere ben presente i tempi: cinque anni), il 12 maggio 2000 venne aperta la Tate Modern, uno dei più innovativi e visitati musei del mondo, che ha toccato il record di 4 milioni di ingressi l’anno. Ora si può risalire dal fondo della Darsena, lasciarsi alle spalle l’odore rancido di escrementi e putrefazione che si respira là sotto, e leggere le date ancora segnate sul cartellone del cantiere: il 21 maggio 2003 il sindaco decide di costruire un parcheggio da 700 auto sotto l’acqua; il 22 ottobre dello stesso anno viene consegnata (e presto prosciugata) l’area. Esclusi gli scavi archeologici, i lavori non sono mai partiti. Rapido conteggio: in cinque anni, sul suo fiume Londra ha costruito la Tate Modern. In più di 6 anni, Milano ha mandato in malora il cuore del sistema dei Navigli, un luogo che si identifica con la storia e l’immagine della città.<br />
<br />
Milano, il Naviglio-discarica</em></div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;"><em>Qui si scambiano l’acqua il Naviglio Grande, dopo 45 chilometri di percorso da Turbigo, e il Naviglio Pavese, che scende per 35 chilometri fino a Pavia. Qui si incrociano la storia di Milano (le vie d’acqua usate per trasportare il marmo del Duomo), il genio di Leonardo (che progettò una chiusa i cui disegni si trovano nel Codice atlantico), e il genio politico della Milano di oggi, molto innamorato del cemento e incapace di mandare qua in Darsena dieci spazzini e quattro giardinieri per rimediare a questa indecenza. Certo, è in corso una battaglia legale. Scontro tra Palazzo Marino, che di fronte al fallimento del parcheggio-sott’acqua ha revocato la concessione (l’anno scorso), e la Darsena Spa, che invece oggi chiede i danni per il fatto di non poter più costruire. Nell’attesa che si risolva la contesa, ieri mattina nella discarica della Darsena in secca si contavano: due passeggini fracassati, un numero imprecisato di bottiglie, una vecchia tavola da surf, due batterie di auto, più uno specchietto, due parafanghi e tre cerchioni di macchine, i documenti di un motorino rubato, i letti di due senzatetto (uno sotto il ponte, l’altro dentro una casupola), l’armadio di altri due clochard che hanno steso i vestiti al sole. Tutto sparpagliato su una distesa di fango marcio.<br />
<br />
Lontano da qui, risalendo i due canali, la scena è diversa. Sia lungo il Naviglio Grande, fino a Corsico, Trezzano, Abbiategrasso; sia lungo il Pavese, fino a Rozzano, Binasco, Pavia, le ferite sono quelle del tempo. Almeno 110 chilometri di sponde, su 160 dell’intero sistema Navigli, sarebbero da consolidare o stabilizzare; le conche abbandonate sono 29, gioielli come quella al confine di Rozzano, all’altezza del ponte verso Binasco, dove la ruggine sta spappolando il ferro delle strutture. Per sistemare le sponde servirebbero 300 milioni di euro. Ma intorno c’è comunque erba abbastanza curata, corrono piste ciclabili, filari di alberi. È più pulito, perché non c’è una città a vomitare porcherie dentro i canali. La Regione, a dicembre 2007, ha creato «Navigli Lombardi scarl», che dopo anni di frammentazione è il primo soggetto unitario per la gestione e la manutenzione. Milano ha vinto l’Expo puntando anche sulle vie d’acqua, che avrebbero dovuto collegare in una rete navigabile la Darsena e i padiglioni dell’esposizione a Rho-Pero. Progetto annunciato e decaduto. Propaganda. Come gli annunci di «riqualificazione » degli ultimi dieci anni: negli archivi del Corriere se ne contano 32.</em> </div><div style="text-align: justify;">---</div><div style="text-align: justify;">Chiedo scusa ai lettori di <strong>Aquaeductus, </strong>per questa sorta di impropria intromissione, ma il mio blog personale è stato occupato, proprio oggi, da una "faccenda" forse più importante, <strong>"più duratura nel tempo".</strong></div>marshallhttp://www.blogger.com/profile/18114663981457754109noreply@blogger.com14tag:blogger.com,1999:blog-6377630068917367727.post-5280389628873749442010-02-15T20:43:00.004+01:002010-02-15T20:52:14.843+01:00Le pitture dei Filostrati<span style="font-size: large;">Mi è capitato tra le mani un libro edito nel 1828 con questo titolo “Le pitture dei Filostrati”</span><br />
<div></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><br />
</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Una rapida ricerca nel mio database neuronico da un risultato insoddisfacente, i Filostrati erano sofisti e l’unica cosa che riuscivo ad associare, sul momento, era la biografia di Apollonio e una datazione indicativa II° III° secolo d.c., ma che avessero dipinto quadri non mi risultava.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><br />
</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Decido di leggere il libro e qui la prima sorpresa: il libro, pur mostrando i segni del tempo, è intonso, non essendo stato rifilato in tipografia, per poterlo leggere le pagine vanno tagliate. Un libro che ha quasi 200 anni e che non è mai stato letto!</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><br />
</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Con un po’ di timore di fare danni prendo un tagliacarte e comincio ad aprire le pagine, dopo aver letto una lunga prefazione del curatore della traduzione dal greco, Filippo Mercuri, mi sono reso conto che il titolo del libro, non corrispondeva all’originale greco che è Eikones ossia Immagini.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><br />
</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Tralascio la discussione su quanti fossero i Filostrati, se 3 o 4, e se le Eikones siano state scritte da uno solo di loro o da due, poche righe anche sull’argomento su dove queste tavole fossero situate e se fossero esistite realmente.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><br />
</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Eikones è un’opera famosa nella quale si descrivono alcune pitture, su tavola, descrizioni talmente accurate da poterle chiamare “pitture scritte”.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><br />
</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Nel proemio dell’opera, si può leggere che Filostrato si trovava a Napoli, ospite in una villa nel cui porticato erano state incastonate delle pitture su tavola.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><br />
</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Il padrone di casa<span style="color: blue;"><em><strong>” … abitava fuori le mura in un sobborgo, che guarda il mare, nel quale era un tal portico rivolto al vento zeffiro costruito, se ben mi ricordo,sopra quattro o cinque solai che accennava al mare tirreno:il quale era vagamente adorno di quelle pietre,che più il lusso commenda, e più di pitture, sendo in quelle incastrate alcune tavole, le quali ha mio credere non senza sollecitudine erano state raccolte; perocchè in esse si ravvisava l’arte cospicua di moltissimi dipintori : ed avendo io di per me stesso già fermo nell’animo di commendare queste pitture con la favella, a ciò viemmaggiormente ancora fui stimolato dal piccolo figlio del mio ospite; che toccava allora il decimo anno bramoso di ascoltare …” </strong></em></span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><br />
</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">La querelle tra gli studiosi, parte da queste righe: dobbiamo credere alle parole di Filostrato oppure è tutta una finzione letteraria? Questa casa a Napoli con le sue pitture incastonate nel portico è esistita realmente oppure è opera della fantasia dello scrittore? La descrizione delle pitture è fatta su quadri autentici o sono il prodotto dell’immaginazione di Filostrato? I pareri sono molto discordi.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><br />
</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Il Prof. Stefano De Caro, soprintendente archeologico delle Province di Napoli e Caserta in una conferenza del 1999 sulle nature morte parla di Filostrato è da per scontato che il sofista abbia visto veramente la galleria di quadri che descrive nelle Eikones<span style="color: blue;"><em><strong>:”…La conferma che gli antichi usassero effettivamente questo nome [xenia] per la pittura di natura morta ci viene da un passo del retore greco di Lemno, Flavio Filostrato il Vecchio, della fine del II secolo d.C., il quale, descrivendo una galleria di quadri che lui ha ammirato a Napoli e che commenta per un gruppo di suoi giovani condiscepoli, definisce chiaramente come “xenia” due composizioni perdute, la cui descrizione corrisponde esattamente al genere che le pitture pompeiane raffigurano. Una di esse raffigurava, infatti, fichi, noci, pere, ciliegie, uva con miele, formaggi, e del latte con i vasi. L’altro genere rappresentava una lepre viva e una lepre morta, un’anatra spiumata, diversi tipi di pane, frutta fresca, castagne e fichi. La testimonianza di Filostrato è preziosa anche perché ci presenta il punto di vista critico di un intellettuale evidentemente informato di cose d’arte, e pure se cade circa un secolo dopo le pitture di Pompei, il suo giudizio potrebbe tranquillamente applicarsi ad esse, perché, come vedremo, questo genere aveva avuto poche trasformazioni dall’età ellenistica in poi. Quando Filostrato insiste, infatti, sulle qualità realistiche dei dipinti e sulla capacità della pittura di fermare sulla tela la bellezza fuggente del reale confondendo l’arte, la realtà e la sua rappresentazione, la sua valutazione non è, difatti, distinguibile da quelle delle fonti ellenistiche. Il suo passo è: “Perché non prendi questi frutti che sembrano fuoriuscire dai due cesti? Non sai che se aspetti anche soltanto un poco non li troverai più come sono ora, con la loro trina di rugiada?”. </strong></em></span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><br />
</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">La dott.ressa Letizia Abbondanza della sovrintendenza di Roma nel suo libro”Immagini” (2009) è di parere contrario, infatti scrive “galleria immaginaria”. </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><br />
</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: blue; font-size: large;"><em><strong>“Dei tre o forse quattro Filostrati che vengono ricordati dalla tradizione antica, si attribuisce al Secondo e Maggiore – vissuto nel finale del II e durante la prima metà del III secolo d.C. –, un testo giustamente famoso, capitale nella storia della letteratura artistica: le Eikones, Icone cioè Immagini, che descrivono una visita guidata, in forma di dialogo tra un sofista e i suoi giovani allievi, a una galleria immaginaria di oltre sessanta quadri, collocata a Napoli. È l’occasione di una strepitosa performance retorica, in cui la parola si propone a confronto vittorioso con l’immagine. L’opera ha sollecitato interesse di filologi ed emulazione di artisti e alimentato, in Goethe come in numerosi storici e amatori delle arti figurative, l’illusione di poterne in qualche misura risarcire la grande e purtroppo perduta pittura degli antichi. “</strong></em></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><br />
</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Facendo una considerazione generale si può dire che ogni opera, per quanto fantastica sia, ha sempre un incipit reale. A mio giudizio, Filostrato ha realmente osservato questi quadri e forse anche a Napoli, ma quasi certamente non erano tutti nei soliti locali e se diamo per vero che una parte delle Eikones sia stata scritta da un altro Filostrato questa tesi prende consistenza. D’altronde siamo nel neosofismo e quindi l’artificio è sempre latente, l’illusione dalla realtà e la realtà dalle illusioni.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><br />
</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Questi sono, certamente, interessanti risvolti, ma, a mio giudizio, è più importante vedere come le Eikones mettano in scena l’eterno confronto tra parola ed immagine, tanto che anche Goethe ne fu affascinato ed anche numerosi pittori tra cui Moritz von Schwind, le hanno reinterpretate.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><br />
</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Il filosofo Pierre Hadot nota l’importanza delle parole sophisma e apatê,usando la sua terminologia, che possono essere sintetizzate nel termine “artificio”. Prendendo come paradigma il Narciso (Eikon XXIII) si ha il “sophisma” della fonte e del quadro, ossia l’incapacità di distinguere tra realtà ed illusione.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><br />
</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Una descrizione della pittura di una pittura è l’incipit dell’”Immagine”: <span style="color: blue;"><em><strong>” La fonte dipinge Narciso la pittura dipinge ad un tempo la fonte e Narciso”.</strong></em></span> Queste le parole del sofista e dalle quali possiamo dedurre che Filostrato “dipinge” l’immagine che la pittura dipinge dell’immagine di Narciso.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><br />
</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">”L’apatê”, ossia l’inganno, perché Filostrato stesso davanti alle figure dei cacciatori crede di vedere non dei personaggi nella loro staticità del dipinto, ma esseri reali in movimento e, a questo proposito scrive Hadot<span style="color: blue;"><em><strong>:” Il discorso di Filostrato aggiunge all’illusione di vedere un quadro, l’illusione dell’eliminazione dell’illusione, l’impressione di partecipare ad un evento che si svolge effettivamente.”</strong></em></span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><br />
</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Sophisma più apatê uguale artificio, un artificio eccezionale direi: l’impressione di partecipare ad un evento attraverso l’immagine scritta di un’immagine illusoria dipinta in quadro che forse non è mai esistito.</span> </div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEimi-jPhtucfYjjkZPGLJHtm5sZPV-3v3hCjn5rqdB2abLe522vyNGl1iKPAjlk3H9N5HCFE5nN1zabn4gZb1crueiLnVbdtkE-LAbTGRUfPMvbvIFZ-0maiMJGuXGrdqbPjhtDiSF_anQ/s1600-h/lepitture.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" ct="true" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEimi-jPhtucfYjjkZPGLJHtm5sZPV-3v3hCjn5rqdB2abLe522vyNGl1iKPAjlk3H9N5HCFE5nN1zabn4gZb1crueiLnVbdtkE-LAbTGRUfPMvbvIFZ-0maiMJGuXGrdqbPjhtDiSF_anQ/s640/lepitture.jpg" width="480" /></a></div></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj9ff3FXngtIu479aYuxvbGsCKa53vr796Q_IIeYl9J_upmHiAbZpba73dnGM1ruOjTpId10W2XfE7kIegihffaq1XAC9q3cNCgLEt0rWF3GuVrDm9oVs1gJbmTjl8pQQIpE-GwEPVnvdQ/s1600-h/narciso1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" ct="true" height="468" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj9ff3FXngtIu479aYuxvbGsCKa53vr796Q_IIeYl9J_upmHiAbZpba73dnGM1ruOjTpId10W2XfE7kIegihffaq1XAC9q3cNCgLEt0rWF3GuVrDm9oVs1gJbmTjl8pQQIpE-GwEPVnvdQ/s640/narciso1.jpg" width="640" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjTwkve4TGA6N-r4owAo0Tvi_xmZmyOpqj84PyTEpn6ssenL84zq59T8CgwaYvd1FPtJotHu1woHVHl6Ah7oBGxe3oM-m1dXlzyWax_ChqBCmXY1tfiQzYgktDfjYhHtymTCHcbEWsi8EE/s1600-h/narciso2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" ct="true" height="464" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjTwkve4TGA6N-r4owAo0Tvi_xmZmyOpqj84PyTEpn6ssenL84zq59T8CgwaYvd1FPtJotHu1woHVHl6Ah7oBGxe3oM-m1dXlzyWax_ChqBCmXY1tfiQzYgktDfjYhHtymTCHcbEWsi8EE/s640/narciso2.jpg" width="640" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiBP95EfvuEiOsNy_ixwvJkOM8nWA9dD_c36gtrrHt9duFyflZJLPklqXYbTpdLR6I4QNLHTP9k-d5HF36A05a_jitrLsatj_UCPVmYB-5K3oswZM3mNBWD-LjBlMO1Uy3CyDmAPiR8-FI/s1600-h/narciso3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" ct="true" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiBP95EfvuEiOsNy_ixwvJkOM8nWA9dD_c36gtrrHt9duFyflZJLPklqXYbTpdLR6I4QNLHTP9k-d5HF36A05a_jitrLsatj_UCPVmYB-5K3oswZM3mNBWD-LjBlMO1Uy3CyDmAPiR8-FI/s640/narciso3.jpg" width="420" /></a></div>aquaeductushttp://www.blogger.com/profile/01977847432854549767noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6377630068917367727.post-66351383879115822392010-02-08T21:01:00.001+01:002010-02-08T21:05:02.973+01:00“La pittura porta a Dio”Ritratti d’autore di Mario Dal Bello<br />di Marialuisa Viglione<br /><br />ROMA, lunedì, 8 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Mario Dal Bello, critico d’arte e di spettacolo, ha appena pubblicato un volume dal titolo Mario Dal Bello: Ritratti d‘autore. Figure della pittura europea da Duccio a RothkoMario Dal Bello: (Città nuova), che riunisce delle riflessioni sui più importanti pittori degli ultimi 800 anni. <br /><br />ZENIT lo ha intervistato. <br /><br />Cos’è l’ispirazione artistica?<br /><br />Mario Dal Bello: Un dono di Dio. <br /><br />Cos’è l’arte per lei?<br /><br />Mario Dal Bello: Espressione della ricerca della bellezza che c’è in ogni uomo. Ricerca di eternità, immortalità. I più grandi capolavori parlano di Dio.<br /><br />Come nasce questo libro?<br /><br />Mario Dal Bello: Dall’amicizia di tutta una vita con questi artisti. Arrivo da Asolo in provincia di Treviso e da bambino conoscevo la pittura veneta, che mi ha fatto innamorare della bellezza: Tiziano, Giorgione, Bassano, Canova. Molti si convertono per un quadro. La pittura porta a Dio.<br /><br />Il suo quadro preferito? <br /><br />Mario Dal Bello: Uno dei quadri di El Greco a New York, la veduta di Toledo. Straordinario.<br /><br />Come può parlare di Dio l’arte astratta? Dio è incarnazione.<br /><br />Mario Dal Bello: L’arte bizantina è astratta, le figure sono immateriali.<br /><br />Lei fa descrizioni appassionate di quadri importanti. Descrizioni che partono da un’emozione, dal cercare di capire perché quel quadro è passato alla storia. A cosa serve il suo libro?<br /><br />Mario Dal Bello: Vogliono essere riflessioni che accompagnano gli appassionati a scoprire la bellezza. E la bellezza, essendo un trascendentale, una proprietà di Dio, aiuta a essere migliori.<br /><br />Il primo pittore di cui lei parla è Duccio. Perché Duccio ha fatto così tanti quadri su Maria?<br /><br />Mario Dal Bello: I pittori dipingevano su commissione. Siena era sotto la protezione di Maria. Quindi lui dipingeva per la devozione pubblica e privata. Le sue Madonne, rispetto a quelle dell’epoca, rivelano un senso di tenerezza, anche se i modelli sono bizantini. Lui ci aggiunge umanità e tenerezza nei rapporti col figlio, per questo piace molto.<br /><br />E poi subito dopo c’è Giotto. Quali novità introduce?<br /><br />Mario Dal Bello: Apre all’umanesimo. Dio è rappresentato secondo le raffigurazioni tradizionali, Onnipotente e Giudice. Nella controfacciata della Cappella degli Scrovegni, nel Giudizio Universale, Gesù giudice è forte e nello stesso tempo dolce. È il divino che si incarna. E come nel racconto di San Matteo alla sua destra ci sono i buoni, e alla sinistra i cattivi. Il Giudizio Universale è rappresentato sempre così nell’iconografia occidentale e nei mosaici.<br /><br />Michelangelo mette in basso i cattivi e in alto i buoni?<br /><br />Mario Dal Bello: Anche Michelangelo nella Cappella Sistina - Giudizio Universale - mette alla destra i buoni che salgono, e alla sinistra i cattivi che scendono.<br /><br />Masaccio come si pone come artista?<br /><br />Mario Dal Bello: Continua il lavoro di Giotto. Nell’opera di Masaccio protagonista è l’uomo, che ha una grande dignità perché è figlio di Dio. Nella Cappella Brancacci a Firenze, l’uomo è grande anche nella sventura. Adamo e Eva cacciati dal Paradiso hanno forme fisiche forti: rimangono figli di Dio, pur nella colpa.<br /><br />Il fiammingo Jan Van Dick, come avvicina gli uomini a Dio?<br /><br />Mario Dal Bello: E’ un fiammingo, siamo nell’Europa cristiana del 1400. Nel suo polittico dell’Agnello Mistico a San Bovone a Gang, fa un riassunto della Storia biblica. Avvicina gli uomini a Dio raccontando la Bibbia. Rappresenta una grande processione di Papi, santi Martiri, beati, vescovi, imperatori, mercanti, pezzenti, gente comune dell’epoca, tutti ad adorare l’Agnello mistico.<br /><br />Piero della Francesca parla di Dio?<br /><br />Mario Dal Bello: Contempla il divino. Nella Madonna con il Bambino e i Santi (a Brera), incompiuto, la Madonna è sotto una grande nicchia. Tutti sono assorti. E’ una scena molto intima, interiorizzata. E’ la contemplazione dell’eterno.<br /><br />Le Madonne di Leonardo cosa hanno di nuovo?<br /><br />Mario Dal Bello: La Vergine delle rocce, che è l’immacolata concezione, è la Vergine in ginocchio, dietro una nicchia, rappresentata dalla natura, il creato, opera di Dio. C’è la presenza di Dio nella natura. La Vergine ha un atteggiamento misterioso: fa parte del mistero dell’incarnazione.<br /><br />Raffaello è il pittore delle Madonne per eccellenza?<br /><br />Mario Dal Bello: Nella tradizione figurativa cattolica sì. E’ il pittore degli affetti. Non ritrae una persona reale. Reale è l’amore che Maria ha per suo figlio. L’affetto materno che si vede subito, è immediato e popolare.<br /><br />Michelangelo e il suo tempo?<br /><br />Mario Dal Bello: Si è formato in pieno Rinascimento. Ha un’immagine idealizzata dell’uomo. E riprende le statue greche nei suoi nudi. La perfezione esteriore raffigura la perfezione dell’anima. Questo secondo Platone, molto di moda all’epoca. Nella Cappella Sistina è il pittore dell’antico Testamento della Genesi. Dio è l’onnipotente. Le forme sono gigantesche, forti. Dio è più grande dell’uomo e lo schiaccia. Michelangelo finisce la vita disegnando Pietà e crocifissioni e muore facendosi leggere la Passione di Cristo.<br /><br />La religiosità di El Greco?<br /><br />Mario Dal Bello: E’ un pittore mistico. Siamo nella Spagna di fine '500 inizio '600, di Santa Teresa D’Avila e di San Giovanni della Croce. E quindi nei suoi quadri si nota questa tendenza al misticismo, all’esperienza soprannaturale. Allunga le figure, i colori sono irreali. Coglie ciò che c’è nell’anima.<br /><br />Velasquez esprime la stessa religiosità?<br /><br />Mario Dal Bello: Va meno in profondità. E’ un grande illustratore di scene sacre. A Roma abbiamo il suo ritratto di Papa Innocenzo X, alla Galleria Doria Pamphilj.<br /><br />Rembrandt, protestante, è un grande pittore della Bibbia?<br /><br />Mario Dal Bello: E’ insieme a El Greco e Michelangelo intimamente religioso. Protestante, nutrito della Bibbia, a contatto con il mondo ebraico (a Amsterdam viveva nel quartiere ebraico), ha dipinto soprattutto storie dell’Antico testamento.<br /><br />Tiziano?<br /><br />Mario Dal Bello: Eclettico, alla corte del re di Spagna, dipinge soprattutto alla fine della vita crocifissioni e incoronazioni di spine.<br /><br />A rappresentare il mondo moderno ha scelto Picasso. Questo perché ha dipinto un Cristo?<br /><br />Mario Dal Bello: No, si può dipingere arte sacra senza avere fede. Rappresenta bene il XX secolo, l’uomo spezzato, in un incubo, senza Dio, e quindi distrutto.<br /><br />E Rochtko che fa pittura astratta?<br /><br />Mario Dal Bello: Non è cattolico, ma ricerca un Dio, ricerca l’assoluto. Anche questa sua volontà di creare una cappella per mettere i quadri e tutte le espressioni di fede fa parte del suo bisogno di infinito. Ricerca il senso dell’esistenza, soprattutto dopo la morte. Vuole un rapporto con un essere superiore.<br /><br />“La pittura porta a Dio”<br />Ritratti d’autore di Mario Dal Bello<br />di Marialuisa Viglione<br /><br /><br /><br />ROMA, lunedì, 8 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Mario Dal Bello, critico d’arte e di spettacolo, ha appena pubblicato un volume dal titolo Mario Dal Bello: Ritratti d‘autore. Figure della pittura europea da Duccio a RothkoMario Dal Bello: (Città nuova), che riunisce delle riflessioni sui più importanti pittori degli ultimi 800 anni. <br /><br />ZENIT lo ha intervistato. <br /><br />Cos’è l’ispirazione artistica?<br /><br />Mario Dal Bello: Un dono di Dio. <br /><br />Cos’è l’arte per lei?<br /><br />Mario Dal Bello: Espressione della ricerca della bellezza che c’è in ogni uomo. Ricerca di eternità, immortalità. I più grandi capolavori parlano di Dio.<br /><br />Come nasce questo libro?<br /><br />Mario Dal Bello: Dall’amicizia di tutta una vita con questi artisti. Arrivo da Asolo in provincia di Treviso e da bambino conoscevo la pittura veneta, che mi ha fatto innamorare della bellezza: Tiziano, Giorgione, Bassano, Canova. Molti si convertono per un quadro. La pittura porta a Dio.<br /><br />Il suo quadro preferito? <br /><br />Mario Dal Bello: Uno dei quadri di El Greco a New York, la veduta di Toledo. Straordinario.<br /><br />Come può parlare di Dio l’arte astratta? Dio è incarnazione.<br /><br />Mario Dal Bello: L’arte bizantina è astratta, le figure sono immateriali.<br /><br />Lei fa descrizioni appassionate di quadri importanti. Descrizioni che partono da un’emozione, dal cercare di capire perché quel quadro è passato alla storia. A cosa serve il suo libro?<br /><br />Mario Dal Bello: Vogliono essere riflessioni che accompagnano gli appassionati a scoprire la bellezza. E la bellezza, essendo un trascendentale, una proprietà di Dio, aiuta a essere migliori.<br /><br />Il primo pittore di cui lei parla è Duccio. Perché Duccio ha fatto così tanti quadri su Maria?<br /><br />Mario Dal Bello: I pittori dipingevano su commissione. Siena era sotto la protezione di Maria. Quindi lui dipingeva per la devozione pubblica e privata. Le sue Madonne, rispetto a quelle dell’epoca, rivelano un senso di tenerezza, anche se i modelli sono bizantini. Lui ci aggiunge umanità e tenerezza nei rapporti col figlio, per questo piace molto.<br /><br />E poi subito dopo c’è Giotto. Quali novità introduce?<br /><br />Mario Dal Bello: Apre all’umanesimo. Dio è rappresentato secondo le raffigurazioni tradizionali, Onnipotente e Giudice. Nella controfacciata della Cappella degli Scrovegni, nel Giudizio Universale, Gesù giudice è forte e nello stesso tempo dolce. È il divino che si incarna. E come nel racconto di San Matteo alla sua destra ci sono i buoni, e alla sinistra i cattivi. Il Giudizio Universale è rappresentato sempre così nell’iconografia occidentale e nei mosaici.<br /><br />Michelangelo mette in basso i cattivi e in alto i buoni?<br /><br />Mario Dal Bello: Anche Michelangelo nella Cappella Sistina - Giudizio Universale - mette alla destra i buoni che salgono, e alla sinistra i cattivi che scendono.<br /><br />Masaccio come si pone come artista?<br /><br />Mario Dal Bello: Continua il lavoro di Giotto. Nell’opera di Masaccio protagonista è l’uomo, che ha una grande dignità perché è figlio di Dio. Nella Cappella Brancacci a Firenze, l’uomo è grande anche nella sventura. Adamo e Eva cacciati dal Paradiso hanno forme fisiche forti: rimangono figli di Dio, pur nella colpa.<br /><br />Il fiammingo Jan Van Dick, come avvicina gli uomini a Dio?<br /><br />Mario Dal Bello: E’ un fiammingo, siamo nell’Europa cristiana del 1400. Nel suo polittico dell’Agnello Mistico a San Bovone a Gang, fa un riassunto della Storia biblica. Avvicina gli uomini a Dio raccontando la Bibbia. Rappresenta una grande processione di Papi, santi Martiri, beati, vescovi, imperatori, mercanti, pezzenti, gente comune dell’epoca, tutti ad adorare l’Agnello mistico.<br /><br />Piero della Francesca parla di Dio?<br /><br />Mario Dal Bello: Contempla il divino. Nella Madonna con il Bambino e i Santi (a Brera), incompiuto, la Madonna è sotto una grande nicchia. Tutti sono assorti. E’ una scena molto intima, interiorizzata. E’ la contemplazione dell’eterno.<br /><br />Le Madonne di Leonardo cosa hanno di nuovo?<br /><br />Mario Dal Bello: La Vergine delle rocce, che è l’immacolata concezione, è la Vergine in ginocchio, dietro una nicchia, rappresentata dalla natura, il creato, opera di Dio. C’è la presenza di Dio nella natura. La Vergine ha un atteggiamento misterioso: fa parte del mistero dell’incarnazione.<br /><br />Raffaello è il pittore delle Madonne per eccellenza?<br /><br />Mario Dal Bello: Nella tradizione figurativa cattolica sì. E’ il pittore degli affetti. Non ritrae una persona reale. Reale è l’amore che Maria ha per suo figlio. L’affetto materno che si vede subito, è immediato e popolare.<br /><br />Michelangelo e il suo tempo?<br /><br />Mario Dal Bello: Si è formato in pieno Rinascimento. Ha un’immagine idealizzata dell’uomo. E riprende le statue greche nei suoi nudi. La perfezione esteriore raffigura la perfezione dell’anima. Questo secondo Platone, molto di moda all’epoca. Nella Cappella Sistina è il pittore dell’antico Testamento della Genesi. Dio è l’onnipotente. Le forme sono gigantesche, forti. Dio è più grande dell’uomo e lo schiaccia. Michelangelo finisce la vita disegnando Pietà e crocifissioni e muore facendosi leggere la Passione di Cristo.<br /><br />La religiosità di El Greco?<br /><br />Mario Dal Bello: E’ un pittore mistico. Siamo nella Spagna di fine '500 inizio '600, di Santa Teresa D’Avila e di San Giovanni della Croce. E quindi nei suoi quadri si nota questa tendenza al misticismo, all’esperienza soprannaturale. Allunga le figure, i colori sono irreali. Coglie ciò che c’è nell’anima.<br /><br />Velasquez esprime la stessa religiosità?<br /><br />Mario Dal Bello: Va meno in profondità. E’ un grande illustratore di scene sacre. A Roma abbiamo il suo ritratto di Papa Innocenzo X, alla Galleria Doria Pamphilj.<br /><br />Rembrandt, protestante, è un grande pittore della Bibbia?<br /><br />Mario Dal Bello: E’ insieme a El Greco e Michelangelo intimamente religioso. Protestante, nutrito della Bibbia, a contatto con il mondo ebraico (a Amsterdam viveva nel quartiere ebraico), ha dipinto soprattutto storie dell’Antico testamento.<br /><br />Tiziano?<br /><br />Mario Dal Bello: Eclettico, alla corte del re di Spagna, dipinge soprattutto alla fine della vita crocifissioni e incoronazioni di spine.<br /><br />A rappresentare il mondo moderno ha scelto Picasso. Questo perché ha dipinto un Cristo?<br /><br />Mario Dal Bello: No, si può dipingere arte sacra senza avere fede. Rappresenta bene il XX secolo, l’uomo spezzato, in un incubo, senza Dio, e quindi distrutto.<br /><br />E Rochtko che fa pittura astratta?<br /><br />Mario Dal Bello: Non è cattolico, ma ricerca un Dio, ricerca l’assoluto. Anche questa sua volontà di creare una cappella per mettere i quadri e tutte le espressioni di fede fa parte del suo bisogno di infinito. Ricerca il senso dell’esistenza, soprattutto dopo la morte. Vuole un rapporto con un essere superiore.Unknownnoreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6377630068917367727.post-7585411283808523642010-01-16T20:09:00.000+01:002010-01-16T20:10:24.458+01:00Introduzione allo spirito della liturgia<a href="http://www.zenit.org/article-21027?l=italian">http://www.zenit.org/article-21027?l=italian</a>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6377630068917367727.post-79981993884266136402009-12-25T17:27:00.002+01:002009-12-25T18:22:04.338+01:00Tutto quel che c'è da sapere sulla zampogna<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhbrAHH9Vknxa0Ti9Ei8U6ryCzvPTgUttLAMGlkmSYge_M5_NOJTXcOboSMo8CqiOVuklQE26tLPKsfgLA7yPLHSLcMA5Zd2pnQVCZlwbPgyw2gK53wpoyYD-8QNTnAfLCyzHKxu3OI-LU/s1600-h/TCA-F-1037BV-0000.jpg"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5419212129572415538" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhbrAHH9Vknxa0Ti9Ei8U6ryCzvPTgUttLAMGlkmSYge_M5_NOJTXcOboSMo8CqiOVuklQE26tLPKsfgLA7yPLHSLcMA5Zd2pnQVCZlwbPgyw2gK53wpoyYD-8QNTnAfLCyzHKxu3OI-LU/s320/TCA-F-1037BV-0000.jpg" style="cursor: hand; display: block; height: 206px; margin: 0px auto 10px; text-align: center; width: 320px;" /></a><br />
<div style="text-align: justify;">Era goffo, lugubre e un po’ da sfigati. Ora è diventato uno degli strumenti più amati in circolazione. Il gran maestro degli zampognari, Ambrogio Sparagna, ci spiega perché<br />
</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">Tu scendi dalle stelle, ed è folla da concerto rock. Accade, da qualche anno, che la zampogna riempia le sale come non mai, forse sull’onda del fascino profuso dalla musica popolare tra le folle euforiche nelle piazze d’agosto (dici “notte della taranta” e immediatamente arriva un coro di “stupendo”, “meraviglioso”, “magico”, “ipnotico”, “irresistibile”). Accade che la zampogna abbia nuovi adepti, nuovi suonatori, nuovi costruttori, una rivista, un festival, alcuni nemici animalisti (per via della pelle di capra usata per la costruzione dello strumento) e soprattutto un maestro di riferimento, Ambrogio Sparagna, etnomusicologo, polistrumentista e direttore dell’Orchestra popolare dell’Auditorium Parco della Musica di Roma. Accade tutto questo, ed è la fine dell’associazione di idee “zampogna uguale castagna uguale strada uguale moneta che cade nel piattino dello zampognaro per gentile offerta del passante” – cioè la prima sequela di pensieri che scorre nella testa quando si sente dire “zampogna” o quando, in un giorno di dicembre, con un carico di pacchi e cartocci in mano, si ode l’antico, tremulo suono per le vie del centro, ingombre di luminarie rosse.<br />
</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">Epperò la zampogna à-la-page di oggi – affiancata da voci note (da Peppe Servillo a Simone Cristicchi), adorata da Giovanni Lindo Ferretti, regina del concerto “La Chiarastella” (diretto da Sparagna, all’Auditorium, il 5 e il 6 gennaio prossimi) – non è diversa dallo strumento che figurava al collo dell’omino del presepe. C’era sempre un omino anonimo con zampogna, nel presepe, e c’era sempre un nonno che diceva di metterlo tra l’ultimo re magio e il primo batuffolo di finta neve attorno alla capanna di Betlemme. Chi era quell’omino?, ci si chiedeva senza avere risposta. Oggi, parlando con Sparagna, l’omino viene restituito, pian piano, alla sua storia.<br />
</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">Veniva dal vicino oriente, in origine, lo zampognaro. Conquistava con le sue note l’antica Roma (dove si suonava l’utriculus, e dove Nerone, pare, si dilettava con zampogne antesignane). Lo zampognaro era il pastore errante che suonando viaggiava dentro se stesso, si smarriva e si ritrovava diverso. Era un contemplatore di stelle e di pensieri, un pifferaio magico della transumanza (la zampogna, pare, richiamava all’ordine il gregge). Era un attore di esercizi spirituali ante-litteram, un mistico camminatore – perché mistico era ed è il suono della zampogna: senza pause, corporeo nella sua creazione e nella sua emissione, adatto ai grandi spazi e alla vera solitudine. Lo zampognaro, al contrario del cantastorie-suonatore di organetto, facilmente suonava isolato. Non è stato da subito il “concertista” da strada del periodo dell’Avvento. Né da subito animava le “novene”, i rituali paraliturgici prenatalizi fatti di canti e zampognari che, tra il sedici e il ventiquattro dicembre, arrivano all’alba davanti alle case dove si fa il presepe. Le novene, come gli zampognari dell’immaginario collettivo, devono la loro fama a Napoli, anzi al Regno di Napoli, dice Ambrogio Sparagna all’interlutore non esperto che non sa distinguere una zampogna da una cornamusa e da una piva. Motivo per cui il maestro, tanto per cominciare, spiega all’interlocutore “che sono tutti aerofoni a sacco”, solo che la cornamusa, più nordica, ha un’unica canna come la sua bergamasca “cugina” (la piva), mentre la zampogna, più meridionale, ne ha due. Al Regno di Napoli ci si arriva subito dopo, perché non furono cornamuse ma un’enorme zampogna gigante, a metà Settecento, a fare da volano alle preghiere cantate dell’avvocato-prelato Alfonso Maria de’ Liguori.<br />
</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">Funzionava così: Alfonso Maria de’ Liguori raggruppava i lazzari in piccoli gruppi di preghiera, le cosiddette “cappelle serotine”, e faceva cantare semplici canzoni spirituali accompagnate dal suono grave della “zampogna gigante”, suono poi cercato e imitato nella composizione delle pastorali per organo. Se i lazzari impararono così i fondamenti del cristianesimo, Alfonso Maria de’ Liguori consegnò alla storia il canto “Tu scendi dalle stelle”, pubblicato e diffuso su tutto il territorio nazionale nella seconda metà del Settecento, tanto da arrivare fino alle scuole medie dell’Italia unita, più di due secoli dopo, storpiato sotto Natale da eserciti di suonatori scadenti, muniti di stridentissimi flauti di plastica (il maestro Sparagna evidentemente non si spaventa, e in questi giorni insegna ai ragazzi della scuola media di Ferentino i primi rudimenti della disciplina “coro con zampogna”).<br />
</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">La zampogna gigante, dal canto suo, è finita in scena negli spettacoli di Sparagna, anche se è alta circa due metri, e la cosa non stupisce chi ha visto almeno una volta il maestro sul palco: che sia taranta o zampogna o “litania” (così si chiamava il lavoro sulla musica sacra fatto da Sparagna con Giovanni Lindo Ferretti), Sparagna sprigiona energia, balza, cammina, si piega, si solleva, scatta, si ripiega, chiude gli occhi, dà con gli occhi il tempo a tutta l’orchestra – e qualsiasi strumento abbia in mano, dall’organetto alla zampogna, fa in modo di rendere leggera, agli occhi altrui, la fatica di suonarlo. Accanto a lui, nelle sue orchestre, ci sono ragazzi curiosi di musica trovati nei paesi e nelle campagne, tolti dai bar, dai muretti e dalla noia, assunti per prova e tenuti per sempre a suonare organetti, zampogne, conchiglie. Poi ci sono gli “alberi di suoni”, musicisti-costruttori. Molti di loro, racconta il maestro, hanno appreso e affinato l’arte della zampogna dal nonno. Altri si sono appassionati pur senza aver un antenato suonatore. Gli zampognari leader dell’orchestra di Sparagna sono molto giovani e molto sperimentatori. Marco Tomassi da Cassino, già ingegnere alla Fiat, cerca di applicare nuovi parametri scientifico-tecnologici al metodo tradizionale di costruzione della zampogna, basato su parametri empirici che non riparano sufficientemente dalla consunzione (prodromo di “stonature” e “opacità”). Antonio Vasta da Barcellona Pozzo di Gotto porta alla zampogna la sperimentazione musicale della natìa Sicilia. Veronica Cianciaruso da Chiasso, Svizzera italiana, ha preso dal padre l’amore per uno strumento che divenne celebre anche nel Canton Ticino grazie a suonatori questuanti in cerca di valuta pregiata.<br />
</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">Messa sotto osservazione da musicisti che ne rilanciano il repertorio pur cercando di renderlo più duttile, la zampogna, dice Ambrogio Sparagna, conserva l’aspetto e il suono che ha in braccio allo zampognaro tipico, l’uomo con il cappello che si aggira per la città prima di Natale, vestito con il costume tradizionale, concentrato e impermeabile al vociare esterno, quasi un tutt’uno con quella spacie di capra che tiene tra le braccia. “Capra che canta”, così i vecchi zampognari chiamavano la zampogna con allusione all’“otre”, la sacca in cui si immette l’aria, fatta appunto di pelle di capra. Gli zampognari, in tempi recenti di revival della zampogna, hanno fatto subito notare agli animalisti che il modello alternativo suggerito dagli animalisti medesimi – in “copertone” di gomma con rivestimento in finta pelle – rischiava, alla lunga, di divenire tossico per il suonatore. E chissà se la precisazione ha infine placato gli animi degli amici della fauna da pascolo.<br />
</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">D’altronde Sparagna è abituato alle contestazioni – gli capitò anche negli anni Settanta, quando, fresco di studi di etnomusicologia, fondò a Roma la prima scuola di musica popolare, attirandosi le critiche dei ribelli antiborghesi duri e puri, convinti che l’industria musicale si dovesse contestare anche ridando la tradizione ai “compagni contadini e operai” (a suon di canti di lotta e di lavoro). Sparagna fece notare che la tradizione c’era, sì, ma era ricca soprattutto di canti legati alla tradizione religiosa. Non che il maestro piacesse al volo a tutti gli uomini di chiesa. A volte, ha detto in un’intervista alla rivista 30 giorni, ha riscontrato “diffidenza”: “La mondanizzazione contagia il ceto ecclesiastico… e così quando si organizza una manifestazione musicale o un concerto si invitano i divi pop-rock del momento…di fatto si fa avvizzire una ricchezza che è frutto della comunità cristiana che ci ha preceduti nei secoli… le zampogne dei pastori sono un organo portatile che ha dato solennità a tante celebrazioni religiose. E poi, mi viene da dire, a Betlemme c’era sì il sublime canto degli angeli ma anche quello umile e gioioso dei poveri pastori… i canti che dirigo, suono e canto in concerto è come se portassero la firma di quei semplici testimoni del fatto del Natale”. Magari poi “si vanno a cercare i gospel”, era la conclusione del maestro, “mentre in casa abbiamo questi tesori inestimabili… E’ come il buon vino paragonato alla Coca Cola, con tutto il rispetto”.<br />
</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">Se gli si chiede perché sia andato a recuperare con tanto incaponimento la zampogna, Ambrogio Sparagna, che è stato anche consulente dell’ex ministro della Cultura Francesco Rutelli per la musica popolare, parla di “sinfonicità” spontanea dello strumento. E’ una citazione, dice, da Hector Berlioz. Pare infatti che il grande musicista, arrivando da studente di musica a Roma, a inizio Ottocento, fosse rimasto talmente colpito dai concerti natalizi degli zampognari da decidere di seguirli per un mese intero, su per le montagne d’Abruzzo, nel gelo dell’inverno, per carpire i segreti delle armonie tramandate da quegli uomini un po’ zingari un po’ “bardi girovaghi”, come li chiamava Giuseppe Gioacchino Belli. “Dopo allegri e piacevoli ritornelli a lungo ripetuti”, scriveva Berlioz, “una preghiera lenta, grave, dal tono tutto patriarcale, viene a terminare degnamente l’ingenua sinfonia. Da vicino il suono è così forte che lo si può appena sopportare, ma a una certa distanza questa singolare orchestra produce un effetto delizioso, commovente, poetico, al quale anche le persone meno suscettibili di provare simili impressioni non possono rimanere insensibili”.<br />
</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">Prima e dopo Berlioz, chissà perché, la zampogna ha avuto fama di strumento goffo e lugubre – i detti popolari pullulano di gambe “grosse come zampogne”, gente che russa “come una zampogna”, “pive nel sacco” che sottolineano delusioni e disillusioni. Lo zampognaro è stato spesso visto come la prova inconfutabile del freddo che avanza in uno scenario grigionero da “Nightmare before Christmas”. La zampogna di Sparagna salta oltre questo immaginario di mestizia, torna diretta all’iconografia del presepe nel deserto del pastore errante e sorride a Gianni Rodari – che da fan dello zampognaro così lo onorò: “Se comandasse lo zampognaro che scende per il viale, sai cosa direbbe il giorno di Natale? ‘Voglio che in ogni casa spunti dal pavimento un albero fiorito di stelle d’oro e d’argento’”.<br />
</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">di Marianna Rizzini<br />
</div>Unknownnoreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-6377630068917367727.post-35811710755495828792009-12-23T22:27:00.001+01:002009-12-23T22:31:49.313+01:00BUON NATALE !<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7BtCNK8vCz7bAfaZmenPBf5tNs5_oBn3HgSy94OMnyVw7PzDpaV8oFNFgxaZbOEDeUn3xv4nm5roXGd7q_YfqLUIKi1O6EF_Kq-XgO8vrHtTNDiLj9VujXTmWuVTUUpQ5cyJyET133sA/s1600-h/Mistero_40_cm(coll.Cirillo)_.JPG"><img style="TEXT-ALIGN: center; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 214px; DISPLAY: block; HEIGHT: 320px; CURSOR: hand" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5418546823200008034" border="0" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7BtCNK8vCz7bAfaZmenPBf5tNs5_oBn3HgSy94OMnyVw7PzDpaV8oFNFgxaZbOEDeUn3xv4nm5roXGd7q_YfqLUIKi1O6EF_Kq-XgO8vrHtTNDiLj9VujXTmWuVTUUpQ5cyJyET133sA/s320/Mistero_40_cm(coll.Cirillo)_.JPG" /></a> Non so di chi sia questo dipinto, ma ne vorrei il vostro giudizio.Unknownnoreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6377630068917367727.post-19754661553946950742009-12-20T07:54:00.000+01:002009-12-20T07:54:04.184+01:00Natale toscano<div style="text-align: justify;">In Toscana è molto sentita la tradizione del presepe, la “capannuccia”, come solitamente si usa dire nel linguaggio comune, una sineddoche più che giustificata dato che, la parte più importante del presepe, è proprio la capanna della Natività, con tutta la sua simbologia religiosa e spirituale. L’ambiente circostante è solo un panorama complementare, quasi sempre avulso dalla realtà storico-geografica mediorientale. Il paesaggio è quello tipico dell’ appennino toscano, con molto verde, rappresentato dall’immancabile borraccina e dal muschio, con piccoli casolari, intagliati nel legno, nei colori caratteristici e nelle forme architettoniche peculiari della regione. Sulle aie animali da cortile in gesso ed i classici pagliai, oggi del tutto scomparsi dal panorama toscano, che, insieme ad ampie scorze di corteccia di sughero, a piccoli ruscelli, in carta stagnola ed a laghetti di specchi, completavano il presepe domestico o delle chiese più povere. Modesti doni portati dal Bambinello, quasi sempre dolciumi per i più piccoli, venivano posti alla base del presepe, quasi a simboleggiare l'innocenza. Un abete, con addobbi molto semplici, rispondenti all’antica tradizione nordica, frutta al posto delle insignificanti palle, fievoli e tremanti fiammelle delle candeline di cera al posto delle odierne sfavillanti e multicolori lampadine, allietava il soggiorno. Il prevalere, pertanto, della semplicità, del simbolismo e dell’atmosfera gioiosa e nello stesso tempo spirituale della Natività, sul materialismo della vita quotidiana. Poi venne il progresso, il boom economico, babbo Natale e la festa divenne occasione per dimostrare lo status symbol, il raggiunto benessere, i regali divennero costosi, appariscenti, quasi sempre inutili ed elargiti a tutti i conoscenti, col preciso scopo di farsi notare. Nei presepi comparvero le statuette di pregio, gli effetti luminosi speciali, gli alberi di natale furono addobbati riccamente, le tavole imbandite per novelli Pantagruel, in pratica un ritorno ai pagani saturnali, che, nell'antica Roma, si celebravano proprio in questo periodo. La vuota esteriorità prese, e continua ad avere, il sopravvento sul significato più profondo della Natività che è la redenzione dell’uomo.<br />
</div>aquaeductushttp://www.blogger.com/profile/01977847432854549767noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-6377630068917367727.post-14179176220851392662009-12-13T09:08:00.000+01:002009-12-13T09:08:59.020+01:00Ave Maria<object height="344" width="425"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/vXw3Hj6vRoc&hl=it_IT&fs=1&"></param><param name="allowFullScreen" value="true"></param><param name="allowscriptaccess" value="always"></param><embed src="http://www.youtube.com/v/vXw3Hj6vRoc&hl=it_IT&fs=1&" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" width="425" height="344"></embed></object>aquaeductushttp://www.blogger.com/profile/01977847432854549767noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6377630068917367727.post-8485305393314193722009-11-18T20:49:00.002+01:002009-11-18T20:59:44.279+01:00Il Louvre non vale una messa<a href="http://www.tempi.it/cultura/008018-il-louvre-non-vale-una-messa?page=0">http://www.tempi.it/cultura/008018-il-louvre-non-vale-una-messa?page=0</a>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6377630068917367727.post-37834875688287718732009-11-12T05:00:00.015+01:002009-11-12T05:19:27.613+01:00Telemaco Signorini e non solo. giovedì 29 ottobre 2009<br />
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<div style="text-align: justify;">Telemaco Signorini nasce a Firenze nel 1835. Fa parte della corrente dei Macchiaioli, ma si distingue per scelte d'arte personali: da caratterizzazioni sociali in alcuni temi, a influssi espressivi che ricevette dai numerosi contatti illustri, e per l'elaborazione di un forte linguaggio. La pittura dei macchiaioli ha una trama di relazioni con l'impressionismo anche se sviluppa una propria 'estetica' della macchia; nei soggetti ha attinenza con il verismo sociale e il naturalismo, è intrisa talvolta di realismo e descrittivismo. A volte convivono una rappresentazione sentimentale accanto a una 'documentaria' più tipicamente veristica, talvolta gli studi vengono svolti rigorosamente dal vero e anche la fotografia inizia ad essere usata per studiare la luce. Il gusto descrittivista può però spingersi fino al bozzetto, come in "La toeletta del mattino" (1898, opera tarda di Signorini, morirà nel 1901) che risente degli influssi di Degas:<br />
</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjjbaRVBj8TQqklxPUdsRGwJrsEyhHb5YjwO0cGYpcJd4pCEGWMQ_e3cNFdMDH_p7hFbC1J03zRecHoMzFVzWi-a1sSGPiC8oaInoPR0-7U7bWcmYYV6wRkjKET1KRxwVabIKJC9QhXNMc/s1600-h/signorini+la+toeletta+del+mattino.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; cssfloat: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" sr="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjjbaRVBj8TQqklxPUdsRGwJrsEyhHb5YjwO0cGYpcJd4pCEGWMQ_e3cNFdMDH_p7hFbC1J03zRecHoMzFVzWi-a1sSGPiC8oaInoPR0-7U7bWcmYYV6wRkjKET1KRxwVabIKJC9QhXNMc/s320/signorini+la+toeletta+del+mattino.jpg" /></a><br />
</div><div style="text-align: justify;">Oltre all'amata Toscana, alle campagne, Signorini fu a Venezia, presso le Cinque Terre, Roma, Napoli. Conobbe Giuseppe De Nittis. I macchiaioli italiani hanno dato vita a un'esperienza pittorica originale e degna di coesistere a fianco di altri movimenti internazionali. Signorini in particolar modo è artista conosciuto e quotato anche all'estero. Si tratta nel suo caso non solo dello stile della 'macchia', ma di un approfondimento di luminosità, volumi e profondità, una sorta di drammaturgia della luce.<br />
</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: right;">"Non potendo aspettare" (Signorini 1867)<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7fNilbWizvyOr4jp8P9_JLcazUAC8lKiPhLZC98fnyAWD68uP7vff5Prg3jUmAwSowTQzImxSFjk4c0EVk2lwGlC6SIB0rSv3se6fS_CT0J1YmsCyA8_NdzZOh8X-JMPCMmY7WdVUIhs/s1600-h/signorininonpotendoaspettare1867.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; cssfloat: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" sr="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7fNilbWizvyOr4jp8P9_JLcazUAC8lKiPhLZC98fnyAWD68uP7vff5Prg3jUmAwSowTQzImxSFjk4c0EVk2lwGlC6SIB0rSv3se6fS_CT0J1YmsCyA8_NdzZOh8X-JMPCMmY7WdVUIhs/s320/signorininonpotendoaspettare1867.jpg" /></a><br />
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</div><div style="text-align: justify;">La particolarità della Mostra (fino al 31 gennaio 2010 a Palazzo Zabarella a Padova) si evince già dal titolo<br />
</div><div style="text-align: justify;">"Telemaco Signorini e la pittura in Europa": oltre alle opere del Nostro si avrà occasione di vederne molte altre estere, per mettere in relazione differenti sensibilità e le correnti europee tra loro. <br />
</div><div style="text-align: justify;">Signorini a Firenze frequentò il circolo degli intellettuali inglesi, fra cui Joseph Middleton Jopling,amico del preraffaellita John Everett Millais.<br />
<br />
<a href="http://it.wikipedia.org/wiki/John_Everett_Millais">http://it.wikipedia.org/wiki/John_Everett_Millais</a><br />
</div><div style="text-align: justify;">a Parigi conobbe Zola, Manet e Degas, in occasione dei soggiorni in Francia ed Inghilterra. La mostra testimonia la sua evoluzione artistica, dalle prime esperienze all’influenza di Courbet, fino all’ultima stagione segnata dall'elemento della figura umana, con uno scorcio importante della pittura europea fine 800. <br />
</div><div style="text-align: justify;">Tra il centinaio di opere esposte, anche il famoso Degas "L’Absinthe" (1876) offerto dal Museo d'Orsay, qui http://it.wikipedia.org/wiki/L%27assenzio (non solo un liquore, ma un vero fenomeno sociale).<br />
</div><div style="text-align: justify;">In più, presenti opere di Tissot, Decamps, Troyon, Toulouse-Lautrec, Corot, Courbet, Rousseau, Stevens, Sisley…<br />
</div><div style="text-align: justify;">Uno dei leitmotiv della mostra è accostare, per esempio, gli interni di Signorini a quelli di Degas o di Toulouse-Lautrec, o mostrare le stesse vie di città italiane, francesi, inglesi, rappresentate da pittori differenti. Tra i più suggestivi di Signorini, nell'adesione alla poetica del vero della tranche de vie cittadina, sono (qui sotto) "Pontevecchio" a Firenze (criticato all'Esposizione Nazionale a Torino del 1880 per la sua fotograficità), e <br />
</div><div style="text-align: justify;"> "Una Via di Edimburgo":<br />
</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj6fqo2bpAhMCjAvhQwPskffIbmSmMQjhCqiiBUOPmzoGTMqqqNCULLCVKZbjVaaQMJw2R0lWXIt3KDOdwhzKlC3dvfBMSzeCQKM-oK9BWtqMjQjzRl_qWXX1PcAB3vvHFy3jdqpJW89HY/s1600-h/Signorini_pontevecchio.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; cssfloat: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" sr="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj6fqo2bpAhMCjAvhQwPskffIbmSmMQjhCqiiBUOPmzoGTMqqqNCULLCVKZbjVaaQMJw2R0lWXIt3KDOdwhzKlC3dvfBMSzeCQKM-oK9BWtqMjQjzRl_qWXX1PcAB3vvHFy3jdqpJW89HY/s320/Signorini_pontevecchio.JPG" /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh1G_vqilANCGEAcP2kpuH1fP__W-QydwGBBuZEFpuLe-P5UuavVrbyQX_WwOgJvKmy1VdkveU9AxamRu40HcE-r8TWG2G4Zwya3T3gdLyOpJHR5ij96oMFStVdasnYmJB-v_55vniroG4/s1600-h/Signorini+-+Una+via+di+Edimburgo.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" sr="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh1G_vqilANCGEAcP2kpuH1fP__W-QydwGBBuZEFpuLe-P5UuavVrbyQX_WwOgJvKmy1VdkveU9AxamRu40HcE-r8TWG2G4Zwya3T3gdLyOpJHR5ij96oMFStVdasnYmJB-v_55vniroG4/s320/Signorini+-+Una+via+di+Edimburgo.jpg" /></a><br />
</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">Simbolo della mostra è “Alzaia” di Signorini del 1864: uomini raffigurati nello sforzo di trascinare controcorrente un pesante naviglio, che nel quadro non compare,<br />
</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">visibile nella pag. al sito della mostra http://www.palazzozabarella.it/ita/index_tree.asp?CSez_ID=MOST&CCat_ID=MTRA<br />
</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">Famoso anche il suo “Sala delle agitate al san Bonifazio di Firenze” per l'attenzione di Signorini a emarginati e disadattati. L'immagine dal manicomio è impostata in prospettiva obliqua e la drammaticità è sottolineata dall'ampiezza dello stanzone, immerso nella luce biancastra, su cui si stagliano impersonali le figure, qui http://www.retepiacenza.it/UserFiles/Image/arte/Telemaco%20Signorini.jpg<br />
</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">Qui ancora "Novembre" e<br />
"Sulle colline a Settignano"<br />
</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhqsZXirlkiAhqxTiVhFk6ceOwyeA3bM72pWIBfrXu4KiTE1EHrifiqFkoZYZguHLx4oq0BV6H1T_rEnwpPuB9Jw4LaeXh8NB-lBSMI1B6PdqmQhyphenhyphen4_xZMBGKRkdjEpWX30mn72aCIfY84/s1600-h/signorini+novembre.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; cssfloat: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" sr="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhqsZXirlkiAhqxTiVhFk6ceOwyeA3bM72pWIBfrXu4KiTE1EHrifiqFkoZYZguHLx4oq0BV6H1T_rEnwpPuB9Jw4LaeXh8NB-lBSMI1B6PdqmQhyphenhyphen4_xZMBGKRkdjEpWX30mn72aCIfY84/s320/signorini+novembre.jpg" /></a><br />
</div><div style="text-align: justify;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhPCXBPpKV-jCpn82vI1RvU6PzTmgQvSJpQogamDmu0AQtQn4UImpL6lHna3da2GkbryMu8AUY3Ow_u3vK6zdendCbP3gFLMUl-WYi2eBdunqnFpPDGFYQSOsx_Zurqc26KAHAD4m4hrus/s1600-h/signorini+sulle+colline+di+settignano.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; cssfloat: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" sr="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhPCXBPpKV-jCpn82vI1RvU6PzTmgQvSJpQogamDmu0AQtQn4UImpL6lHna3da2GkbryMu8AUY3Ow_u3vK6zdendCbP3gFLMUl-WYi2eBdunqnFpPDGFYQSOsx_Zurqc26KAHAD4m4hrus/s320/signorini+sulle+colline+di+settignano.jpg" /></a><br />
</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">Palazzo Zabarella, Padova: tutti i gg 9.30-19.30 <br />
</div><div style="text-align: justify;">chiuso il martedì se non festivo<br />
</div><div style="text-align: justify;">Ingresso: intero euro 10; ridotto euro 5<br />
</div><div style="text-align: justify;">Per informazioni: 049 87 53 100<br />
</div><div style="text-align: justify;">199.199.100<br />
</div><div style="text-align: justify;"><a href="http://www.palazzozabarella.it/ita/index_tree.asp?CSez_ID=MOST&CCat_ID=MTRA">http://www.palazzozabarella.it/ita/index_tree.asp?CSez_ID=MOST&CCat_ID=MTRA</a><br />
</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">postato da Josh su <br />
</div><div style="text-align: justify;"><a href="http://esperidi.blogspot.com/2009/10/telemaco-signorini-e-non-solo.html">http://esperidi.blogspot.com/2009/10/telemaco-signorini-e-non-solo.html</a><br />
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</div>aquaeductushttp://www.blogger.com/profile/01977847432854549767noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6377630068917367727.post-56494840527934209022009-11-07T11:09:00.004+01:002009-11-07T20:47:21.809+01:00Aleatorietà del PIL<div align="justify">Da una mail dell'amico Alberto.<br />Nota:<br />Viene qui riportato il sunto di un discorso fatto da<a href="http://it.wikipedia.org/wiki/John_Fitzgerald_Kennedy"> John Fitzgerald Kennedy </a>, prima di diventare presidente degli Stati Uniti d'America; riguarda il suo pensiero circa l'inadeguatezza degli indicatori economici, nel caso specifico il PIL. Detto in parole semplici, il candidato presidente Kennedy metteva in guardia, già mezzo secolo fa, su aleatorietà e incostintenza del famigerato indicatore economico PIL = Prodotto Interno Lordo.<br /><br /><em>Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine beni terreni.</em><br /><em></em><br /><em>Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones, nè i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo.</em><br /><em></em><br /><em>Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.</em><br /><em></em><br /><em>Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.</em><br /><em></em><br /><em>Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere o l'onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell'equità nei rapporti fra di noi.</em><br /><em></em><br /><em>Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.</em><br /><br />Note:<br />Kennedy è stato il primo presidente cattolico degli Stati Uniti.<br />Dal contenuto, questo post è perfettamente amalgamabile con quanto scritto da Hesperia nel suo ultimo post, ( <a href="http://esperidi.blogspot.com/2009/11/land-of-plenty-e-la-fine-del-sogno.html">questo </a>).<br />Questo post, pubblicato da uno che si è molto dilettato di economia e finanza, e che quindi ha sempre dato rigorosa importanza agli indici economici finanziari, è l'esplicita confessione di una sua sonora e personale sconfitta.</div>marshallhttp://www.blogger.com/profile/18114663981457754109noreply@blogger.com0