sabato 31 ottobre 2009

Dante a Venezia

Dante a Venezia soggiornò nei primi mesi del 1321 in qualità di ambasciatore di Guido Novello da Polenta, signore di Ravenna. Dante fu incantato dalla bellezza di Venezia, ma soprattutto dall'efficienza dell'Arsenale, allora in piena attività. L'Arsenale di Venezia ebbe nel momento di maggior potere della Serenissima un'organico di quasi 20.000 lavoratori, tutti specializzati, che erano chiamati arsenalotti. Cronache dell'epoca riferiscono che all'interno dell'Arsenale fosse possibile costruire una galea (una grossa nave da combattimento) nell'arco di una sola giornata. A Dante fu concesso il permesso di visitare l'Arsenale (privilegio concesso a pochi, ma il Sommo Poeta era già famoso all'epoca) ed egli ricompensò Venezia con alcuni versi eterni composti all'interno della Divina Commedia. Tali versi sono parte del XXI canto dell'Inferno, le cui 3 celebri terzine iniziano così:




Quale nell'Arzanà de' Viniziani
bolle l'inverno la tenace pece
a rimpalmare i legni lor non sani.

Una incisione su marmo con le tre terzine di Dante è stata collocata alla sinistra dell'entrata principale dell'Arsenale (vedi foto sotto). Sulla destra del grande portone di ingresso invece si può ammirare un busto in bronzo del Sommo Poeta. La visita di Dante a Venezia fu involontariamente la causa della sua morte. Sulla strada del ritorno, passando nei pressi delle Valli di Comacchio, il Vate contrasse la malaria. A seguito di questa malattia Dante Alighieri morì il 14 settembre 1321 a Ravenna, ultima meta del suo girovagare per l'Italia dopo che egli fu esiliato dalla sua città natale, Firenze. Dopo la morte di Dante i veneziani vollero ricordare la sua memoria con i nomi di 3 edifici localizzati all'interno dell'Arsenale, li chiamarono Inferno, Purgatorio e Paradiso.


Viste dell'Arsenale e dell'ingresso









Dedico questo post a Mario/marshall che è un grande appassionato di Dante. Sono sicuro che mi perdonerà nel caso l'articolo dovesse contenere delle imprecisioni.

A seguito della lettura di questo articolo Mario/Marshall ha scovato un giallo nella vita di Dante, di cui scrive nel proprio blog ecopolfinanza.
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postato per gentile concessione da

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Quello che scrive Marshall sul suo blog


Un giallo nella vita di Dante

Quale ne l'arzanà de' Viniziani
bolle l'inverno la tenace pece
a rimpalmare i legni lor non sani,

ché navicar non ponno; in quella vece
chi fa suo legno novo, e chi ristoppa
le coste a quel che più viaggi fece;

chi ribatte da proda, e chi da poppa;
altri fa remi, e altri volge sarte;
chi terzeruolo e artimon rintoppa;

Inferno, Canto XXI, versi 7 - 15

Questi versi sono stati scritti (dovrebbero essere stati scritti ?) da Dante in occasione della visita all'Arsenale di Venezia, fatta per assecondare un desiderio di Guido Novello da Polenta, Signore di Ravenna, suo mecenate del momento, che lo mandò in ambasciata a Venezia per cercare di risolvere diplomaticamente una spinosa questione.
Indro Montanelli, profondo conoscitore di Dante, nel libro "Ritratti", così descrive - liquidandolo con poche parole - quell'episodio cruciale e fatale per la vita del Sommo:

"Fu così che (Guido) una volta lo mandò a Venezia per risolvere una spinosa diatriba che minacciava di sfociare in una guerra tra le due città (Venezia e Ravenna). S'ignora come Dante se la cavasse. Forse non fece nemmeno in tempo a svolgere il suo compito perchè cadde ammalato e, sentendo approssimarsi la fine, affrettò il ritorno. Doveva trattarsi di una forma acuta di malaria perchè aveva la febbre altissima e delirava. Quando arrivò a Ravenna era già allo stremo. Non si sa nemmeno se riconoscesse i volti dei figli e degli amici che si avvicendavano al suo capezzale. Spirò nella notte fra il 13 e il 14 settembre del 1321".

Non si hanno notizie di altri viaggi di Dante a Venezia, ma quei versi, inseriti per descrivere quanto avviene nella V bolgia dell'Inferno - quella dei Barattieri - sono stati (pare, perchè ora il dubitativo mi diventa d'obbligo) senzaltro ispirati dalla visita fatta all'Arsenale di Venezia in quell'occasione (ma forse un'altra eventuale occasione). Venezia, a quell'evento ha dedicato una targa con incisi quei nove versi (vedere foto e descrizione al post di Fausto: questo ).


Il dubbio è venuto perchè Dante avrebbe completato la Cantica dell'Inferno nel 1313, mentre quei versi dovrebbero essere stati composti nel 1321, in occasione di quella visita. Altro punto cruciale: se Dante era morente, come ha fatto a scrivere quei versi? Potrebbe averlo fatto dettandoli, facendoli inserire in quel punto del XXI Canto. Ma di questa sorta di giallo pare che nessun commentatore di Dante ne parli.

Se qualcuno avesse spiegazioni plausibili, le proponga.

seguono i commenti dal blog di Marshall
http://ecopolfinanza.blogspot.com/2009/10/un-giallo-nella-vita-di-dante.html

10 commenti:

  1. Marshall
    un ragionamento del tutto teorico.
    Se Dante, come probabile, finì di comporre l'inferno intorno al 1309,infatti i riferimenti storici non vanno oltre quella data e, poichè nessuna biografia riporta viaggi a Venezia antecedenti a quella data,farei questa considerazione.
    I versi descrivono i lavori che venivano effettuati e le attrezzature presenti nell'arsenale ma non descrivono l'Arsenale, cosa strana perchè indubbiamente è una costruzione originale sia per come è stata costruita sia per la sua collocazione e, a mio giudizio,se l'avesse visto, avrebbe fatto cenno a qualche dettaglio.
    Volendo dare importanza alla quantità di pece presente nella bolgia la paragona a quella che doveva esserci in un grande arsenale famosissimo come quello di Venezia. Da ciò si potrebbe dedurre che Dante non avesse visto l'arsenale,ma le attività tipiche dell'arsenale, gli erano ben note perchè comuni in tutti i porti, magari fatte in banchina o in ricoveri di fortuna,ma non c'è dubbio che le barche venivano calatafate ovunque e soprattutto d'inverno.E' un metodo antichissimo di cui Dante non poteva esserne all'oscuro.
    Marcello

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  2. Sarc.,
    no, Dante c'è stato sicuramente all'Arsenale, durante quel breve soggiorno veneziano. Da altra parte, sempre da Montanelli, avevo letto un tracciato molto più preciso e dettagliato di quel viaggio a Venezia. E Montanelli è sempre stato abbastanza preciso e meticoloso nello scrivere, soprattutto quando trattava di Dante. Anche se la tua tesi non fa una grinza, credo invece che Dante abbia avuto la giusta ispirazione per descrivere quanto accade nella bolgia dell'Inferno, dopo aver assistito alle lavorazioni che avvenivano nell'Arsenale di Venezia, e non in altri siti. Lì c'erano anche i 20.000 arsenalotti, dediti al lavoro forsennato con la pece bollente, che gli hanno reso l'esatta idea di quella "sua" bolgia infernale, come lui se la sarebbe immaginata. In tutta la penisola, e forse nemmeno a Marsiglia, dove non sono certo sia stato (anche se nella Divina Commedia, forse in Purgatorio, parla di un personaggio marsigliese), credo esistesse un arsenale simile a quello di Venezia. Venezia aveva sicuramente il più grande arsenale di tutto il Mediterraneo. Imparo dal post di Fausto che gli arsenalotti riuscivano anche a costruire una galea in un sol giorno. Tra l'altro, questo vuol dire forza di organizzazione, capacità, volontà, grinta, ecc. Tutte doti che, a quanto pare, i Veneti attuali hanno ereditato da quelle generazioni; doti, quindi, insite nel loro dna (vedi anche Brunetta).
    Con tutto ciò, però, il giallo nella vita di Dante rimane da svelare.
    Ciao.

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  3. Marshall
    L'andata di Dante a Venezia, come ambasciatore dei Polenta,secondo quanto scritto, è un avvenimento accaduto in data decisamente posteriore alla scrittura del XXI canto dell'inferno,è stato nell'anno della sua morte il 1321. Approssimativamente più di 12 anni dopo aver scritto quei versi.

    Può essere che fosse stato a Venezia anche in precedenza e che nessun biografo abbia riportato l'evento,ma credo che la vita di Dante sia stata passata al setaccio, da numerosissimi studiosi e quindi mi pare poco probabile.

    Escluderei una revisione, da parte dello stesso Dante, del testo in epoca così successiva, anche perchè impegnato nella stesura del Paradiso conclusasi soltanto pochissime settimane prima della morte e poi difficilmente, data la malattia e la febbre alta, sarebbe stato in grado di farlo.

    Escluderei anche una manipolazione di terzi,in quanto l'impianto poetico della commedia non è facilmente modificabile e poi a che pro?
    A mio modestissimo avviso, il riferimento all'Arsenale di Venezia
    è solo per dare importanza al concetto che Dante vuole esprimere in quel contesto, che è la quantità di pece, che, necessariamente, nell'arsenale di quelle dimensione doveva essere elevata e per affermare questo non è necessario averlo visitato.

    Un esempio io non sono stato ad Yokohama (importante porto giapponese scalo di navi portacontainers) quindi,pur essendo al corrente della sua esistenza ed della sua importanza,non sono in grado di descriverti le sue caratteristiche strutturali,ma sono perfettamente in grado di descriverti l'attività che vi viene svolta,anche senza averlo visto,in quanto comune ad altri porti da me conosciuti.

    Il bello della critica letteraria è che tutti i critici si affannano a far dire al poeta cose che probabilmente non gli erano passate neanche per l'anticamera del cervello....
    ciao
    Marcello

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  4. Marcello, mi sembra alquanto improbabile che Dante non abbia visitato l'Arsenale di Venezia. Nei versi delle terzine in questione Dante descrive in modo così vivace il frenetico lavoro che si svolgeva all'interno dell'Arsenale. Credo che solamente una persona che avesse visto l'esecuzione di tali lavori avrebbe potuto ricostruirne le diverse attività con dei versi così appropriati. Inoltre nell'ultima terzina Dante usa dei termini tecnici propriamente marinareschi quali "sartia" (la fune che regge l'albero di una barca a vela), "terzeruolo" e "artimone" (che sono dei particolari tipi di vela). Tali termini Dante li sentì con tutta probabilità dalle maestranze che lavoravano all'Arsenale. Non si può escludere comunque che Dante si sia documentato prima di scrivere i suoi versi e fosse così in grado di sapere alcuni termini marinareschi (di cui la maggior parte delle persone al giorno d'oggi ignora il significato). Il "giallo" di Dante è ancora lontano dall'essere risolto.
    Saluti e complimenti per il tuo blog,
    Fausto

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  5. Benvenuto Fausto

    Essendo livornese ed appassionato di vela, quei termini marinareschi mi sono piuttosto familiari, ma solo ora ho pensato che erano
    ben noti anche nella Toscana del 1300,non dimenticare che Pisa era una repubblica marinara ed aveva un arsenale seppur molto più piccolo di quello veneziano.
    E' possibile che Dante li abbia appresi,proprio vicino a casa sua.

    Anche se non correva certo buon sangue tra le due città toscane....

    Ahi Pisa, vituperio delle genti
    del bel paese là dove 'l sì suona,
    poi che i vicini a te punir son lenti,
    muovesi la Capraia e la Gorgona,
    e faccian siepe ad Arno in su la foce,
    sì ch'elli annieghi in te ogne persona!
    inf.canto XXXIII

    Sono tutte mie ipotesi,ma potrebbe essere anche vero che Dante abbia visitato Venezia prima 1309 e che nessuno lo sappia.
    Speriamo che qualcuno ci sappia illuminare in merito.
    ciao

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  6. Fausto,
    benvenuto anche in quest'altro blog collettivo.
    Ho letto con attenzione i vostri commenti ben argomentati, e mi sono accorto che, in ogni caso Dante ci ha lasciato un bel "giallo" da risolvere (a tale scopo,vedere anche il commento di Sympatros sul mo blog, contenente la conclusione cui era pervenuto Umberto Bosco, in merito a questo "giallo").

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  7. Marshall
    Sympatros l'ho letto ma attendevo un suo successivo intervento a seguito del tuo commento.
    ciao

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  8. Marsall
    ho letto solo ora l'altro commento di Sympatros
    poichè non aggiunge niente riporto quello precedente

    Sympatros ha detto...
    Marshall, il problema che tu poni non è nuovo, se l'era già posto tanti anni fa anche Umberto Bosco che così chiosava in proposito:

    La potenza rappresentativa del quadro ha spinto molti esegeti a voler riconoscere qui la presenza di uno spettacolo visto personalmente dal poeta; ma la possibile e presumibile presenza di Dante a Venezia, che sarebbe databile solo tra il 1308 e il 1310, lo farebbe escludere perché troppo tarda, a meno che si tratti di un ritocco posteriore

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  9. By Josh, at 7:25 PM

    Escluderei anche io come fa Sarc che il testo sia stato ritoccato in epoca così tarda. Il Sapegno non ne fa gran cenno, non si pongono il problema. Nemmeno l'ottimo commento di Pasquini per la Garzanti. Più di quel che ha detto Sympatros non saprei.
    Tieni conto poi io sono uno studioso di relazioni tra testi...e molto meno delle relazioni con la vita degli autori...a parte questa mia predilezione, ho la stessa idea di Sarc. sulla datazione. Non ci sono elementi veri per porre la datazione del testo così avanti nel tempo.

    Josh

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  10. Marshall ha detto

    Josh,
    grazie per l'intervento.
    La grandiosità dell'opera rende irrilevanti pecche di questo genere: che Dante visiterebbe Venezia nel 1321, ma già nel 1309 ci fa pensare ad una visita sul luogo, avendole dedicato quei versi; che la città di Venezia ha immortalato sui marmi all'ingresso dell'Arsenale, facendone proprio vanto.
    Pertanto, come la si voglia girare, per me rimane un giallo irrisolto, perchè và ricordato che quei versi sono dedicati all'Arsenale di Venezia, che Dante dovrebbe aver visto di persona, con i propri occhi.
    E' da presumere, infatti, che abbia visto tutti i siti descritti nella Divina Commedia, almeno quelli descritti con dovizia di particolari. Pare ci sia una grande eccezione a tal riguardo: Montecassino. Ma i versi ce ne sono usciti sono di una tale bellezza, da rendere ininfluente qualsiasi ricerca di approfondimento o di altro genere.

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