martedì 28 aprile 2009

Guardate è un pezzo di marmo.



http://www.ziche.net/Materiali/Blu/1-Azul-cielo-sodalite-macaubas-palissandro-blue-sky-bahia-acqua-marina-luise-blue.htm

Quelli del Global Worming devono aver visto questa immagine : i ghiacci si sono sciolti e il resto si desertifica.

martedì 21 aprile 2009

Anche la fotografia è arte

In passato un’opera d’arte per essere considerata tale aveva canoni ben precisi.
Oggi si dice che se “una bottiglia di latte entra dentro un museo diventa immediatamente un'opera d'arte”, questo perché l’arte contemporanea si avvale di mezzi diversi per esprimersi, uno dei quali è appunto la fotografia, anzi è proprio grazie ad essa, che ritrae perfettamente il mondo circostante, che la pittura ha potuto abbandonare la riproduzione minuziosa della realtà, per esprimersi in altre forme più fantasiose.
Gli impressionisti, per esempio, analizzavano i rapporti variabili di luce all’interno della natura con l’ausilio di una macchina fotografica, per ottenere in seguito, nelle loro opere, una migliore resa dell’atmosfera.
Il modo d’intendere la fotografia una forma d’arte, iniziò quindi nel 1890, raggiunse il suo apice nel 1910 e si diffuse in tutto il mondo, ma soprattutto in Francia, patria dell’impressionismo.
Luis Ducon du Hauron ideò nel 1889 un dispositivo per ottenere il cosiddetto “trasformismo” in fotografia (immagini alterate da specchi deformanti), che però non piacque al pubblico.
Non è facile stabilire quando la fotografia diventa arte, e non è detto che sia appannaggio solo dei grandi fotografi, vi sono al mondo dei fotografi dilettanti che scattano fotografie meravigliose.
Ed è questo il grande pregio della fotografia, il poter esprimere le proprie estro artistico, anche se non si conoscono nozioni tecniche complicate.
Chi non ha mai provato a “rubare” alla natura la sua grande maestria di pittrice di se’ stessa?
In ogni modo, per avvicinarsi all’arte, dietro alla fotografia ci dev’essere un pensiero. Deve esprimere un concetto, sociale, politico, legato al tempo in cui stiamo vivendo, inquinamento, povertà, opere umane, forze della natura, ecc. tutto può essere filtrato dall’obiettivo e può trasformarsi in arte, basta che dietro ci sia “un pensiero”.
In questo senso illuminante è la storia di una fotografa americana, Nan Golding, segnata dal suicidio della sorella, è proprio fotografando la propria famiglia e gli amici punk drogati e disperati che ha iniziato il suo lavoro fotografico, ignorato per molto anni.
Nan era poverissima, poi un giorno, qualcuno si è accorto della sua bravura perché lei, Nan Golding, era dentro il “mondo” che descriveva, la sua opera è inseparabile dalla sua vita.
Il Whitney Museum of American Art, un museo di arte contemporanea americana di New York ha realizzato una mostra su un book di sue fotografie. Nan Golding, oggi, vende moltissimo, dopo essere stata poverissima per tutta la vita. Questo perché lei ha raccontato, dal di dentro e molto bene, (senza sapere niente di storia della fotografia, dell'arte, della composizione) il mondo “estremo” in cui viveva. Oggi le sue fotografie costano cifre da capogiro, e pur non pensando minimamente di fare arte, Nan Golding è arte, perché è dentro un museo.
Needle

domenica 19 aprile 2009

Il vino in poesia

Nei giorni scorsi nel gruppo si è parlato di vino.
Mi sono ricordato che avevo un vecchio libro di poesie del Redi e tra queste un ditirambo su Bacco.
Vi propongo alcuni versi,quelli iniziali.


venerdì 10 aprile 2009

Una giornata strana vissuta molti, molti anni fa.

Negli anni cinquanta abitavamo vicino ad Arezzo, non lontani dal convento dei frati cappuccini. Nelle famiglie cattoliche di allora era “cosa buona e giusta” avere un consigliere spirituale, nella fattispecie impersonato da Padre Giovanni. Un vero francescano che viveva nella povertà più assoluta. Indossava un saio liso ma pulito, una magrezza, da far paura, dovuta ai lunghi digiuni, un’ intelligenza viva ed una grande cultura, non solo religiosa, che tuttavia non ostentava. Sapevamo che il convento era molto povero, pertanto a volte, Padre Giovanni era da noi a pranzo. La sua conversazione era sempre piacevole e profonda, la sua fede era incrollabile ma non prevaricatrice. Capitò un giorno, che ci disse, dopo pranzo, di non potersi trattenere perché aveva molta strada da fare. Alla domanda dove fosse diretto ci rispose: a Siena. Da casa nostra a Siena c’erano circa sessanta chilometri. Gli chiedemmo come intendesse andarci. Risposta: a piedi e aggiunse la divina Provvidenza mi accompagnerà. Dopo averci salutato partì. Rimanemmo perplessi ben sapendo che non aveva mai denaro con sé. Dopo un po’ mio padre, che poi tanto cattolico non era, mi disse: te la senti di vestire i panni della divina Provvidenza? Prendemmo la macchina e raggiuntolo ci avviammo verso Siena. La strada di allora passava per Montesansavino ed in cima al passo ci investì in pieno un temporale . Non si vedeva più niente ci dovemmo fermare: tutto intorno tuoni, grandine e fulmini. Allora, mio padre, professore di fisica, forse per rincuorarmi, disse: in queste condizioni la macchina si comporta come una gabbia di Faraday pertanto non c’è alcun pericolo. Il frate aggiunse: la divina Provvidenza non mi ha mai abbandonato. Sapevo perfettamente cosa fosse una gabbia di Faraday, ma vi assicuro che un conto è studiarla sui libri del liceo e un altro starci dentro!! Non osai dire ad alta voce quello che mi passò per la mente. E se la famosa gabbia non funzionasse? E se la divina Provvidenza fosse impegnata altrove? Andò tutto per il meglio. Non so se per merito della gabbia, come sosteneva mio padre o per merito della Provvidenza, come sosteneva il frate, oppure per il caso come pensavo io. Ossia lo scienziato, il credente e lo scettico.