venerdì 8 marzo 2013

Associazione Culturale Felicita Merati


Nova Milanese: Piazza Marconi e Chiesa Sant'Antonino - da Verylemon.blogspot.com

Anche Nova Milanese (foto) ha la sua  santa Beretta Molla, è Felicita Merati, a nome della quale un gruppo di amici novesi ha intitolato l'associazione culturale che reca il suo nome: Associazione Culturale Felicita Merati. Di essa ne avevo sentito parlare per la prima volta nell'ottobre 2008, per l'occasione di un convegno in cui si sarebbe dibattuto di Sacralità della vita. 
 
Ma chi era Felicita Merati?

Donna dei nostri giorni, giovane moglie e già madre di un bambino, alla seconda gravidanza scopre di avere un tumore. Le s'impone subito il tragico dilemma: o lei, o il figlio. Consapevole del destino cui sarebbe andata incontro, decide di rinunciare a curarsi per consentire al figlio di venire alla luce. Alla nascita del figlio Felicita muore, consapevole però che il suo gesto eroico lascierà ai figli il più grande degli insegnamenti: l'amore grande che va oltre la vita.

All'avvento dell'Associazione, rimasi un po scettico nell'apprendere ruolo e finalità che si era data. La mia perplessità era derivata dal fatto che negli anni '80 e '90 molte associazioni culturali erano nate col solo scopo di lucrare i contributi statali e regionali a fondo perso loro concessi; spesso inutili contributi che hanno avuto un loro peso nella formazione del rilevante debito pubblico, causa prima dei mali che affliggono l'Italia. Ma la presenza in questa associazione di persone rette ed integerrime, oltre che intellettualmente colte, mi ha tolto ogni dubbio circa i loro reali obiettivi, e il proseguo delle loro attività me lo ha poi confermato. Ricordo ancora con piacere la bella mostra dedicata al mio beniamino Giovannino Guareschi, dal titolo Non muoio neanche se mi ammazzano - l'avventura umana di Giovannino Guareschi,


 allestita nel settembre 2010 nei locali di Villa Vertua Masolo di Nova Milanese (vedere anche qui: Alla riscoperta di Guareschi), e quella sui monaci benedettini 









(La città e l'Acropoli di Cassino), allestita nel settembre 2011 nella Sala Gio.I.A. di piazza Gio.I.A. a Nova Milanese,  dal titolo Alle radici dell'Europa - Con le nostre mani ma con la Tua forza, e quella più recente dedicata allo scrittore brianzolo Eugenio Corti, dal titolo Dalla Brianza al Mondo - Lo scrittore Eugenio Corti, per il quale è stato scritto il post Per la candidatura di Eugenio Corti al Nobel, in occasione della richiesta per la sua candidatura al Premio Nobel, lanciata dal giornale Il Cittadino.

Per domani, 9 marzo 2013, l'Associazione ha organizzato la visita guidata  Chiese di San Giovanni in Conca, San Nazaro e San Simpliciano di Milano. Quest'ultima, fondata da Sant'Ambrogio nel 382, e intitolata a San Simpliciano nel VII secolo, è particolarmente cara ai milanesi doc, non tanto, ma anche perchè conserva le vestigia del Carroccio, usato dai comuni della Lega Lombarda, coalizzatisi per lo scontro contro le forze di Federico Barbarossa nella Battaglia di Legnano.  

sabato 2 marzo 2013

Aldo Manuzio, il principe degli editori

 
Aldo Manuzio - da Wikipedia

Il Canal Grande attraversa la città di Venezia, passando in mezzo ai sestieri, tre per parte, e a circa metà percorso si restringe, vira bruscamente a destra per poi passare sotto il Ponte di Rialto. L'antico Ponte, così per come lo conosciamo nella sua forma attuale venne inaugurato nel 1591 (un ponte di legno, poi franato, esisteva già da prima), e fino al 1854 era stato l'unico ponte pedonale di collegamento tra le due parti di Venezia. A quella data, nel 1854, era entrato in funzione il secondo ponte, quello che adesso si chiama Ponte dell'Accademia. Fu a Rialto che, secondo la tradizione, nel 421 si insediarono i primi abitanti della futura città di Venezia. Rialto, a quell'epoca, era una semplice isoletta della vasta Laguna Veneta, scelta da quelle popolazioni perchè un pò più rialzata, e quindi un pò più salubre, rispetto alle numerose altre. Da lì potrebbe forse derivare il nome di Rialto. Nel "rione", diventato poi in un millennio il più popolato di Venezia, alla fine del Quattrocento, all'indomani dell'invenzione della stampa, vi sorsero tante tipografie, la cui concentrazione fù la più alta di tutte le tipografie d'Europa messe assieme, primato che mantenne per quasi un secolo.

Da giovane ho fatto il venditore di carta da stampa; miei clienti erano soprattutto alcune tipografie e alcuni piccoli editori di Milano. Avevamo un ispettore vendite che si recava spesso a visitare i clienti del Veneto, facendo tappa fissa a Venezia. Città nella quale andava ad alloggiare in un albergo nei pressi del Ponte di Rialto, lungo il Canal Grande; approfittava di quella "postazione" privilegiata, per unire l'utile al dilettevole. Durante le pause pranzo ammirava passare i vaporetti carichi di mercanzie (così li chiamava lui, vaporetti, e così li chiamo anch'io, per restare fedele al racconto, ma l'amico Fausto, della Alloggi Barbaria, nel post Pacchi a Venezia ce ne fornisce l'esatta definizione: a Venezia chiamano ""topi" le speciali imbarcazioni adibite al trasporto di merci in mezzo all'intricata ramificazione dei suoi oltre 200 canali), puntando gli occhi su quelli che trasportavano risme di carta. Dal colore degli impacchi era in grado di stabilire da quali cartiere provenissero, e in base al canale secondario che imboccavano capiva dove erano diretti. Di ritorno a Milano, immancabilmente ci raccontava del giro dei clienti di Venezia, e della possibilità unica di "perlustrazione" che gli forniva la città lagunare. Col venditore di zona, pranzando in quel ristorante nei pressi del Ponte di Rialto, con vista "privilegiata" sul Canal Grande, affinavano strategie di vendita. Alle loro spalle, nelle Calle delle Mercerie, c'era, e forse c'è ancora, qualche grossa tipografia, probabile erede "storica" di quelle "decine e decine di tipografie" che esistettero a Venezia nel XVI secolo, e situate in quella "strada" che andava da Rialto a Piazza San Marco, già allora conosciuta nel mondo col nome di Mercerie. "Nel secolo precedente, a partire dal 1469, in Venezia si alternarono 153 tipografie, che stamparono un totale di 4500 titoli, producendo in tutto 1.350.000 libri" (quindi una media di 300 copie a titolo). tutto questo andò a vantaggio della capillare diffusione della cultura tra i veneziani. In Germania, invece, dove pure fu inventata la stampa, fino a tutto il XVIII secolo la lettura resterà un privilegio riservato a pochi "fortunati" "Si calcola (infatti) che (in Germania) nel Settecento il pubblico dei lettori regolari si aggiri attorno all'1,5 % della popolazione totale (...) La Venezia cinquecentesca (quindi 200 anni prima che in Germania) tuttavia fa eccezione (anche in questo): un quarto della popolazione maschile tra i 6 e i 15 anni va a scuola, percentuali inarrivabili altrove e che spiegano l'interesse per i libri" (Giovanni Ragone, Classici dietro le quinte. Storie di libri ed editori. Da Dante a Pasolini, Laterza, Roma-Bari 2009, pag.43 - nota in calce a pag.16 del libro di Alessandro Marzo Magno, L'Alba dei Libri) .



 
Libro stampato e rilegato da Aldo Manuzio - da Wikipedia
(si noti bellezza ed eleganza)
All'epoca non sapevo ancora nulla del glorioso passato nel settore della stampa di Venezia, nè dei suoi numerosi primati mondiali in tale ambito (vedi post Mastro Martino), altrimenti mi sarei appassionato ai racconti del mio ispettore, tempestandolo di domande specifiche.
In questi giorni è in corso la Fiera del Libro di Francoforte, le cui origini risalgono al Cinquecento. Fu creata nell'epoca di cui scriviamo, per fare concorrenza alle Fiere del Libro che si svolgevano a Lione e a Venezia. Ma competere con Venezia in quel secolo, era battaglia persa: la distesa dei negozi del "rione" Mercerie, che vendevano libri, dava l'impressione di una   fiera aperta tutto l'anno. Cronache del tempo raccontano di turisti (che quindi già allora esistevano) che, transitando in qualunque mese a piedi da Rialto, per raggiungere Piazza San Marco, passando per Mercerie, già allora famose "strade" dello shopping internazionale, avevano smarrito l'orizzonte, frastornati dagli innumerevoli titoli di libri che s'eran fermati a leggere strada facendo.
In quel secolo Venezia ebbe il ruolo che attualmente detiene New York, primeggiava in molti campi; era il centro del mondo. Nel 1500 solo tre città europee superavano i 150.000 abitanti, Parigi, Napoli, ed appunto Venezia. Venezia era meta di gente proveniente da tutta l'area mediterranea, e oltre. Bastava avesse voglia di lavorare, e a Venezia poteva fare fortuna. Non a caso tipografie di Venezia furono aperte da tedeschi, greci, ebrei, armeni, croati, dalmati, ecc. La metà di tutti i libri stampati in Europa, nella prima metà del Cinquecento, provenivano da Venezia. Il made in Venice, nel settore libri, e non solo, fu nel mondo sinonimo di qualità eccellente. A far decretare tale primato contribuirono certamente uomini come Aldo Manuzio.
 
Aldo Manuzio non era nato a Venezia, era originario di quella che oggi è la provincia di Latina, che a quel tempo era parte integrante della provincia Terra di Lavoro. Località nomen omen, Aldo Manuzio aveva appreso il mestiere di stampatore tipografo da monaci laziali, dopo alcuni passaggi, ultraquarantenne si era poi trasferito a Venezia per impiantare là la propria azienda tipografica. Lavoratore indefesso, vulcanico nelle idee (basti pensare che dopo 500 anni moderne tipografie si avvalgono ancora delle sue "invenzioni"). Disdegnava i perditempo, e coloro che gliene facevano perdere, tanto che all'ingresso della sua "officina" si trovò costretto a dover esporre un cartello con la scritta: "Chiunque tu sia, Aldo ti chiede di esporre la tua questione in breve e di andartene quanto prima".  
 
Se il mio ispettore segugio di cui sopra, fosse vissuto cinquecento anni fa, per esempio intorno al 1512, e si fosse appostato nei pressi delle allora case dei Barbarigo (ricostruite e unificate anni dopo nell'attuale Palazzo Barbarigo) sarebbe stato in grado di tenere sott'occhio un andirivieni giornaliero di peàte  (imbarcazioni veneziane del tempo, adibite al trasporto di merci) vogate da barcaroli, dirette o provenienti dalla tipografia di Aldo Manuzio. Questa si trovava, ed è visibile tuttora, in Rio Terà Secondo, a due passi da  Campo Sant'Agostin. Dal Canal Grande si arriva alla casa di Aldo Manuzio accedendo al Rio di San Polo, che in quel punto costeggia il bel Palazzo Barbarigo della Terrazza, poco distante a sua volta da Casa Manuzio. Qui è d'obbligo ricordare che con un membro di tale famiglia, Pierfrancesco Barbarigo, editore anch'egli, e figlio del Doge in carica, Agostino Barbarigo, Aldo Manuzio  aveva dato vita ad una società editoriale, una fra le più grandi del periodo, e fors'anche in tutta Europa.






Casa/Tipografia di Aldo Manuzio, con relative insegne. Foto scattate il 13 ottobre 2012, in esclusiva per questo blog, da Fausto Maroder della Alloggi Barbaria
 
Non viene mai ricordato, ma Aldo Manuzio è stato il genio della stampa e dell'editoria, allo stesso modo come lo sono stati Raffaello per la pittura e Michelangelo per la scultura. A Manuzio si deve la "messa a punto" definitiva della punteggiatura nella stampa: virgola, punto, accento, apostrofo, usati per la prima volta nella sua tipografia nella loro forma attuale; ha inventato il punto  e virgola, nonchè l'introduzione della numerazione delle pagine su entrambi i lati (recto e verso). A lui si deve l'introduzione del corsivo nella stampa, che in suo onore gli anglosassoni hanno chiamato italics. E siccome in alcune opere soleva firmarsi Aldo Romano, in ricordo delle sue origini laziali, il carattere tondeggiante da lui creato (quello usato anche da questo blog), in suo onore è stato chiamato Roman dagli inglesi.   
 
Marchio Aldino - dal sito Giandri Altervista Org
 
Nei quasi 20 anni di attività a Venezia, Aldo Manuzio pubblicò 132 libri. Pubblicò pure quello che è stato unanimemente considerato il più bel libro stampato del Rinascimento, il "discusso" Hypnerotomachia Poliphili, del 1499 (visibile on-line cliccando qui). "Discusso" perchè fuori dai suoi canoni di produzione; una sorta di "amor profano" per lui che invece aveva quella sorta di"amor sacro" nel divulgare nel mondo la conoscenza di opere "monumentali", i classici latini (Virgilio, ...), greci (Omero,...) e i padri della lingua italiana: Dante, Petrarca, Boccaccio. Il Canzoniere di Francesco Petrarca fu la sua opera più richiesta; si stima che ne stampò più di 100.000 copie. Insomma, una quantità di libri e di tirature notevoli, mastodontica se si pensa che i fogli di stampa venivano "tirati" uno per uno con la forza muscolare sotto i torchi, e che in quell'epoca le tipogafie dovevano lavorare per gran parte del tempo dell'anno a lume di candele (in particolar modo l'inverno).
 
Concludendo, rimane indiscutibile un fatto: grazie ai libri da lui stampati, Aldo Manuzio ha fatto giungere fino a noi l'italiano così per come lo conosciamo; e anche in ciò risiederebbe la sua grandezza
 
Aldo Manuzio, nato a Bassiano (Latina) nel 1449, morì a Venezia il 6 febbraio 1515. Aveva 66 anni.     



Al minuto 3 è visibile la casa veneziana di Aldo Manuzio

Bibliografia: Alessandro Marzo Magno, L'alba dei libri

Dal Diario del 15 ottobre 2012 - seguirà la storia della "dinastia" dei Remondini di Bassano del Grappa, ovvero su come creare 1000 posti di lavoro da un'idea semplice, oserei dire semplissima,  oggi al limite del banale, legata al mondo della stampa.