domenica 20 dicembre 2009

Natale toscano

In Toscana  è molto sentita la tradizione del presepe, la “capannuccia”, come solitamente si usa dire nel linguaggio comune, una sineddoche più che giustificata dato che, la parte più importante del presepe, è proprio la capanna della Natività, con tutta la sua simbologia religiosa e spirituale. L’ambiente circostante è solo un panorama complementare, quasi sempre avulso dalla realtà storico-geografica mediorientale. Il paesaggio è quello tipico dell’ appennino toscano, con molto verde, rappresentato dall’immancabile borraccina e dal muschio, con piccoli casolari, intagliati nel legno, nei colori caratteristici e nelle forme architettoniche peculiari della regione. Sulle aie animali da cortile in gesso ed i classici pagliai, oggi del tutto scomparsi dal panorama toscano, che, insieme ad ampie scorze di corteccia di sughero, a piccoli ruscelli, in carta stagnola ed a laghetti di specchi, completavano il presepe domestico o delle chiese più povere. Modesti doni portati dal Bambinello, quasi sempre dolciumi per i più piccoli, venivano posti alla base del presepe, quasi a simboleggiare l'innocenza. Un abete, con addobbi molto semplici, rispondenti all’antica tradizione nordica, frutta al posto delle insignificanti palle, fievoli e tremanti fiammelle delle candeline di cera al posto delle odierne sfavillanti e multicolori lampadine, allietava il soggiorno. Il prevalere, pertanto, della semplicità, del simbolismo e dell’atmosfera gioiosa e nello stesso tempo spirituale della Natività, sul materialismo della vita quotidiana. Poi venne il progresso, il boom economico, babbo Natale e la festa divenne occasione per dimostrare lo status symbol, il raggiunto benessere, i regali divennero costosi, appariscenti, quasi sempre inutili ed elargiti a tutti i conoscenti, col preciso scopo di farsi notare. Nei presepi comparvero le statuette di pregio, gli effetti luminosi speciali, gli alberi di natale furono addobbati riccamente, le tavole imbandite per novelli Pantagruel, in pratica un ritorno ai pagani saturnali, che, nell'antica Roma, si celebravano proprio in questo periodo. La vuota esteriorità prese, e continua ad avere, il sopravvento sul significato più profondo della Natività che è la redenzione dell’uomo.

4 commenti:

  1. Io sono un caso a sé.
    In casa mia, negli anni della mia infanzia e giovinezza, non si è mai fatto il Presepe e tantomeno l'Albero: vivevamo la miseria più nera, perché dovuta alla persecuzione del Regime e pur tuttavia vivendo presenti e partecipi al Regime.
    Nemmeno l'aver superato quella miseria ci ha coinvolto nell'usanza e nel consumismo dell'usanza, tuttavia il Natale ha sempre avuto per noi il suo vero significato.
    Se una cosa particolare posso raccontare è che in quel giorno, accanto al pasto un po' più ricercato, non è mai mancato in tavola un "tobolo" di polenta gialla quale simbolo delle nostre origini.
    Buon Natale a tutti Ambra

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  2. Ambra
    il natale di cui parlo è dell'anno 1945,un presepe ed un albero molto semplici con piccoli e modesti regali,fatti in casa.Il consumismo venne in seguito.
    D'altronde devi pensare che per me era il primo Natale, dopo essere fortunosamente uscito vivo da Pola.
    ciao
    Marcello

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  3. Oh, ma non parlavo per il tuo Natale.
    In quegli anni io abitavo in città e vivevo in una antica casa del centro a 5 piani. Io al primo e l'ultimo era sottotetto, eppure i bambini del sottotetto mostravano felici i loro mandarini avuti in regalo, ben in mostra sotto l'Albero vicino al Presepe; non ero gelosa, anzi gioivo per e con loro, né mi sognavo neanche di avere quello che loro avevano. Io ero felice così.

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  4. Sul Giardino delle Esperidi ho raccontato di chi portava i doni ai bambini siciliani e del cremonese. Cremona, appunto, dove al posto del pane bianco si mangiava polenta gialla; abbrustolita, la mattina, e messa nel latte. Ma non si scioglieva nè si spappolava perchè è "latterepellente", non assorbe cioè latte nè, forse, acqua. E', forse, una caratteristica peculiare di questo alimento. Ma com'era buona la mattina, appena appena abbrustolina e cosparsa di un sottile velo di zucchero (non si poteva esagerare con lo zucchero, perchè costava molto!), che si scioglieva a contatto del caldo.
    Quando andavo in vacanza in meridione, essendo nota questa abitudine alimentare dei "nordici", mi chiamavano "il polentone".
    Ciao. E scusate il Fuori Tema.

    p.s. dai commenti, ho appreso qualcos'altro di veramente interessante di Voi.

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